Pechino lavora per allargare il perimetro della sicurezza nazionale nelle norme contro lo spionaggio. La stretta arriva dopo la riapertura delle frontiere e conferma i timori della leadership
Janet Yellen prima e Jake Sullivan poi hanno delineato l’approccio dell’amministrazione Biden verso la Cina e l’economia. A distanza di una settimana la segretaria al Tesoro e il consigliere per la sicurezza nazionale hanno pronunciato due importanti discorsi. Politico ha raccontato le divisioni nell’amministrazione sulla gestione del dossier ma, nonostante le differenze, gli interventi di Yellen e Sullivan presentavano due elementi in comune: l’ipotesi di hard decoupling dalla Cina è ufficialmente esclusa a favore di un approccio ispirato al de-risking imboccando la strada indicata recentemente da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea; nonostante le tensioni, mantenere un dialogo diplomatico con Pechino rimane una priorità per Washington.
Ma anche la Cina, i cui funzionari sembrano aver scelto un’insolita linea dura anche durante una recente visita in Europa (con tappa anche in Italia), sta lavorando per ricalibrare il rapporto con gli Stati Uniti. Nelle scorse settimane sono giunti alcuni segnali: il raid negli uffici di Shanghai della società di consulenza americana Bain & Company, la chiusura degli uffici a Pechino della società americana di due diligence Mintz Group (con tanto di perquisizione e cinque dipendenti arrestati) e l’indagine di cybersicurezza avviata su Micron Technology, azienda statunitense che produce chip e che possiede diverse sedi in Italia.
Ma soprattutto, l’ampliamento della legge contro lo spionaggio che arriva pochi mesi dopo l’eliminazione delle restrizioni alle frontiere imposte con la pandemia Covid-19 che avevano tenuto lontani imprenditori e ricercatori stranieri. Le modifiche estendono la definizione di spionaggio dai segreti di Stato e dall’intelligence a tutti i “documenti, dati, materiali o oggetti relativi alla sicurezza e agli interessi nazionali”, senza specificare parametri specifici per definirli. Anche gli attacchi informatici che colpiscono le infrastrutture informatiche chiave della Cina in connessione con le agenzie di spionaggio sono classificati come spionaggio secondo la nuova versione della legge, che entrerà in vigore il 1° luglio.
“La Cina si sta aprendo e questo la rende molto più vulnerabile” agli occhi dei leader cinesi, ha dichiarato Yasuhiro Matsuda, professore di relazioni internazionali all’Università di Tokyo, alla CNN. Secondo gli analisti la nuova legge potrebbe causare ulteriori rischi legali o incertezze per aziende, giornalisti e accademici stranieri. L’emendamento suggerisce che “qualsiasi organizzazione e chiunque può essere sospettato” e che “qualsiasi cosa può essere considerata una minaccia alla sicurezza nazionale” nell’applicazione arbitraria della legge, ha detto il professore. “Questo causerà sicuramente un effetto di raffreddamento”. Prima alcune attività erano un normale impegno, ma ora potrebbero essere spionaggio, ha spiegato Alfred Wu, professore associato presso la Lee Kuan Yew School of Public Policy della National University di Singapore, sempre alla CNN. “Qualcosa come il bilancio di un’amministrazione locale potrebbe essere definito come relativo alla sicurezza nazionale, o anche alla sicurezza alimentare”, ha detto. “I ricercatori devono prestare molta attenzione”.
“Il governo cinese ha sempre dichiarato di accogliere con favore gli investimenti stranieri. Tuttavia, la raffica di azioni intraprese di recente contro le imprese statunitensi in Cina ha inviato il messaggio opposto”, ha detto Michael Hart, presidente di AmCham China. “La nostra comunità imprenditoriale è spaventata e i nostri membri si chiedono: ‘Chi sarà il prossimo?’. A prescindere dalle intenzioni del governo, questo è il messaggio che viene recepito”.