Xie Feng è arrivato a Washington con due lettere indirizzate ai “compatrioti” che vivono in America: lavoro per voi ma in cambio sostenete il Partito. E così il controspionaggio americano fa circolare alcuni bollettini di diverse settimane fa dal titolo “Non essere una pedina di governi stranieri repressivi”
Nelle scorse ore il National Counterintelligence and Security Center, l’organismo di controspionaggio degli Stati Uniti, ha rilanciato una serie di bollettini, scritti con l’Fbi in diverse lingue, relativi alle attività delle intelligence stranieri su suolo americano. Si parla di reclutamento di persone – tra cui investigatori privati, membri di comunità locali della diaspora e persino funzionari di polizia – per minacciare i dissidenti sul territorio statunitense.
Arabo, cinese (tradizionale e semplificato), farsi, russo, spagnolo e turco sono le lingue in cui il bollettino, intitolato “Don’t Be a Pawn of Repressive Foreign Governments” (Non essere una pedina di governi stranieri repressivi) e che contiene anche suggerimenti per contrastare individualmente queste attività, è stato diffuso.
Now available in Chinese, Farsi, Russian & other languages: a warning by @NCSCgov & @FBI about repressive foreign regimes recruiting US-based persons (including private investigators & members of local diaspora communities) to target dissidents on US soil. https://t.co/lydBzqqK9o pic.twitter.com/Jq5lPGU6f0
— NCSC (@NCSCgov) May 25, 2023
Come si vede sul sito dell’Intelligence nazionale i bollettini sono stati declassificati il 28 marzo scorso. Perché, dunque, rilanciarli ora?
Forse perché proprio ieri è arrivato a Washington DC il nuovo ambasciatore cinese, Xie Feng, già viceministro degli Esteri, con in valigia due lettere: una rivolta ai “compatrioti negli Stati Uniti”, l’altra agli “studenti cinesi negli Stati Uniti” (circa 295.000 persone). Ha assicurato che l’ambasciata cinese lavora per loro, ma in cambio ha chiesto di sostenere il Partito comunista cinese. Ha parlato del “sogno cinese” del leader Xi Jinping e ha chiesto agli studenti di “raccontare bene la storia della Cina, presentare una vera Cina ai vostri amici americani” (“raccontare bene la storia della Cina”, espressione coniata da Xi nel 2013, è parte degli sforzi di Pechino per “rafforzare e innovare la propaganda esterna”, secondo ChinaMediaProject).
Il timore di molti studenti cinesi negli Stati Uniti è che questa retorica implichi maggiori controlli da parte dei rappresentanti del Partito comunista cinese. Le associazioni studentesche cinesi sostenute da Pechino vigilano, infatti, sulle attività degli studenti cinesi negli Stati Uniti e segnalano ai funzionari diplomatici cinesi le critiche al regime, come raccontato dal New York Times. “Per un commento su Taiwan o una manifestazione per Hong Kong, i loro parenti in Cina vengono terrorizzati dalla polizia. Molti studenti non tornano mai a casa, per paura di ciò che li aspetta”, ha scritto il mese scorso il deputato americano Mike Gallagher, che presiede la cosiddetta commissione Cina della Camera dei rappresentanti.
Un mese fa, l’Fbi aveva arrestato due sospetti “agenti” cinesi accusati di aver aperto e gestito una stazione di polizia illegale nella Chinatown di Manhattan, New York, per conto del ministero cinese di Pubblica sicurezza. “La Repubblica popolare cinese, attraverso il suo apparato di sicurezza repressivo, ha stabilito una presenza fisica segreta nella città di New York per monitorare e intimidire i dissidenti e coloro che criticano il suo governo”, aveva dichiarato in un comunicato l’assistente procuratore generale Matthew Olsen.