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Sorvegliata speciale. Le reti che hanno condizionato l’Italia nella Prima Repubblica

Quello di Benini e Scotti è un volume prezioso perché fonde le esperienze di un intellettuale, fine osservatore della realtà sociale italiana, con quelle di un protagonista della vita politica italiana, affrontate sempre sotto il profilo delle analisi e dei dati. La recensione di Mario Caligiuri

Tra “doppia lealtà” e “doppio Stato” si snoda il volume di Romano Benini con Vincenzo Scotti “Sorvegliata speciale. Le reti di condizionamento della Prima Repubblica”, edito da Rubbettino e presentato in anteprima al Salone del Libro di Torino.

Si tratta di una ricostruzione della storia d’Italia attraverso la chiave delle “reti di condizionamento” che hanno contribuito a determinare esiti e vicende dal secondo dopoguerra in poi. Da questo punto di vista ricordiamo anche il recente volume di Paolo Borrometi “Traditori. Come fango e depistaggio hanno segnato la storia italiana” e il volume di dieci anni fa scritto da Eric Frattini con Valeria Moroni “Italia sorvegliata speciale. I servizi segreti americani e l’Italia (1943-2013)”.

Quello di Benini e Scotti è un volume prezioso perché fonde le esperienze di un intellettuale, fine osservatore della realtà sociale italiana, con quelle di un protagonista della vita politica italiana, affrontata sempre sotto il profilo delle analisi e dei dati.

Secondo gli autori “le reti di condizionamento” si sono espresse attraverso quattro leve: la propaganda (la guerra psicologica durante la guerra fredda), il sostegno elettorale (i finanziamenti ai partiti di riferimento, soprattutto Dc e Pci), le manovre finanziarie (ricordiamo Soros e poi, più recentemente, lo spread) e le azioni paramilitari (stragi e terrorismo). Il libro parte da dove tutto ebbe inizio: lo sbarco in Sicilia del 1943, con esiti che hanno intessuto la storia italiana a partire dalla strage di Portella della Ginestra.

Le elezioni del 1948 segnano uno spartiacque e decidono in modo inequivocabile la collocazione dell’Italia in Occidente, ponendo le premesse per il travolgente sviluppo degli anni successivi. Periodo che però viene nello stesso tempo caratterizzato da quello che è stato definito il “miracolo scippato” e cioè le occasioni di sviluppo bruscamente se non tragicamente interrotte dall’esterno: rientrano nel novero le esperienze di Enrico Mattei per l’energia, Adriano Olivetti per l’informatica, di Domenico Marotta per la sanità e di Felice Ippolito per il nucleare.

L’intervento pubblico nel Mezzogiorno viene definito come un “miracolo a metà”, così come viene decritta la parabola dell’Iri dall’innovazione alla clientela (per finire poi anche peggio con la svendita dei primi anni Novanta, che ha fatto acquisire benemerenze notevoli a chi l’ha promossa).

La visione della strategia della tensione viene fatta risalire all’ormai celebre convegno dell’istituto “Pollio” del 1965, che, a mio parere, occorrerebbe ulteriormente approfondire. Da lì, secondo gli autori, si dipana la tensione tra “doppio stato” (istituzioni che operano per impedire alle sinistre di assumere democraticamente il potere) e “doppia lealtà” (alla Costituzione e all’Alleanza Atlantica) che determina la logica dei depistaggi, che rappresenta una interpretazione originale della storia d’Italia.

Le pagine del terrorismo vengono ampiamente esaminate, a cominciare dalla centrale vicenda Moro, così come vengono evidenziate altre “strane” morti: non solo quella di Mauro de Mauro ma tale viene considerata pure quella di Pier Paolo Pasolini. Viene di seguito richiamato il discorso di Eugenio Cefis, presidente dell’ENI, all’Accademia militare di Modena del 1972 in cui viene anticipato il ruolo delle multinazionali nella società contemporanea. Analisi che poi ritroveremo nel 1975 nelle risoluzioni strategiche delle Brigate Rosse, con la definizione degli Stati Imperialisti delle Multinazionali.

Le vicende delle mafie vengono affrontate in profondità e senza veli, dall’omicidio di Piersanti Mattarella in poi fino alla contraddittoria “trattativa”, per la quale dopo venticinque anni c’è stata finalmente una sentenza giudiziaria.

Si approda, quindi, “al fine da ricercare”, in vicende in cui spesso sono presenti i Servizi dei quali vengono approfondite le riforme e i comportamenti, a cominciare dagli oltranzismi atlantici del Generale Maletti e della P2.

Il testo si conclude con un’ariosa conversazione tra i due autori in cui si puntualizzano le “solitudini dei coraggiosi” e i “fallimenti necessari dei riformatori”.  In definitiva, quello di Benini e Scotti è un libro che riflette sul passato con l’intento di offrire più lucide chiavi di interpretazione di fatti e vicende. Infatti, se non si superano i traumi del passato, si vive a disagio il presente e questo impedisce di costruire consapevolmente il nostro futuro.

E alla fine del loro viaggio, gli autori sembrano chiedersi se “le reti di condizionamento” siano finite con la Prima Repubblica o, trasformate dalle circostanze, siano ancora tra noi, vive e vegete.


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