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Il ruolo dell’eolico offshore nella transizione energetica

La strada della decarbonizzazione passa dall’eolico offshore. A dirlo è niente di meno che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante la visita in Norvegia della scorsa settimana. Tra i gruppi industriali italiani c’è chi ha già iniziato a fare dell’eolico offshore un proprio ramo di business grazie alle piattaforme già presenti o in costruzione. È il caso di Fincantieri e della sua controllata norvegese Vard

La strada della decarbonizzazione passa dall’eolico offshore. A dirlo è niente di meno che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante la visita in Norvegia della scorsa settimana. Davanti agli studenti dell’università della Scienza e della Tecnologia di Trondheim, il Presidente ha indicato il Mare del Nord come perno di un nuovo sistema che, partendo dalle piattaforme eoliche in mare, si colleghi fino alle centrali in Sicilia per un grande disegno globale che, coinvolgendo anche l’Africa con il progetto Elmed, possa concretamente dare slancio al processo di transizione energetica.

Non è un caso che questo discorso Mattarella l’abbia pronunciato proprio in Norvegia, che dell’eolico offshore punta a diventare una superpotenza. A giugno dell’anno scorso, infatti, il primo ministro Jonas Gahr Støre aveva presentato un piano di investimenti in larga scala per arrivare entro il 2040 a 30 GW di capacità eolica offshore, il doppio di quella attuale. Una strategia per affrancarsi dal gas e soprattutto dal petrolio, di cui la Norvegia è grande esportatore grazie ai giacimenti nel Mare del Nord, e virare verso un paradigma di approvvigionamento energetico sostenibile.

A tutto ciò l’Italia sembra guardare con interesse. Sono tanti infatti i progetti avviati per lo sviluppo di parchi eolici galleggianti al largo delle coste del Paese, che andranno ad affiancarsi a Baleolico, il primo del genere in Italia, inaugurato l’anno scorso a Taranto dopo una lunga serie di vicissitudini. Nel frattempo, tra i gruppi industriali italiani c’è chi ha già iniziato a fare dell’eolico offshore un proprio ramo di business grazie alle piattaforme già presenti o in costruzione nei paesi stranieri come la Norvegia, per l’appunto.

È il caso di Fincantieri e della sua controllata norvegese Vard, che il colosso italiano ha acquisito nel 2013. La storia di Vard è una storia di riconversione e cambio di paradigmi, in linea con le nuove sfide energetiche, alla stregua della strategia del governo nazionale. Nata come azienda produttrice di navi speciali da lavoro nell’oil and gas, dopo la crisi che ha interessato il settore ha trasformato e adattato le competenze storiche al settore dell’eolico offshore diventando presto un player di riferimento per la progettazione di unità CSOV (Commissioning Service Operation Vessel) deputate all’installazione, manutenzione e gestione dei parchi eolici, sia galleggianti che a fondamenta fisse in prossimità della costa.

In Vard Fincantieri ha fondato il perno di una strategia improntata alla sostenibilità e alla transizione verde, pilastro del Piano Industriale 2023-2027 presentato una settimana fa nell’incontro con gli investitori a Milano: un impegno che non si limita alla costruzione di navi funzionali al nuovo business delle rinnovabili, ma anche all’introduzione di nuovi tipi di alimentazioni per le navi stesse, come gas naturale liquefatto, ammoniaca, idrogeno e metanolo, in ottica di riduzione delle emissioni.

Lo scorso 16 maggio, Vard ha firmato un contratto con Purus Wind, azienda britannica specializzata nel trasporto di energia a basse emissioni e infrastrutture per l’eolico offshore, per la costruzione di due unità CSOV a propulsione ibrido-elettrica. La settimana prima, invece, era stato firmato l’accordo per la fornitura di due unità alimentate a metanolo per North Star, che saranno consegnate nella prima metà del 2025.

È così che, se i risultati trimestrali del Gruppo hanno visto ricavi in crescita del 4.9%, il motivo va ricercato proprio nel comparto offshore che, con un importo di ordini quasi raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2022, ha fatto segnare un incremento del fatturato del 31%. Di fronte alle sfide green del domani, Fincantieri sembra avere il vento in poppa.

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