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Il futuro del settore idrico tra investimenti, consolidamento e tecnologia

Di Luca Pellegrini

L’emergenza siccità del 2022 e gli studi che evidenziano una diminuzione della disponibilità di acqua confermano la necessità di un intervento sul tema. Ne hanno parlato asset owners e rappresentanti delle imprese del settore idrico nel corso dell’evento targato Formiche. Ecco cosa hanno detto

Gli studi evidenziano che la disponibilità di acqua diminuisce, ma ancora manca consapevolezza tra i cittadini. Per questo diventa fondamentale cambiare passo e affrontare la questione cercando di utilizzare nuovi strumenti. Questo è quanto emerso nel corso dell’evento ‘Asset owners e settore idrico: un dialogo possibile’, promosso da Formiche in collaborazione con Lazard Italia e svoltosi al Centro Studi Americani. Un confronto tra le parti per cercare di individuare una strategia su un tema, quello legato all’acqua, di pressante attualità.

“Si tratta di un tema da sempre al centro della discussione, ma in modo incostante al centro dell’azione”, ha sottolineato Massimiliano Atelli, Presidente della Commissione Via-Vas e della Commissione Pnrr-Pniec, nel corso dei saluti istituzionali che hanno aperto l’evento. Per colmare il ritardo di alcuni interventi, tuttavia, potrebbe essere sufficiente un “ammodernamento di ciò che già esiste” e di cambiare le modalità di intervento. “Credo che sia la chiave di volta per superare il problema endemico della forte dispersione idrica – ha aggiunto – Per far questo non servono solo risorse finanziarie e della capacità amministrativa che non mancano. Ma serve soprattutto un grande disegno strategico che individui le priorità, fissi dei tempi e metta sul tavolo tutti gli ingredienti necessari per poter raggiungere il risultato prestabilito”.

Efficientare la rete idrica rappresenta una delle grandi sfide del nostro tempo. Le risorse del PNRR possono contribuire a questo processo, ma potrebbe essere necessario qualcosa in più. Lo spiega Francesco Profumo, presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo e Acri, nel corso del secondo panel ‘Gli asset owners italiani: profilo, orizzonti temporali, modus operandi. “Dovremmo iniziare a pensare di utilizzare le risorse con strumenti più sofisticati rispetto al fondo perduto – ha detto dialogando con Uberto Andreatta – Delle operazioni più sofisticate potrebbero permetterci di trovare più risorse. E in una fase di complessità varrebbe la pena rifarle”. Il Ministro dell’Istruzione del Governo Monti ritiene infatti quello dell’acqua un “problema endemico” che “gli strumenti tradizionali non sono in grado di risolvere”. Rapportandosi con le industrie del settore idrico, emerge anche un’altra questione: “L’eccessiva frammentazione rende particolarmente difficile l’avvio del rinnovamento che è ormai nelle corde”, evidenzia Profumo al termine dell’incontro. “Ci sono le condizioni perché questo possa diventare un progetto Paese, per migliorare il sistema nazionale dell’acqua, come successo dall’UE – ha osservato – Servono però investimenti non solo di tipo strutturale, ma anche di competenze per rendere il comparto adeguato a confronto con gli altri paesi europei”.

Nel corso del dialogo è emersa la volontà da parte degli asset owners di investire in un settore, quello idrico, ormai al centro dei dibattito pubblico. Resta, tuttavia, la necessità di capire le modalità e i termini dell’intervento. Nel secondo panel del convegno, ‘La questione idrica in Italia: prospettive industriali e finanziarie, i rappresentanti di alcune imprese e del mondo associativo si sono confrontati con il direttore di Formiche.net Giorgio Rutelli. Il primo nodo è legato alla digitalizzazione e l’innovazione tecnologica, come sottolinea Antonio Amati, direttore generale della divisione IT di Almaviva. “Negli ultimi due anni c’è stata una maggiore attenzione al digitale, anche grazie alla partenza del PNRR – spiega – In questa prima fase siamo impegnati nella digitalizzazione di circa 20.000 km di reti idriche, soprattutto nel sud Italia”. Un investimento ingente che porta a “verticalizzare maggiormente la nostra esperienza”, anche per quanto riguarda la raccolta dei dati.

L’Italia, secondo Amati, è “un’eccellenza dell’ingegneria idrica” e mantiene tutt’ora una “capacità autonoma”. “Bisogna continuare a crescere – ribadisce Amati – Ci stiamo confrontando con realtà internazionali. Forse un altro dei settori su cui gli investimenti possono essere importanti per lo sviluppo è proprio di indirizzare sulla ricerca dell’innovazione anche degli elementi tecnologici”. Un passo cruciale è quello della consapevolezza. Lo sottolinea a più riprese, nel corso della sua presentazione, Paola Bertossi, CEO di Fisia Italimpianti SpA–Gruppo Webuild. “Sarebbe miope non far nulla. La siccità è un evento non trascurabile. Servono piani a breve-medio e lungo termine. Se non siamo preparati rischiamo di trovarci ad affrontare danni da miliardi di euro”. Se, da un lato, il decreto Siccità varato dal Governo rappresenta un passo in questa direzione, dall’altro resta ancora il nodo del progresso. Ma quanto bisogna investire per permettere al settore idrico di progredire? “Servirebbero minimo 6 miliardi. Togliendo le quote del PNRR ne mancano ancora due. C’è un grosso margine, ma davanti abbiamo sfide enormi – ha spiegato Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia – Proprio quando sembrava che fossimo arrivati, il target è cresciuto. Dovremo fare un colpo di reni per tornare a correre”.

Una maggiore efficienza può essere garantita anche da una minore frammentazione nel settore. Una testimonianza è stata portata da Monica Manto, Presidente del Consorzio Viveracqua Scarl e direttrice generale di Acquevenete SpA. Quest’ultima è nata dalla fusione di altre aziende e copre un’ampia fetta del territorio regionale. “Non esiste una ricetta unica per affrontare questo tema – ha detto nel corso del suo intervento – Noi abbiamo percepito l’esigenza di renderci operativi sul piano industriale. Servono strumenti finanziari a supporto delle utility locali e abbiamo pensato agli hydrobond. Credo che il superamento delle frammentazioni possa essere superato attraverso strumenti aggregativi”.
Le aziende vogliono farsi trovare pronte dinanzi questa sfida epocale. Lo ha evidenziato Francesca Menabuoni, CEO di Nuove Acque SpA e direttore concessioni di Suez Italia, nel corso dell’intervento conclusivo del pane. Nel corso della sua analisi emerge “un mondo di utilities, nate una ventina di anni fa, che si sta ponendo il problema di realizzare investimenti”, portando avanti un’ottica di economia circolare, nel tentativo di ottimizzare i costi. “Su questo c’è la necessità di forme di finanziamento innovative – ha ribadito – Il PNRR è certamente un grande motore, ma bisogna farsi trovare pronti”.

Il CEO di Lazard Italia, Marco Samaja ha curato le conclusioni del convegno, tirando le somme del confronto tra le parti. Resta la certezza che il “settore acqua desta grandissimo interesse”, ma allo stesso tempo manca ancora un passo per attirare gli investitori. “Oggi ci sono 2500 gestori, dei quali più della metà sono privati. Poi ci sono realtà molto molto piccole e le municipalizzate. Sono pochi i soggetti che possono fare da registi dell’evoluzione del settore. Nel caso ci fosse un consolidamento, l’interesse da parte degli investitori, soprattutto i grandi fondi infrastrutturali internazionali, emergerebbe”.

 


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