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Centro, adesso serve una Margherita 2.0. La proposta di Merlo

La vera sfida politica e culturale, al di là delle dispute e dei personalismi che hanno fiaccato il progetto dell’ormai ex “terzo polo”, è proprio quello di creare uno spazio che sia in grado di rappresentare e di intercettare visibilmente quell’area centrista, democratica e di governo. L’analisi di Giorgio Merlo

Dunque, la premier Giorgia Meloni, come rilevano quasi tutti i sondaggisti – almeno quelli non politicamente schierati – concordano sul fatto che la leader di Fratelli d’Italia governa “dal Centro”. O meglio, “al Centro”. Anche e soprattutto attraverso la sua coalizione di centro destra. Certo, non è affatto una novità nella storia democratica del nostro Paese questo elemento. E non soltanto per la lunga e feconda stagione caratterizzata dalla presenza della Democrazia cristiana ma anche nella seconda repubblica, dove già campeggiavano i “partiti personali”, si è continuato a governare il nostro paese “dal Centro” e “al Centro”.

Una costante politica e culturale, questa, che difficilmente può tramontare perché riflette l’identità, il profilo e la natura più profonda del nostro Paese. Ma è indubbio che, al riguardo, sarebbe altrettanto singolare e forse anche anacronistico se si continua, come sempre, a governare “dal Centro” ma senza la presenza di un partito, o di un movimento o di un soggetto di Centro. Intendendo per Centro, come ovvio, non un luogo trasformistico, opportunistico o di mero posizionamento tattico. Ma, al contrario, un luogo politico dinamico, creativo, autenticamente riformista, democratico e con una spiccata cultura di governo. E proprio per centrare questi obiettivi si rende più necessario, appunto, la presenza di un partito di Centro. Un partito che, realisticamente, oggi non può che essere culturalmente plurale e con una leadership diffusa. Questi sono, e restano, i due punti nevralgici attorno ai quali si può articolare questa rinnovata presenza politica, culturale, popolare e di governo.

Per capirci meglio, è necessario ripensare ad una sorta, come ovvio aggiornata e rivista, di Margherita. Potremmo definirla una Margherita 2.0. Perchè la vera sfida politica e culturale, al di là delle dispute e dei personalismi che hanno fiaccato il progetto dell’ormai ex “terzo polo”, malgrado gli sforzi e i tentativi ripetuti di Matteo Renzi di rianimarlo e rilanciarlo, è proprio quello di creare uno spazio che sia in grado di rappresentare e di intercettare visibilmente quell’area centrista, democratica e di governo. Appunto, un soggetto culturalmente plurale ma con una leadership fortemente e marcatamente diffusa. Perché quello che conta, adesso più che mai, non è quello di avere un “capo” che ti rappresenta ma, al contrario, un progetto politico aggregante e credibile e che, purtroppo, è a tutt’oggi ancora assente nella cittadella politica italiana. E, al di là degli stessi recenti risultati amministrativi, cresce lo spazio politico per questo movimento/partito.

Certo, un movimento/partito che non può ridursi, come credo auspica Calenda, ad una sorta di banale riedizione del Partito liberale o repubblicano o tardo azionista. Serve, al contrario, un partito autenticamente popolare e che abbia come nervatura politica e culturale centrale anche il filone cattolico popolare e sociale. E questo non solo perché storicamente la cultura cattolico popolare e sociale è stata determinante in tutti i tornanti più delicati della storia politica italiana, ma anche per la semplice ragione che non possono essere i partiti che predicano e praticano la radicalizzazione della lotta politica e la polarizzazione ideologica gli alfieri di una nuova e rinnovata “politica di centro”. Non si può, com’è evidente a tutti, giocare tutte le parti in commedia.

Ecco perché il rilancio, oggi, di una Margherita 2.0 può essere la giusta e coerente risposta ad una domanda che non ha ancora avuto una vera e credibile rappresentanza politica ed organizzativa.



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