Skip to main content

Risorse e lotta tra potenze. La nuova corsa per l’Africa spiegata da Thaker

Mentre si sta sviluppando una nuova corsa all’Africa (anche legata alle sue risorse), il continente dimostra tutte le sue complessità, tra debolezze istituzionali, problemi di sicurezza, penetrazioni strategiche e difficoltà economiche. Per Thaker (Eiu) i Paesi africani si stanno comunque attrezzando per affrontare in modo più strutturato sfide e opportunità, tra cui la nuova dimensione multipolare del mondo

Scontri tra forze armate e milizie paramilitari stanno da giorni squarciando il Sudan — Paese la cui stabilità è da anni appesa a un filo ma la cui centralità geostrategica è evidente (basta pensare che è stato inserito nel meccanismo di distensione regionale degli Accordi di Abramo). E il rischio, come spiegava Guido Lanfranchi (Clingendael Insitute) è che il conflitto da Karthum possa espandersi a livello regionale. Ma questa non è la sola notizia africana a rilevanza internazionale degli ultimi giorni.

Non solo Sudan: la settimana africana

Nel frattempo infatti (sabato 14 aprile), 40 soldati burkinabé sono stati uccisi da uomini armati vicino alla città di Ouahigouya, nella regione settentrionale del Paese, dove le atrocità sono in aumento mentre i leader della giunta militare al potere sono sotto pressione per ridurre gli attacchi dei gruppi jihadisti. A febbraio, sui social media è apparso un video che mostrava membri delle forze di sicurezza del Burkina Faso mentre uccidevano sette adolescenti (una forma di rappresaglia): le continue violenze hanno portato all’instabilità politica, con il nuovo leader del Paese, il capitano Ibrahim Traore, ha preso il potere con un colpo di stato lo scorso settembre (otto mesi dopo un precedente colpo di stato da parte del leader militare Paul-Henri Damiba). Sempre nei giorni scorsi, una fuga di notizie su oltre 100 documenti riservati dell’intelligence statunitense potrebbe mettere ulteriormente a rischio gli aiuti degli Stati Uniti all’Egitto: il Cairo ha smentito un rapporto di febbraio dell’intelligence statunitense trapelato secondo il quale l’Egitto avrebbe pianificato la produzione di 40.000 razzi per la Russia. Nel documento, il presidente Abdel Fattah al-Sisi avrebbe dato istruzioni ai funzionari di mantenere segreta la produzione “per evitare problemi con l’Occidente”.

Nel frattempo, altre fughe di notizie hanno anche rivelato la profondità del monitoraggio statunitense sulla Russia in Africa. Un documento descrive un piano di propaganda da parte delle agenzie di intelligence russe per influenzare l’opinione pubblica verso Mosca, anche attraverso la diffusione di teorie cospirative sulla presenza di laboratori biologici statunitensi. E sempre in questi giorni, Il presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa, ha fissato l’obiettivo a circa 110 miliardi di dollari per i nuovi investimenti nei prossimi cinque anni: con questi, il leader del Paese dei Brics africano — che recentemente ha flirtato con i corteggiamenti di Russia e Cina — punta a risolvere i problemi energetici, di sicurezza e infrastrutturali della nazione. La cattiva gestione e la corruzione delle aziende statali Eskom e Transnet (energia e logistica) hanno avuto impatti negatativi sulla crescita, dice Ramaphosa, mentre la banca centrale sudafricana stima che i blackout, che durano fino a 10 ore al giorno, costino all’economia 51 milioni di dollari ogni giorno.

Un continente centrale

Questo rapido diario dal taccuino degli appunti di chi scrive, evidenzia per punti e temi una settimana piuttosto intensa nel continente e ne segna le complessità, raccontando la ragione per cui l’Africa sta tornando in cima alla lista dell’agenda degli affari globali. La nuova contesa per l’Africa tra le principali potenze politiche, economiche e militari del mondo si estende in questo momento ben oltre all’estrazione delle risorse, e cerca di sfruttare le opportunità del mercato locale e costruendo un’influenza diplomatica, spiega Pratibha Thaker direttrice del dipartimento Medio Oriente e Africa dell’Economist Intelligence Unit. Sebbene la questione delle risorse sia parte delle questioni in corso: per esempio, a gennaio la Sudanese Mineral Resource Company ha annunciato la produzione record di 18 tonnellate di oro, e gli scontri in corso ruotano anche attorno ai proventi collegati – che muovono gli interessi degli attori interni ed esterni.

Le materie prime, soprattutto i minerali, rimangono dunque una parte fondamentale dell’attrattiva dell’Africa che muove l’interesse Paesi stranieri mentre il continente segue una complessa evoluzione. “Il continente è ricco di un’ampia gamma di minerali ed è il principale fornitore mondiale di diverse materie prime, tra cui bauxite, cobalto, rame, cromo, grafite, manganese, oro, diamanti, tantalio, uranio e metalli del gruppo del platino”, sottolinea Thaker a Formiche.net. “L’Africa potrà tra l’altro svolgere un ruolo fondamentale nella fornitura di minerali critici per la mitigazione del cambiamento climatico, come il rame e il litio necessari per i veicoli elettrici, e contribuirà a colmare lacune fondamentali, come nel caso degli elementi delle terre rare, un gruppo di materie prime attualmente dominato dalla Cina. In concomitanza con le restrizioni cinesi all’esportazione di una serie di minerali, l’Africa si trova in una posizione privilegiata per attrarre nuovi investimenti minerari”.

Esplorazioni e strutturazioni

L’Africa è anche poco esplorata, il che significa che il suo potenziale minerario nascosto è immenso. “Va valutato che gli aspetti pratici dell’estrazione e della commercializzazione rimangono impegnativi, a causa delle carenze infrastrutturali, dell’insicurezza, dell’instabilità politica, della corruzione, degli oneri normativi e delle interferenze governative, che vanno dalle pesanti richieste fiscali ai trasferimenti forzati di capitale. Molti Paesi africani stanno attuando riforme del contesto imprenditoriale per alleggerire i vincoli, ma i progressi non saranno uniformi”.

La posizione geopolitica dell’Africa, anche a causa di questi interessi, si sta modificando. Come sta affrontando il continente questa realtà multi dimensionale e multipolare che si trova davanti? “Si sta rafforzando, e lo sta facendo grazie all’integrazione economica regionale, sia all’interno di blocchi commerciali chiave come la Comunità dell’Africa orientale, sia a livello continentale attraverso l’Area di libero scambio continentale dell’Africa (AfCFTA), attualmente in fase di costruzione”, risponde Thaker. Accanto alla creazione di istituzioni politiche, guidate dall’Unione africana, il continente si sforzerà di sviluppare una voce più coerente, che contribuirà a proteggerlo da relazioni “unilaterali”?

Multipolarità contro Guerra Fredda

“Lo farà. Le istituzioni e i governi africani — continua l’esperta — daranno sempre più priorità agli interessi del continente e, per quanto possibile, eviteranno di essere costretti a schierarsi in rivalità geopolitiche. Al contrario, l’Africa cercherà di sfruttare il crescente interesse per il continente approfittando della competizione tra i vari pretendenti per ottenere accordi più favorevoli”. Per Thaker, in termini di percezione africana, la maggior parte dei Paesi è realista riguardo ai compromessi che derivano dagli accordi di investimento e finanziamento con attori esterni.

“Ad esempio — spiega — sanno che l’ammissibilità alle preferenze commerciali degli Stati Uniti nell’ambito dell’Africa Growth and Opportunity Act (Agoa) è subordinata a condizioni di governance e politiche, mentre i prestiti cinesi, sebbene per lo più privi di condizioni politiche, devono comunque essere rimborsati. A causa delle dimensioni e della diversità dell’Africa, alcuni Paesi sono più vicini all’Occidente, altri alla Cina e altri ancora alla Russia, ma nel complesso l’Africa favorisce l’emergere di un mondo multipolare e si oppone alla frammentazione geoeconomica in stile Guerra Fredda”.

Il ruolo dell’Europa (e dell’Italia?)

Secondo l’analisi della direttrice regionale dell’Eiu, l’Ue e i principali Paesi europei non membri, come il Regno Unito, continueranno a essere tra i principali partner economici dell’Africa, al pari di Stati Uniti e Cina in termini di commercio, investimenti e finanziamenti, “anche se il peso politico dell’Europa è minore e la sua presenza militare si sta riducendo, come dimostrano i ritiri delle truppe francesi (ad esempio in Mali)”. E la Russia? “All’opposto Mosca è un attore economico relativamente minore in Africa, ma sta diventando più importante nella sfera militare, anche per quanto riguarda la fornitura di armi”; risponde.

L’Italia — come dimostrano anche gli incontri della presidente del Consiglio Giorgia Meloni con i leader di Etiopia e Burundi nell’ultima settimana —?è tra i Paesi europei che parla con più insistenza della necessità per l’Ue di costruire ponti con l’Africa su cui muovere una strategia di sviluppo bidirezionale. Thaker fa notare che le relazioni del blocco con il continente si approfondiranno certamente un futuro, aiutate anche da misure come il pacchetto di investimenti da 165 miliardi di dollari annunciato al vertice Ue-Africa del febbraio 2022. “Ma va detto che il delicato tema della migrazione, facilitato dalla vicinanza geografica, continuerà a essere fonte di tensione”.

×

Iscriviti alla newsletter