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Cosa (non) sappiamo dell’arresto lampo del manager italiano a Mosca

Giovanni Di Massa, dirigente della società energetica Iss International, era stato posto in libertà vigilata per un presunto possesso di droga. L’azienda si è affrettata a sottolineare che era a Mosca per motivi personali. Dopo poche ore ha lasciato il Paese facendo rientro ad Abu Dhabi. Le ipotesi dietro questa strana sequenza di eventi

Si è sgonfiato, almeno mediaticamente, il caso di Giovanni Di Massa, il cittadino italiano fermato nella notte tra lunedì e martedì, in una Mosca ancora scossa dalla marcia-retromarcia del gruppo di mercenari Wagner di Yevgeny Prigozhin nel fine settimana. L’accusa era di possesso di sostanze stupefacenti, che per i cittadini occidentali può avere conseguenze imprevedibili. Lo dimostra il caso della cestista statunitense Brittney Griner, fermata in aeroporto nel febbraio 2022 con dell’olio di cannabis in valigia e liberata dopo diversi mesi in seguito a uno scambio con il trafficante di armi Viktor Bout in quello che è sembrato essere uno esempio di diplomazia degli ostaggi da parte di Mosca.

La società si è affrettata a precisare che il dipendente “stava godendo di un periodo di ferie e, pertanto, non si trovava a Mosca per motivi di lavoro, ma personali”. Il consolato generale d’Italia nella capitale russa si è occupato del caso del manager della società energetica Iss International. Ma la vicenda è stata un lampo.

Ecco cos’è successo. Secondo quanto ricostruito dal media russo Baza, Di Massa sarebbe stato bloccato dalla polizia stradale mentre guidava un’auto aziendale in piena notte. Notandolo visibilmente nervoso, gli agenti avrebbero deciso di perquisirlo. Trovando una bustina di polvere bianca, rivelatasi poi mefedrone, precisamente 1,15 grammi. Successivamente è stato posto in libertà vigilata in attesa di processo. Già nella giornata di martedì, però, ha fatto rientro negli Emirati Arabi Uniti, ad Abu Dhabi, dove è di base. È, infatti, country manager della società per cui lavora da un anno, coordinando le iniziative di sviluppo del business e l’esecuzione dei progetti in Medio Oriente. Poco dopo le 21 di quel giorno l’Ansa ha scritto di aver appreso da fonti qualificate che il manager italiano “che era stato fermato a Mosca e posto in libertà vigilata per un presunto possesso di droga, ha lasciato la Russia di sua iniziativa e ha informato le autorità italiane solo a cose fatte”. Di certo aveva il passaporto e ha passato i controlli.

Qualcuno ha ipotizzato che Di Massa, che dovrebbe ben conoscere Mosca – e le sue dure leggi – avendoci vissuto e lavorato per anni (almeno così recita il suo curriculum vitae su LinkedIn) poteva essere usato a mo’ di pedina di scambio. Proprio come Griner. Ma in cambio di chi? Artem Uss, l’imprenditore russo figlio di un oligarca molto vicino al leader Vladimir Putin accusato di traffico di armi e denaro, è evaso dai domiciliari a Milano lo scorso 22 marzo, grazie all’aiuto di una banda criminale serba. Addirittura si potrebbe dire che l’Italia è in un certo senso in credito con la Russia.

La vicenda si è risolta in fretta. Dagospia ha perfino ipotizzato che Di Massa, “su mandato delle intelligence occidentali, dovesse indagare – e capire – quali aziende internazionali fossero coinvolte nella fornitura di materiale di contrabbando a Mosca”. Una sorta di anti-Artem Uss, il quale invece acquistava materiali di contrabbando in giro per il mondo per portarli in Russia. Di Massa sarebbe stato scoperto e poi “accompagnato all’uscita”. Sarebbe stato, dunque, un segnale che l’intelligence russa, nonostante il gran lavoro e il gran caos del fine settimana, è vigile davanti alle attività occidentali.

Ma la vicenda, forse, si è risolta anche troppo fretta. A meno che non si sia trattato di un arresto casuale della persona sbagliata.



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