La raffineria Isab sarà venduta dalla russa Lukoil alla cipriota Goi Energy, ma l’esecutivo Meloni ha imposto condizioni su provenienza del petrolio, occupazione, investimenti e ambiente. E con un’altra serie di Dpcm spinge telco e operatori a limitare l’acquisto di prodotti cinesi
Via libera alla vendita della raffineria Isab di Priolo. Dopo che le voci riguardo alle connessioni russe si sono rivelate infondate, il Consiglio dei ministri ha autorizzato la società cipriota Goi Energy ad acquisire l’impianto da Litasco, società svizzera controllata dalla russa Lukoil. Secondo il Sole 24 Ore, l’operazione varrà 1,2 miliardi di euro e dovrebbe essere conclusa “nelle prossime settimane”. Tuttavia, il governo di Giorgia Meloni ha esercitato il Golden power per porre dei paletti all’operato di Goi.
L’attenzione del governo è dovuta alla rilevanza strategica della raffineria di Priolo, che raffina 10,6 milioni di tonnellate di greggio all’anno e copre quasi un quarto del fabbisogno italiano di benzina. Inoltre, l’azienda impiega un migliaio di lavoratori direttamente e diecimila, secondo le stime del governo, dipendono dalla sua attività. E all’esecutivo premeva garantire che la raffineria, facendo largo affidamento alle importazioni di greggio russo, non venisse chiusa in seguito all’embargo entrato in vigore a dicembre.
Dunque, per evitare che i prodotti russi rientrassero dalla finestra, tra le prescrizioni imposte a Goi dal governo Meloni figurerebbero misure riguardo alle forniture da parte dell’operatore Trafigura. Non si conoscono ancora i dettagli esatti, ma si parla di un divieto decennale sul greggio di origine russa, anche se rielaborato o “riciclato” in fasi successive e con l’ausilio di Paesi sanzionati, come la stessa Russia, con annesse misure di trasparenza e tracciabilità. Le altre prescrizioni sarebbero a garanzia dei livelli di occupazione, degli investimenti nell’impianto di Priolo e degli impegni ambientali relativi ai limiti di emissioni.
C’è di più. Secondo Il Sole, con una serie di Dpcm datati 31 marzo, il governo Meloni avrebbe impartito ulteriori prescrizioni e raccomandazioni nel settore delle telecomunicazioni e posto vincoli ai piani di acquisto annuali di tecnologie 5G. Le misure riguardano Cellnex Italia e Inwit, operatori delle torri di telecomunicazione, e gli operatori di telefonia mobile Iliad Italia e Fastweb. In sostanza, riflettono quelle imposte dal governo Draghi ai piani annuali di Tim e Vodafone per favorire la diversificazione dei fornitori e limitare così la quantità di apparecchiature cinesi installate nelle infrastrutture italiane.