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Da Marx a Putin, con una Nato più forte. Il dibattito sulle “Brigate Russe”

Di Lorenzo Piccioli

Il dibattito si accende alla presentazione della nuova edizione di ‘Brigate Russe’, libro di Marta Ottaviani. Dall’abbaglio occidentale sulla capacità della Russia (e della Cina) di avvicinarsi alle liberaldemocrazie, al ruolo dell'”information warfare” scatenata da Mosca. Passando per qualche spunto positivo. Gli interventi di Cicchitto, Argentieri, Casini e Margelletti

All’Arciconfraternita dei Bergamaschi si è tenuto un dibattito ricco di spunti in occasione della presentazione della nuova edizione di ‘Brigate Russe’, volume Bompiani che tratta a 360° l’approccio politico-militare della Federazione Russa, scritto dalla giornalista Marta Ottaviani. Ad animare il dibattito, oltre all’autrice, l’ex senatore Fabrizio Cicchitto, il professore della John Cabot University Federigo Argentieri, il senatore Pierferdinando Casini e il presidente del CeSI (Centro Studi Internazionali) Andrea Margelletti.

A segnare l’apertura del dibattito è stato Fabrizio Cicchitto, che ha fornito una chiave di analisi sulle dinamiche politiche di Mosca: “All’indomani del 1989/1991, c’è stato un fraintendimento totale da parte dell’Occidente. L’esito della guerra fredda ha convinto le leadership occidentali che lo schema marxiano di una ‘struttura’ economica dominante sulla sovrastruttura politico-sociale fosse fondato, aspettandosi conseguentemente una rapida diffusione della liberaldemocrazia e dei suoi principi fondanti in tutto il resto del mondo. Questa credenza si è rivelata estremamente fallimentare, e i sistemi russo e cinese, dove la sovrastruttura continua a controllare la struttura, ne sono l’esempio lampante.”

L’attenzione del politico socialista si è poi spostata sul ruolo specifico di Vladimir Putin.
“A Pratica di Mare, al fine di reintegrare il suo Paese (e di integrare la sua figura) nel sistema internazionale, Putin ha finto di essere un agnellino. Ma ha dismesso rapidamente queste vesti. Putin non è un dittatore comunista ma un autocrate di stampo orientalista. Il suo obiettivo è ricreare l’Impero russo, e di porlo in contrapposizione all’Occidente ritenuto cleptocratico.”

Gli spunti di Cicchitto sono stati ripresi da Argentieri, che ha sottolineato la pericolosità del Presidente Russo denotando che “in questo momento, trovandosi all’angolo, c’è il rischio che Putin inizi a tirare pugni a destra e manca, anche colpendo ‘obiettivi sensibili’. Come la centrale di Zaporizhia.”

L’accademico ha anche sottolineato come la cosiddetta information warfare, e più in generale l’approccio bellico non-lineare, sia una costante che attraversa nei secoli la storia russa. Nel 1929, un astuto quanto cinico Litvinov mascherò abilmente la situazione di carestia artificiale causata in Ucraina tramite il controllo dei mezzi d’informazione. Possiamo considerare quell’episodio come il primo caso di information warfare ai danni dell’Ucraina. Anche l’episodio della strage di Katyn, su cui la responsabilità russa non è stata confermata fino agli ultimi anni dello scorso secolo, è stato oggetto di campagne propagandistiche da parte dell’Unione Sovietica durante tutta la seconda metà del ‘900.

Pierferdinando Casini focalizza il suo discorso sugli aspetti positivi che possono essere individuati anche in un contesto tragico come quello della crisi ucraina. “La storia si prende gioco di noi, e fatti che si verificano per un determinato scopo finiscono per avere effetto totalmente diverso. Nel dramma che stiamo vivendo oggi in Ucraina, dobbiamo vedere l’aspetto positivo: tutti noi abbiamo sperato all’inizio che la Russia potesse assimilarsi ai valori occidentali, poi per 10 anni abbiamo chiuso gli occhi davanti alla realtà; oggi la guerra in Ucraina apre gli occhi di tutti, anche di chi li voleva tenere chiusi a tutti i costi. E oggi l’occidente reagisce in modo compatto all’invasione Ucraina. La Nato  che secondo Macron aveva l’encefalogramma piatto ha ritrovato il senso della sua esistenza.”

Andrea Margelletti, ultimo dei relatori ad intervenire, si riaggancia alla questione della guerra dell’informazione. L’analista fa notare che: “L’uso dei social da parte russa dimostra struttura ed organizzazione. Vent’anni fa, la gente non aveva possibilità di esprimersi, ma ora i social gliel’hanno data. E i russi sfruttano le nostre ‘voglie’ tramite questi strumenti. Nel mondo non c’è una passione sfrenata per la Russia, quanto un antipatia diffusa per gli Usa, e Mosca la sfrutta a suo vantaggio. La forza della Russia è la debolezza dei sistemi occidentali: contano anche su il fatto che noi non siamo coesi.”

A chiudere il dibattito è Marta Ottaviani, con alcune parole incisive. “Io stessa, mentre scrivevo questo libro, stavo per cadere nella trappola della disinformazione del Cremlino. Porsi dei dubbi è l’unico modo efficace di sconfiggere questa minaccia” sono le parole con cui la giornalista fa calare il sipario sulla scena.



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