Chi c’era e di cosa si è parlato alla presentazione di “Il Centro. Dopo il populismo” che si è tenuta a Roma. Il racconto dell’autore del libro, Giorgio Merlo
“Il Centro. Dopo il populismo” è il titolo del mio ultimo libro che è stato presentato a Roma all’Istituto Sturzo. La partecipazione di esponenti di primo piano della politica italiana – da Pier Ferdinando Casini a Rosy Bindi, da Beppe Fioroni a Elena Bonetti e moderato da Lucia Annunziata – al confronto romano attorno ad un tema che resta centrale per il futuro della vita pubblica italiana ha destato un grande interesse sia per la massiccia partecipazione e sia, e soprattutto, per la qualità del tema affrontato.
Ora, sono almeno 3 i capitoli decisivi attorno al quale si è sviluppato il ricco e qualificato dibattito.
Innanzitutto “la politica di centro”. Non si tratta, cioè, di ricostruire un Centro astratto, trasformista, opportunista e banalmente equidistante dai due poli principali. Al contrario, si tratta di rideclinare una “politica di centro” nella società contemporanea, anche attraverso la presenza di un movimento politico. Una sfida importante ed impegnativa che è finalizzata non solo a mettere in discussione la sempre più insopportabile radicalizzazione della lotta politica che culmina con un altrettanto singolare ed anacronistico “bipolarismo selvaggio” ma, al contempo, un impegno preciso che proprio attorno alla “politica di centro” rilancia la capacità di ricostruire un tessuto democratico e di piena aderenza agli stessi valori costituzionali. Del resto, la “politica di centro” è sinonimo di un Centro dinamico, moderno, riformista e di governo. Un luogo politico necessariamente plurale e dove la convergenza di culture riformiste diverse contribuisce a rafforzare un luogo politico quantomai necessario ed indispensabile non solo per irrobustire la qualità della democrazia ma anche, e soprattuto, per qualificare la stessa azione di governo.
In secondo luogo un campo di centro qualificato e riformista non può non vedere la presenza attive feconda della cultura cattolico popolare e cattolico sociale. E questo non solo perché questa cultura è stata decisiva in tutti i tornanti più delicati della vita democratica del nostro Paese ma anche perché i cattolici democratici e popolari sono indispensabili per costruire quella cultura di governo che non può essere strumentalizzata e cavalcata da chi persegue la logica perversa della radicalizzazione della lotta politica e della permanente polarizzazione ideologica. Una cultura che non può limitarsi ad essere “gentilmente ospitata” come avviene nel nuovo corso politico di Schlein o semplicemente tollerata in altri partiti. Sarebbe imbarazzante il solo immaginare che il magistero, l’azione e la lezione politica ed istituzionale dei grandi leader e statisti del cattolicesimo politico del passato siano oggi ricordati con atteggiamenti e comportamenti del tutto inadeguati se non addirittura ridicoli da chi pensa, sommessamente, di inverarli nell’attuale cittadella politica italiana. Certo, serve un salto di qualità a livello politico ma, soprattutto, è necessario un coraggio civico che adesso, nell’attuale fase politica italiana, non può più rifugiarsi nell’indifferenza e nel qualunquismo.
In ultimo, ma non per ordine di importanza, una “politica di centro” che vede la presenza attiva dei cattolici popolari e sociali non può non rilanciare quella “democrazia dei partiti” che era e resta uno dei pilastri essenziali per rilanciare la stessa politica dopo la stagione triste e decadente del populismo qualunquista, anti politico e demagogico del grillismo. Una democrazia dei partiti che va di pari passo con il recupero di una democrazia sostanziale all’interno stesso dei partiti. E quindi, e di conseguenza, favorire e promuovere la formazione di nuove classi dirigenti, rendere contendibili la guida dei partiti, superare definitivamente ed irreversibilmente i partiti personali e del capo e, in ultimo, garantire quel pluralismo interno che era e resta uno dei pilastri centrali per conservare la democrazia e l’efficacia delle nostre istituzioni. Anche perché, per citare un antico ma sempre attuale monito di Carlo Donat-Cattin pronunciato molti fa ma che conserva una freschezza straordinaria soprattutto alla vigilia di una possibile riforma istituzionale, “per capire cosa pensano i partiti delle istituzioni, è appena sufficiente verificare come quei partiti praticano la democrazia al proprio interno”.
Comunque sia, “politica di centro”, un campo politico centrista, un rinnovato ruolo dei cattolici popolari e sociali e la costruzione di una ricetta riformista e di governo sono i tasselli fondamentali per ridare voce ad una cultura politica e ad un progetto di governo che sino ad oggi sono stati semplicemente sacrificati sull’altare di un maldestro bipolarismo che ha provocato e sta provocando solo un crescente astensionismo elettorale senza garantire una efficace azione di governo e, soprattutto, senza rafforzare la qualità della democrazia e i suoi istituti. Questi, in sintesi, gli elementi centrali che emergono da questa pubblicazione e che sono stati discussi ed approfonditi all’Istituto Sturzo a Roma.