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Cosa lega politica estera italiana e elezioni europee secondo Chiapello

Di Giancarlo Chiapello

La politica estera italiana cambia anche perché forse i fronti che si alternano, sempre contro qualcuno o qualcosa, tendono ad usarla non più per dispiegare coordinate ma per cercare accreditamenti esterni: sarà terreno di sfida per le prossime elezioni europee? Probabilmente sì. La riflessione di Giancarlo Chiapello, segreteria nazionale Popolari/Italia Popolare

Interessante intervista a Gianfranco Rotondi su Formiche.net (si può leggere qui) in cui il parlamentare, oggi nel gruppo di Fratelli d’Italia, mai banale e sempre godibilissimo nelle sue esposizioni, paragona la presidente Giorgia Meloni ad Angela Merkel: all’interno della riflessione sviluppata, però, c’è un piccolo passaggio che apre significative considerazioni: “Il tutto accade mentre Giorgia Meloni conferma le coordinate tradizionali della politica estera euroatlantica dell’Italia”.

Se si può concordare che il profilo è politico rispetto ad un certo grado di riflesso condizionato del governo Draghi – su cui si potrebbe aprire in realtà un altro approfondimento – su queste coordinate, forse, l’enfasi è un po’ eccessiva se si inserisce una considerazione, ossia se una qualche cesura sia avvenuta nella postura tradizionale della politica estera italiana. Ciò è capitato? Se andassimo ad analizzare la ricostruzione storica della politica estera del nostro Paese, operata in particolare sulla messa a terra delle direttrici ideali democratico cristiane, grazie ad Alcide De Gasperi, Amintore Fanfani, Aldo Moro, Emilio Colombo, Giulio Andreotti, senza dimenticare l’influenza chiara tra la politica estera e quella economica, legata al tentativo di autonomia energetica, di Enrico Mattei, per il quale sarebbe interessante approfondire i rapporti con gli statunitensi e gli inglesi e anche contributi importanti di esponenti di altre tradizioni come il liberale Conte Sforza, si potrebbe seguire un bandolo molto coerente che si dipana nel tempo (e sappiamo, inoltre che la politica estera, con quella economica, sono come barometri della stabilità di un Paese, non necessariamente collegata al numero dei governi che può essere invece legato alla dinamicità di un sistema democratico nelle condizioni date).

Questo bandolo ha determinate coerenti coordinate, come quella euromediterranea, che, tra l’altro, fu sviluppata ad esempio dal gruppo della rivista Civitas, che non nega la dimensione atlantica, anzi, ma rimarca la centralità europea, di quella che Paolo Emilio Taviano chiamò “la nostra coscienza mediterranea” e delle relazioni con il continente africano. Se non portasse lontano per profondità e complessità si aprirebbero due riflessioni, sull’approccio italiano in Medio Oriente, potendo contare sulla visione chiara di Andreotti (si potrebbe leggere della presenza in Libano del contingente italiano grazie ad Oriana Fallaci) e sull’azione in parallelo tra la diplomazia italiana ispirata dalla Democrazia cristiana e quella vaticana in un originale ed efficace equilibrio tra un Paese capace di soft power internazionale e la dimensione spirituale mondiale della Santa Sede, basti qui ricordare una riflessione fatta qualche giorno fa, anch’essa su Formiche.net, proprio sulla colleganza ancora oggi potenzialmente strategica tra popolarismo e geopolitica di papa Francesco (una visione aperta non settoralizzata ed a rischio di colonizzazioni ideologiche che farebbe bene anche a tante realtà dell’arcipelago cattolico).

Certamente quest’ultima colleganza, che non è commistione, per i cattolici di ieri era naturale, quasi identitaria, chissà che l’irrilevanza di oggi non faccia cadere certo artefatto manierismo di cui si nutre. Queste coordinate, così, emergono chiare, in un anelito che parte dalla verticale nord/sud, ben interpretata dalla stessa biografia degasperiana e riconducibile addirittura all’incontro degli anni venti tra lo statista trentino, Sturzo ed Adenauer, dove si sviluppa prepotentemente l’interesse italiano che non dimentica di curare le alleanze, che, come ricordava Moro, devono essere però sempre “in piedi”, anche perché non è l’alleanza a fare una identità, pur concorrendovi, e la multilateralità internazionale come si potrebbe rintracciare nel grande tentativo di riforma dell’Onu che fu incarnato dall’ambasciatore Fulci.

Si potrebbe così continuare individuando queste coordinate tradizionali che hanno concorso a ridare, dopo la seconda guerra mondiale, col disastro del regime fascista, un ruolo non secondario all’Italia e di fedeltà dialettica con gli Usa. Pur con una autonomia di analisi, valutazione, azione che non scambia la valenza geografica dell’occidente con la fondazione valoriale della civiltà cristiana, senza la quale non c’è spazio laico e dell’Europa. La Dc entra in crisi a cavallo tra anni ottanta e novanta del secolo scorso e capita lì qualcosa: c’è un cambio dell’approccio tradizionale in coincidenza con lo scatenarsi della prima guerra del Golfo probabilmente legato ad una debolezza, essendo sotto attacco, che non rese possibile una dialettica tra alleati e un sostegno alla posizione chiara di San Giovanni Paolo II. Poi arriva la così detta “seconda repubblica”, ecco che forse, abbiamo l’antefatto e la cesura che, inoltre, coincide con un processo di polarizzazione politica che annichilisce i pensieri e le identità politiche che, per i cattolici, significa uno sconquasso terribile che si inchioda nella contrapposizione di cattolicisti “democratici” a sinistra e cristianisti a destra con la diaspora democristiana.

La politica estera italiana cambia anche perché forse i fronti che si alternano, sempre contro qualcuno o qualcosa, tendono ad usarla non più per dispiegare coordinate ma per cercare accreditamenti esterni: sarà terreno di sfida per le prossime elezioni europee? Probabilmente sì, senza però riuscire a far dimenticare proprio le capacità di sintesi tipicamente democristiane di Angela Merkel, europeista quindi secondo tradizione, che in questo momento devono essere ritrovate anche per rendere efficaci, per chi rappresenta la tradizione popolare e democratico cristiana, dialoghi con altri, che sia Meloni per i conservatori, Macron/Renzi per i liberal/socialdemocratici, e altri.

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