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Che ne sarà del Centro senza Berlusconi. L’ipotesi di Merlo

“Tramonto definitivo della seconda repubblica” o apertura “di una una nuova fase politica”? Con la scomparsa del leader di Forza Italia è a tutti evidente che c’è uno spazio politico che va interpretato, intercettato e rappresentato…

La scomparsa di Berlusconi chiude, oggettivamente, una stagione politica del nostro paese. Alcuni parlano di “tramonto definitivo della seconda repubblica” mentre altri, con altrettanta pertinenza, di apertura “di una una nuova fase politica”. Sono riflessioni, appunto, calzanti perché Berlusconi ha rappresentato, al di là dei giudizi degli “odiatori seriali” purtroppo sempre in campo, uno spartiacque con cui occorre fare i conti. Conti politici, come ovvio. E tra questi tasselli che andranno radicalmente ridisegnati c’è indubbiamente il campo del Centro. O meglio, di uno spazio politico moderato, centrista e anche riformista. Perché Berlusconi è stato in questi ultimi 30 anni, seppur con alterne vicende, il principale protagonista della politica italiana. E questo per la semplice ragione che ha contribuito in modo massiccio ad introdurre la categoria del bipolarismo e di una rigida e rigorosa democrazia dell’alternanza. Un bipolarismo che, però partiva da una posizione “centrista” anche se guardava, come tutti sappiamo, verso destra.

Perché Forza Italia, piaccia o non piaccia, ha saputo intercettare e rappresentare per molto tempo la stragrande maggioranza dell’elettorato della Democrazia Cristiana e di altri partiti di democrazia laica e socialista dopo la furia giustizialista culminata con il biennio di “tangentopoli”. Un centro destra che si è contrapposto, anche qui, ad un vero ed autentico centro sinistra. Ora, la scomparsa di Berlusconi da un lato e i cambiamenti politici – peraltro profondi – intervenuti in questi ultimi tempi e coincisi prima con il voto del settembre scorso che ha segnato l’indiscutibile leadership di Giorgia Meloni e di una destra democratica e di governo e poi con l’avvio di una sinistra radicale, libertaria e massimalista interpretata da Elly Schlein dall’altro, è a tutti evidente che c’è uno spazio politico che va interpretato, intercettato e rappresentato. Certamente a livello politico, ma anche e soprattutto sul versante culturale, sociale ed elettorale. E questo spazio politico si chiama, ieri come oggi, Centro.

Al di là dei giudizi sprezzanti ed insolenti degli “odiatori seriali” secondo cui il futuro non sarebbe altro che una lotta fratricida e violenta tra gli “opposti estremismi”. Una deriva, questa, che non corrisponde alle dinamiche concrete che storicamente hanno caratterizzato la politica italiana e che ne hanno accompagnato la sua evoluzione e la sua crescita sin dal secondo dopoguerra. Un Centro, e quindi una “politica di centro”, che sono comunque compatibili all’interno di una sana e fisiologica democrazia dell’alternanza dove il confronto tra i partiti, a differenza di quello che pensano la sinistra populista dei 5 stelle e la sinistra massimalista della Schlein, non sia la delegittimazione morale prima e l’annientamento politico poi dell’avversario/nemico. Ed è proprio all’interno di questa dinamica politica concreta che si inserisce la necessità, o meglio, la indispensabilità di ricreare un Centro e una “politica di centro” nel nostro paese. Certo, di tratta di un luogo politico che non può ridursi ad essere una mera appendice all’interno dei due schieramenti maggioritari né, d’altro canto, può replicare l’esperienza di un passato anche solo recente. E questo per la semplice motivazione che ogni partito è sempre irripetibile perché figlio e prodotto di un preciso e definito periodo storico e ogni leader, soprattutto se carismatico come il caso di Berlusconi, non è affatto replicabile nella cittadella politica.

Ecco perché, adesso, tutti coloro – a cominciare dal progetto politico ancora recentemente illustrato da Matteo Renzi – che si riconoscono in una cultura e in una “politica di centro” hanno il dovere di lavorare e di far decollare una iniziativa concreta, e culturalmente plurale, che sia in grado di rappresentare un’area che oggi si sente semplicemente orfana. Perché in ultimo, non sono sicuramente i teorici e i paladini degli “opposti estremismi” i personaggi o i partiti che possono candidarsi a rappresentare questi mondi vitali che esistono e che, forse, rappresentano il nerbo centrale del nostro tessuto politico, sociale e culturale.


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