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Sanzioni secondarie alle aziende cinesi. Cosa c’è dietro la svolta Ue

Commissione europea

Per la prima volta dall’inizio della guerra, Bruxelles punta a colpire le aziende cinesi (e non solo) che facilitano lo sforzo bellico russo fornendo equipaggiamento dual-use. L’undicesimo pacchetto di sanzioni è prova ulteriore dell’avvicinamento alla posizione Usa sull’utilizzo strategico dell’export

Tappare i buchi e assicurarsi che il sistema delle sanzioni contro la Russia, progettato per ostacolare la guerra di aggressione contro l’Ucraina, sia efficace. Questo l’obiettivo dell’undicesimo pacchetto di sanzioni dell’Unione europea, che verrà discusso questa settimana tra gli Stati membri dopo la proposta della Commissione. La quale, per la prima volta dall’invasione su larga scala, prende di mira anche una serie di aziende cinesi (e iraniane) che supportano lateralmente la macchina bellica del Cremlino.

Il documento della Commissione Ue, visionato dal Financial Times, indica sette aziende cinesi accusate di aver venduto attrezzature dual-use (che potrebbero avere impieghi militari). Quattro di queste – 3HC Semiconductors, King-Pai Technology, Sinno Electronics e Sigma Technology – sono già finite nel mirino delle autorità statunitensi. Finora Bruxelles aveva evitato di seguire l’esempio di Washington, indicando la mancanza di prove del fatto che queste aziende rifornissero Mosca direttamente. Tuttavia, la bozza della Commissione rappresenta un’inversione di marcia.

Secondo le conclusioni di Bruxelles, 3HC avrebbe “tentato di eludere i controlli sulle esportazioni” e “acquisito o tentato di acquisire prodotti di origine statunitense a sostegno della base industriale militare e/o della difesa della Russia”. Parimenti, King-Pai rifornirebbe il Cremlino di prodotti con “applicazioni di difesa che includono sistemi di guida per missili da crociera”, come ha dichiarato in precedenza il Tesoro statunitense. In più, la lista della Commissione propone anche sanzioni contro alcune aziende iraniane coinvolte nella produzione e nella fornitura di droni alla Russia, riporta FT.

Il cambio di passo sulle sanzioni è parallelo al processo di allineamento tra Paesi occidentali sul versante dei semiconduttori. Nell’ottobre del 2022 gli Stati Uniti hanno rinforzato le loro misure di export control per ostacolare l’accesso cinese ai chip più avanzati – quelli che danno una marcia in più a tutti i prodotti, dai sistemi di intelligenza artificiale alle armi intelligenti, e dunque costituiscono un vantaggio strategico. E negli ultimi mesi ha convinto altri due Paesi fondamentali per quella catena di valore, segnatamente Olanda e Giappone, affinché adottassero le stesse restrizioni all’esportazione verso la Cina.

Paradossalmente, questo sforzo di coordinamento è stato facilitato dall’aggressione russa all’Ucraina, che ha compattato il blocco occidentale e indotto le capitali a riconsiderare la dimensione strategica delle esportazioni-chiave. Così, mentre l’Europa lavorava per disassuefarsi dal gas russo si avvicinava anche alle posizioni statunitensi sulla necessità di contenere le aspirazioni espansionistiche cinesi. Complice, naturalmente, il supposto “terzismo” cinese sull’Ucraina, conseguenza diretta dell’“amicizia senza limiti” che i presidenti Xi Jinping e Vladimir Putin si sono promessi poco prima che quest’ultimo desse il via all’invasione.

Preso atto della posizione della Cina (di recente l’Alto Rappresentante Ue per gli affari esteri Josep Borrell ha definito il piano di pace cinese “una serie di desideri, di sogni”) e coerentemente con il ridimensionamento della logica mercantilista europea in favore dell’aspetto strategico (incapsulata nella posizione pragmatica della Presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, durante la sua visita a Pechino), le alte sfere dell’esecutivo Ue hanno dunque deciso di rafforzare le sanzioni contro la Russia anche a scapito delle relazioni commerciali con la Cina, e della prevedibile reazione negativa di Pechino.

In giornata le autorità cinesi hanno regaito duramente. La Cina si oppone a ogni misura che usi i legami Pechino-Mosca come pretesto per danneggiare la cooperazione commerciale, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin commentando le indiscrezioni di FT. “Se le notizie dei media si rivelassero vere, tali azioni minerebbero seriamente la fiducia reciproca e la cooperazione Ue-Cina”, ha continuato il diplomatico, esortando Bruxelles a “non commettere errori, altrimenti Pechino sarà costretta a proteggere con forza i suoi diritti e interessi”.

A ogni modo, la proposta di Bruxelles va nella direzione di un rafforzamento della proiezione internazionale dell’Ue – anche attraverso le vie commerciali. La bozza prevedere misure per limitare le vendite di alcuni prodotti a Paesi terzi (in caso la pressione diplomatica non bastasse) e nuovi poteri agli Stati per vietare l’accesso ai porti europei alle petroliere che nascondono la loro posizione senza un valido motivo (una misura pensata per ostacolare l’aggiramento dell’embargo sul petrolio russo). La proposta “non è severa quanto le sanzioni extraterritoriali degli Usa”, scrive Politico Bruxelles Playbook, ma è “un primo passo verso l’aumento della pressione diplomatica di Bruxelles su Paesi come il Kazakistan e l’Armenia, che secondo i diplomatici dell’Ue hanno fatto poco per ridurre il flusso di merci verso la Russia”. Ora si tratta di vedere se tutti e ventisette gli Stati membri confermeranno le misure della Commissione.


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