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La Cina è un nostro competitor. Le parole di Tajani sulla Via della Seta

“Stiamo riflettendo se rinnovare il memorandum”, ha detto il ministro degli Esteri. “Vogliamo buoni rapporti ma le regole devono essere uguali per tutti”

“Stiamo riflettendo se rinnovare il memorandum” sulla Via della Seta, ha detto Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, intervistato dal giornale Il Messaggero. “La Cina è un nostro competitor. Vogliamo buoni rapporti ma le regole devono essere uguali per tutti”, ha aggiunto. “Dunque diciamo no al dumping sociale e ambientale, alla concorrenza sleale, alla sottrazione di know-how al posto di investimenti di lungo termine”, ha spiegato ancora.

Mancano poco meno di otto mesi per una decisione italiana sul rinnovo (o meno) della Via della Seta (se Roma non fa un passo indietro entro fine 2023 il memorandum d’intesa firmato dal governo gialloverde di Giuseppe Conte nel 2019 si rinnova automaticamente a marzo). Secondo Bloomberg, pochi giorni fa Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, avrebbe detto a Kevin McCarthy, Speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, che il governo italiano intende uscire dalla Via della Seta. Tuttavia, i consiglieri diplomatici di Meloni stanno ancora valutando i dettagli e i tempi della decisione, temendo una reazione economica da parte della Cina.

Quella attuale è una fase di forte attenzione internazionale sulla scelta dell’Italia: mancano pochi giorni al summit G7 di Hiroshima, in Giappone, durante il quale i rapporti con la Cina saranno uno dei temi centrali e diversi media internazionali – Financial Times, Reuters, Politico, Euractiv, Bloomberg e CNBC – si sono interessati alla questione Via della Seta (ben ricordando che l’Italia è l’unico Paese G7 ad aver aderito al programma infrastrutturale lanciato da Xi Jinping dieci anni fa).

E il ministro Tajani ha scelto la parola “competitor” per definire la Cina. Che per l’Unione europea è allo stesso tempo “partner negoziale”, “competitor economico” e “rivale sistemico”. Invece, Italia e Cina sono unite da un partenariato strategico globale. Scelta di parole che va di pari passo con quanto dichiarato nei giorni scorsi da Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia. A margine del G7 Finanze, aveva risposto a una domanda sulla Via della Seta spiegando che “sicuramente quello della sicurezza economica è un tema centrale, tanto più collegato con la rivoluzione green e la rivoluzione energetica dove buona parte delle materie prime critiche arrivano esattamente da Paesi che, in qualche modo, sono influenzati o hanno rapporti con la Cina”. Una valutazione di “tipo strategico” si impone, aveva continuato Giorgetti, “non soltanto per l’Italia ma per tutti i Paesi del G7”.



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