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La diversificazione dalla Russia per una nuova posizione geo-energetica italiana

Di Gianmarco Donolato

Pubblichiamo un estratto del Geopolitical Brief n. 3, “Gli interessi economici, industriali, strategici e culturali tra opportunità e sfide”, a cura di Paolo Pizzolo, del progetto Ruspol di Cemas e Università Sapienza di Roma, con il sostegno del Maeci e in collaborazione con Geopolitica.info

Per l’Italia, interrompere le forniture russe significa capovolgere un sistema che si era formato nel corso di almeno mezzo secolo. Nonostante le difficoltà, l’Italia può diventare un esempio da seguire per il resto dei Paesi dell’Unione Europea, specialmente per quelli che, come Roma, si affidavano alla Russia in maniera eccessiva. In questo articolo, cercheremo di capire quali sfide ed opportunità la diversificazione energetica dalla Russia può fornire all’Italia. Ci concentreremo principalmente sul settore del gas, quello più colpito dalla situazione geopolitica attuale.

Un legame energetico da sciogliere: le sfide per l’Italia

L’interdipendenza che diventa scomoda. Per decenni, l’Italia e la Russia sono stato legate da una situazione di interdipendenza energetica, una nozione che indica il concetto per cui, quando le materie prime energetiche sono distribuite geograficamente in modo disomogeneo, importatori ed esportatori creano una situazione in cui il primo Paese fa affidamento sull’offerta del secondo Paese per soddisfare la propria domanda di energia, mentre il secondo Paese ha bisogno delle entrate ottenute grazie ai pagamenti del primo Paese. Con l’invasione russa dell’Ucraina, questa interdipendenza energetica è stata interrotta repentinamente.
Con la consapevolezza che la Russia non potrà essere considerata un partner affidabile nel prossimo futuro e per la decisione dell’Unione Europea di sganciarsi dal gas russo, l’Italia si è dovuta muovere per trovare nuovi partner energetici con i quali sottoscrivere contratti di fornitura, oltre che a ripensare il proprio mix energetico. Le mosse degli ultimi mesi del MAECI e della Presidenza del Consiglio italiana dimostrano concretamente quanto l’Italia si stia adoperando per invertire un paradigma che finora l’aveva tenuta estremamente legata alle forniture russe (ricordiamo che circa il 42% del gas naturale proveniva da impianti russi prima di febbraio 2022). L’import di gas russo in Italia nel 2022 ha coperto appena circa il 16% del fabbisogno, rispetto al 37% nel 2021, compensato da maggiori importazioni di GNL e gas via pipeline da Algeria e altre fonti (Descalzi, 2023).

Il Piano Mattei: energia e slancio diplomatico

I primi mesi del 2023 sono stati caratterizzati dall’attuazione dei primi passi del cosiddetto “Piano Mattei” del governo Meloni, un piano che intende unire lo stabilire nuove dinamiche energetiche ad azione diplomatica più consistente, specialmente in Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto. Lo scopo è quello di raggiungere gli obiettivi nazionali di sicurezza energetica, dunque colmando il fabbisogno interno, ma anche esplorare la possibilità di rendere il nostro Paese un fornitore di energia per gli altri Paesi europei, reindirizzando così l’asse energetico da est-ovest a nord-sud. Uno dei vettori del Piano Mattei è il puntare a trasformare la nostra penisola in un “hub del gas”, cioè in un polo di ricezione e distribuzione del combustibile tra il Mediterraneo e l’Europa settentrionale.

Il governo punta ad integrare il Pnrr, che dovrebbe seguire la direzione del REPowerEU europeo, e il Piano Mattei, lasciando tuttavia aperta l’importante questione su quanto a lungo il gas verrà considerato una fonte d’energia di transizione, come descritto dall’Atto Delegato sulla Tassonomia Europea. Il governo italiano ritiene che il Pnrr consentirà all’Italia di dare un forte contributo alla realizzazione del Piano Mattei. Sarà importante per l’Italia ricordare che la sicurezza energetica si deve accompagnare alla transizione ecologica: il rischio è trovarsi ad avere una nuova crisi energetica nel giro di qualche anno o decennio dovuta alle caratteristiche degli attori coinvolti o, semplicemente, al fatto che il nostro Paese si ritroverà ad aver puntato principalmente su una sola risorsa che, nel medio termine, non sarà più vista come lo è ora.
Il Piano dovrà comunque essere strutturato in modo da poter affrontare adeguatamente sfide e rischi quali la competizione – energetica e (geo)politica – con altri Paesi europei (in particolare Francia e Spagna per il Nord Africa), la possibile instabilità e inaffidabilità dei governi partner, l’investire in stranded assets, ovvero infrastruttura a rischio obsolescenza.

La potenzialità energetica italiana in trasformazione?

Nuove infrastrutture e nuove risorse. Il piano di sostituzione del gas russo messo in campo consentirà all’Italia di sganciarsi non solo da un partner politicamente difficile come la Russia, ma anche di dare nuovo slancio ad un sistema energetico che, per carenze tecniche e amministrative, avrebbe probabilmente impiegato decenni a rinnovarsi. ENI, Edison, Snam si sono mosse su più fronti per fare in modo che il primo inverno senza gas russo non mettesse in crisi l’intero Paese e per reimpostare la politica energetica italiana.
Eni punta a raddoppiare le sue forniture provenienti dall’Algeria entro il 2024, Snam è molto attiva sul GNL e intende importarne fino a 7 miliardi di metri cubi da Egitto, Qatar, Congo, Nigeria, in aggiunta alle scoperte fatte nel corso del 2022 a Cipro, Algeria, Angola, Emirati Arabi Uniti, che porterà volumi addizionali di gas e GNL per i mercati locali e per l’Europa.
Edison è impegnata a sviluppare il sistema EastMed–Poseidon, opzione di alto valore strategico e geopolitico. Si tratta di un progetto in grado di connettere direttamente, senza intermediazione di Paesi non-UE, l’Italia e i mercati europei alle risorse del Mediterraneo Orientale.

L’idrogeno: panacea o utopia?

Per l’Italia, così dipendente dal gas naturale e incapacitata della possibilità di produrne internamente in volumi sufficienti, l’idrogeno rappresenta un’incredibile opportunità di crescita economica e industriale. Sebbene un’economia basata sull’idrogeno rimanga ancora un’utopia, i crescenti investimenti in ricerca e sviluppo della tecnologia per lo sfruttamento di questa risorsa a livello mondiale suggeriscono che essa potrà diventare protagonista del settore energetico nel prossimo futuro. I progetti delle hydrogen valleys italiane combinano l’expertise che l’Italia detiene riguardo l’infrastruttura gasiera e l’estensione sul territorio nazionale della rete. Ciò rende il nostro Paese un potenziale “campione” dell’idrogeno.

L’Italia può sfruttare la sua posizione geografica strategica e investire sulla già esistente infrastruttura gas (sia via tubo sia per trasporto in forma liquida) per ritagliarsi un ruolo di “ponte infrastrutturale” fra l’area mediterranea e l’Europa continentale. Servirà puntare sull’incremento di volumi in transito per la linea Adriatica, rafforzare il reverse flow, aumentare la capacità di rigassificazione e rafforzare gli stoccaggi, investire sull’ammodernamento delle reti per il trasporto di idrogeno e biometano. L’opportunità che si presenta è quella di diventare hub per il mercato europeo, a cui si dovrà accompagnare una forte accelerazione sulle fonti di energia rinnovabile.

Conclusioni

L’Italia sta svolgendo un ruolo significativo nella diversificazione energetica dalla Russia in quanto, catalogandosi tra i maggiori consumatori di gas naturale in Europa e dovendo ridurre la sua dipendenza dall’energia russa, ha attivamente ricercato fonti alternative di energia.
In sintesi, l’Italia sta adottando varie misure per diversificare le proprie fonti energetiche e ridurre la dipendenza dall’energia russa: aumento della produzione di energia rinnovabile, maggiore importazione di GNL, sfruttamento delle reti di gasdotti che aggirano la Russia, ricerca di nuove fonti e partner a cui conseguirà maggiore capacità di esportazione, e, infine, considerazione sulla possibilità di diventare nuovo hub dell’idrogeno.

(Foto di Gerd Altmann da Pixabay)

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