È necessario abbandonare qualsiasi ideologia e seguire un approccio pragmatico, puntando su una strategia sanitaria in cui si affianchino ai tradizionali percorsi di cessazione, i prodotti di nuova generazione senza combustione come le sigarette elettroniche. Solo con una nuova strategia sarà possibile arrivare ad una generazione libera dal fumo. L’intervento di Umberto Roccatti, presidente di Anafe Confindustria e vicepresidente di Ieva, in occasione del World No Tobacco Day
Oggi, 31 maggio, il mondo celebra il World No Tobacco Day, istituito ben 36 anni fa. Si tratta di un’occasione in cui tradizionalmente si fa il punto della situazione sulla diffusione del tabagismo nel mondo e si richiama l’opinione pubblica sugli effetti negativi che esso comporta per la salute. È solo la più celebre delle innumerevoli iniziative che si sono susseguite nei decenni all’insegna della lotta al fumo.
Infatti, secondo l’Oms, le sigarette rappresentano la più grande minaccia per la salute nonché la prima causa di morte evitabile al mondo. Basti pensare che ogni anno muoiono a causa dei danni da fumo più di 8 milioni di persone in tutto il mondo, mentre nell’Unione europea i decessi sono ben 700 mila. In Italia la situazione non è migliore: nel nostro Paese i decessi sono oltre 90 mila all’anno e oltre 10 milioni (quasi un italiano su cinque) gli italiani che non vogliono o non riescono ad abbandonare questo vizio. Cifre sostanzialmente inalterate negli ultimi dieci anni.
Dati alla mano, è piuttosto evidente che le tradizionali politiche sanitarie di contrasto al tabagismo non abbiano funzionato nel corso degli anni e che il “principio di massima precauzione” (“o smetti di fumare, o smetti di fumare”) non possa davvero sortire nel lungo periodo gli effetti sperati.
Perché è così difficile invertire questi numeri? Lo spiego partendo da un dato: sulla base delle rilevazioni di molteplici centri di ricerca, la stragrande maggioranza dei fumatori (il 91% secondo Eurispes), non è in grado o non vuole neanche provare a smettere di fumare in tempi brevi. Inoltre dobbiamo constatare che oggi il fumatore è perfettamente conscio dei rischi che corre e decide di accettarli. In queste condizioni viene da domandarsi come sia possibile raggiungere l’ambizioso obiettivo fissato dall’Unione europea di ridurre la percentuale di fumatori dal 20% al 5% entro il 2040. Sempre con la necessaria e imprescindibile premessa che la scelta più salutare e corretta è non fumare, la sigaretta elettronica può, in questo contesto, rappresentare un valido alleato nella lotta al tabagismo.
Si tratta di prodotti “di nuova generazione” che, annullando il processo di combustione (vera causa delle malattie fumo-correlate e dei decessi), rappresentano un’alternativa potenzialmente meno rischiosa per tutti i fumatori adulti. Le e-cig non sono completamente esenti da rischi sebbene, ormai, siano centinaia gli studi scientifici indipendenti che ne rilevano una riduzione della tossicità almeno del 95% in meno rispetto alle sigarette tradizionali. Un dato peraltro accertato ulteriormente anche da un recente lavoro pubblicato dall’autorevole rivista Nature Medicine. Non solo, in base a una revisione Cochrane del 2022 vi sono prove a elevata certezza che le sigarette elettroniche con nicotina aiutino le persone a smettere di fumare più efficacemente rispetto ai prodotti farmaceutici che solitamente vengono consigliati e prescritti nelle tradizionali terapie di smoking cessation.
Facendo quindi un parallelismo con il mondo dello sport, diventa necessario cambiare strategia quando non si riesce a raggiungere un obiettivo utilizzando a lungo lo stesso schema. Per ottenere finalmente risultati tangibili nella lotta contro il fumo tradizionale è giunto il momento di concentrarsi sul principio di riduzione del rischio. Un approccio per il contrasto di talune dipendenze che è stato riconosciuto dalle Istituzioni europee nell’ambito dell’approvazione del final report of the Special Committee on Beating Cancer (Beca), già ampiamente utilizzato in ambito medico e nella stragrande maggioranza di altri settori industriali e di consumo come il food e l’automotive. Non a caso, all’articolo 12 del Beca, la sigaretta elettronica viene espressamente indicata come strumento idoneo a raggiungere gli obiettivi prefissati dalla Commissione europea (5% di fumatori entro il 2040). Un dispositivo che tra l’altro non incentiva l’iniziazione, visto che secondo lo studio pubblicato dall’Istatil 3 gennaio 2023, solo lo 0,2% dei consumatori attuali è un non fumatore o ex fumatore.
Addirittura, nel Regno Unito gli ospedali forniscono le e-cig come strumenti di salute pubblica. In questa nazione, che si è posta l’obiettivo di essere la prima completamente smoke free entro il 2030, sono stati già raggiunti risultati notevoli: la percentuale di fumatori di sigarette tradizionali è diminuita dal 20% nel 2011 al 13% nel 2021. E in Francia proprio ieri il ministro della Salute ha dichiarato di essere aperto a valutare la vendita di sigarette elettroniche dietro prescrizione medica per chi desidera smettere di fumare non escludendo il rimborso da parte dello Stato.
Chiaramente la scelta migliore è e resta la prevenzione e la cessazione dal fumo: fumare uccide e l’offerta dei prodotti di nuova generazione deve intendersi rivolta esclusivamente nei confronti di un pubblico di fumatori adulti. Tuttavia, per invertire i preoccupanti dati snocciolati all’inizio di questa riflessione, bisogna abbandonare qualsiasi ideologia e seguire un approccio pragmatico, puntando su una strategia sanitaria in cui si affianchino ai tradizionali percorsi di cessazione, i prodotti di nuova generazione senza combustione come le sigarette elettroniche. Solo con una nuova strategia sarà possibile arrivare ad una generazione libera dal fumo.