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Sul nucleare serve un dibattito senza ideologismi. Parola di Zucconi (FdI)

Di Riccardo Zucconi

Ci sono punti su cui, per discutere di energia e questione nucleare in Italia, è necessario dare certezze. La mozione presentata dalle forze di maggioranza pone domande a cui vanno date risposte, senza più rimandi ma compiendo scelte precise, dallo zero emissioni entro il 2050, agli obiettivi di decarbonizzazione già a partire dal 2030. L’intervento di Riccardo Zucconi, responsabile del settore energie di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati

In aula si è discusso della tematica della produzione nucleare di energia e ci saremmo augurati che il dibattito in merito fosse scevro da ideologismi avviando anche in Italia, visti gli avvenuti progressi scientifici, un confronto serio in merito. La mozione presentata dalle forze di maggioranza e che riporta dunque le posizioni del gruppo di Fratelli d’Italia, va in questa direzione, prospettando indirizzi che tengono conto sia di un contesto internazionale totalmente mutato rispetto al passato sia del prospettarsi di innovazioni tecnologiche che incidono sulla sicurezza e sulle tipologie di produzione del settore nucleare. Un discorso generale che va nel particolare e per questo è bene ricordare i dati europei del nucleare. In numeri assoluti, nei Paesi dell’Unione, la percentuale di energia elettrica prodotta con il nucleare si aggira attorno al 25%. La percentuale più elevata riguarda la Francia, Paese in cui nel 2021 la quota di produzione generata attraverso la fissione ha raggiunto il 60%, con 58 reattori attivi o in ristrutturazione. In totale, fonte Eurostat, nei Paesi europei sono 109 i reattori attivi nella produzione di energia elettrica ma, in generale, le posizioni rispetto al settore sono diversificate.

In senso contrario invece viaggia la Germania che recentemente ha deciso di chiudere i suoi ultimi tre reattori nucleari. Per il medio-lungo periodo ha avviato la costruzione di centrali solari ed eoliche ma nel breve periodo, per colmare la parte di energia non più prodotta dagli impianti nucleari, ha dovuto fare affidamento sui combustibili fossili, in particolare aumentando l’uso delle centrali a carbone.

Tenendo da conto i Paesi extra Ue, il Giappone nel 2021, dopo avere sospeso le attività in numerosi impianti a seguito della crisi di Fukushima, ha deciso di avviare un piano per rendere nuovamente operativi 30 reattori entro il 2030, investendo al tempo stesso in ricerca e sviluppo per reattori di nuova generazione.

Ho citato delle grandi economie per spiegare come possano variare le risposte per far fronte alla crescente domanda di energia e ai nuovi scenari di incertezze geopolitiche. Sul ricorso al nucleare con i grandi impianti di vecchia generazione rimangono indubbiamente – come evidenziato di recente dal presidente Giorgia Meloni – i rischi e le questioni di principio, come la sostanziale odierna antieconomicità, ed anche le problematiche legate alla gestione delle scorie di lavorazione; ma ignorare la ricerca scientifica quando propone nuovi utilizzi del nucleare, che di recente ha raggiunto risultati concreti sul possibile riutilizzo proprio delle scorie nucleari con la produzione del cd Mox (un combustibile ricavato dalle stesse) e che potrebbe essere preso in considerazione per lo smaltimento di quelle già attualmente esistenti, sarebbe estremamente sbagliato.

Dopotutto in un mondo sempre più legato ad un consumo di energia elettrica che va reso compatibile con un percorso di preservazione dell’ambiente, anzi di sopravvivenza dell’ambiente, (questa è la sfida!) quello che dovrebbe essere chiaro a tutti è che farsi guidare dal progresso scientifico è l’unica strada per ottenere risposte e compiere le scelte conseguenti.

Il Pianeta Terra con le sue leggi fisiche non ha bisogno di slogan, di ideologie sedicenti ambientalistiche ma di risposte scientifiche svincolate dalla mera ricerca del consenso politico. In fisica “nulla si crea e nulla si distrugge”, ogni fenomeno di trasformazione comporta il rilascio di sostanze inquinanti, questo deve essere chiaro, mentre ricordiamo ad esempio che il metano è, dopo la l’anidride carbonica, il principale responsabile del riscaldamento globale. D’altra parte è anche chiaro a tutti che il fabbisogno energetico planetario va soddisfatto pena il crollo di qualsiasi certezza rispetto ai sistemi industriali e sociali, alle civiltà che abbiamo costruito.

Nel breve e medio periodo quindi è encomiabile, anche tenendo conto delle attuali e future condizioni geopolitiche imposte, la diversificazione degli approvvigionamenti di gas promossa dal governo Meloni col Piano Mattei. Molto male invece non aver previsto e attuato negli ultimi dieci anni, e dopo il nuovo referendum, politiche che favorissero l’indipendenza energetica dell’Italia che rimane una delle più grandi potenze industriali del mondo. Male, anche, la politica degli ultimi dieci anni, volta a sottrarre al controllo nazionale una fonte rinnovabile come quella dell’idroelettrico, di un asset già definito strategico e incedibile dal Copasir in Italia e che produce il 40% delle rinnovabili.

Trovo invece positiva l’attenzione di questo governo alla realizzazione del gasdotto Eastmed-Poseidon che ricordiamo è appunto concepito come in grado di trasportare anche idrogeno e non solo metano. Ma ripetiamo, una volta doverosamente e con una lungimiranza ignota fino ad ora, messe in sicurezza le forniture di energia nel breve periodo e guardando invece al lungo periodo, risulta evidente che è solo ad un mix di approvvigionamento energetico, rispettoso delle tempistiche già indicate per l’obbiettivo “emissioni 0”, che dobbiamo cominciare al più presto a guardare, muovendosi nella ricerca di fonti energetiche più compatibili con gli obiettivi ambientali e senza nessuna preconcetta esclusione.

Dunque neppure quella su tecnologie nucleari di nuova generazione che potrebbero avere un ruolo chiave, proprio assieme alle energie rinnovabili, per raggiugere gli obiettivi climatici e la neutralità dal carbonio nel 2050 a fronte delle criticità sulla quantità e costanza della produzione di energia da fotovoltaico, eolico e adesso – causa siccità – pure idroelettrico.

In tale scenario, si rileva l’accordo di cooperazione sottoscritto lo scorso 28 febbraio da 12 Paesi membri (“Alleanza per il nucleare”) per sostenere il ruolo del nucleare a livello Ue. Il nostro governo ha deciso momentaneamente di non entrare a far parte dell’Alleanza, ritenendo di non poter assumere impegni senza un chiaro atto di indirizzo del Parlamento, ma l’Italia, guardando con attenzione alla scelta strategica di costituire tale Alleanza, ha scelto di partecipare in qualità di osservatore, senza al momento sottoscrivere la dichiarazione finale in cui i firmatari hanno preso l’impegno di rafforzare la cooperazione europea nel campo dell’energia nucleare.

In sintesi affermiamo che chi vorrebbe precludere qualsiasi percorso di approfondimento sull’utilizzo del nucleare dovrebbe prima dare certezze su due punti precisi e cioè: l’energia prodotta da fonti rinnovabili è e sarà in grado di soddisfare totalmente il fabbisogno di un pianeta sempre più energivoro visto che la domanda di elettricità ad esempio si stima raddoppierà nei prossimi 30 anni? È corretto, nel frattempo, continuare a produrre (per compensare) energia tramite la combustione di materiali fossili? Tutto questo è compatibile con l’intento di azzerare il processo di surriscaldamento del pianeta? È opportuno rigettare in base a incoerenti postulati ideologici le nuove opportunità di riduzione delle emissioni che la scienza mette a disposizione?

Ad esempio: che senso ha assistere alla costruzione del primo reattore nucleare a fusione a soli 200 km dal confine di Ventimiglia, impianto dove il 60% dei contratti industriali sono stati aggiudicati ad aziende italiane, con la direzione del cantiere affidata ad un ingegnere italiano (progetto che si chiama Iter), senza farne parte? I tempi sono lunghi certamente ma appunto per questo le scelte non andrebbero rinviate. E badate bene: noi appoggiamo analogamente la ricerca sulla produzione di energia da idrogeno, da biomasse, da cattura e stoccaggio del carbonio e ciò in base al medesimo indirizzo valutativo.

È a queste domande che va data una risposta e dunque è proprio sulla base di queste considerazioni che sono stati previsti gli impegni contenuti nella mozione presentata dai gruppi della maggioranza fra i quali credo che i seguenti siano i più significativi: confermare l’obiettivo di Zero emissioni entro il 2050; confermare gli obiettivi di decarbonizzazione già a partire dal 2030; partecipare, in sede europea e internazionale, ai processi scientifici, volti ad incentivare la ricerca e lo sviluppo delle nuove tecnologie nucleari; stipulare accordi con Paesi stranieri che producono energia decarbonizzata al fine di poter soddisfare il suddetto fabbisogno nazionale; privilegiare la produzione di energia atomica di nuova generazione e intensificare quindi la ricerca tecnologica inerente ai reattori a fissione nucleare innovativi (tra cui i reattori modulari di piccole dimensioni gli Smr e Mmr) e per la ricerca sulla fusione a confinamento magnetico anche in Italia; confermare la tassonomia degli investimenti per la messa in esercizio di centrali nucleari realizzate con le migliori e innovative tecnologie disponibili; promuovere la ricerca scientifica al fine di formare nuovo capitale umano e assicurare la presenza di un numero sufficiente di operatori altamente qualificati nel settore, e quindi ad adottare ogni iniziativa utile a sostenere le università italiane in questo percorso; attuare modifiche normative necessarie a rendere la governance e l’organizzazione dell’ispettorato per la sicurezza nucleare e la radioprotezione – Isin coerente con la sua natura giuridica di autorità indipendente potenziandone le funzioni di vigilanza e controllo; promuovere campagne di informazione basate su rigore scientifico, e prevedere ex ante misure di compensazione ambientale e sociale per enti e territori, ove venissero realizzati impianti sul suolo nazionale.

In merito agli impegni che abbiamo messo nella mozione di maggioranza, soprattutto perché parliamo di in un settore come quello delle energie, possiamo dire che i rimandi, l’incapacità di compiere scelte precise e la mancanza di visione del futuro, sono già di per sé una scelta sbagliata.


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