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L’impiego dei droni ai tempi del Covid (e non solo)

Di Emanuele Barbaro

Nella pandemia da Coronavirus l’impiego dei droni è stato alla base di una serie di misure adottate nel tentativo di proteggere la collettività. Se da un lato però il loro impiego ha rappresentato una nuova opportunità dall’altro ha fatto emergere diverse criticità. L’analisi di Emanuele Barbaro, secondo classificato al premio Carlo Mosca per le tesi post-laurea sull’intelligence, organizzato dalla Società italiana di intelligence di Mario Caligiuri

Un aeromobile a Pilotaggio Remoto (Apr) comunemente noto con il termine “Drone”, si caratterizza principalmente per l’assenza di un pilota a bordo. In questo caso infatti il volo è possibile grazie ad un computer che viene controllato “da remoto” da un cosiddetto pilota o navigatore.

L’utilizzo di questi dispositivi, inizialmente congeniato quasi esclusivamente per scopi militari, si è nel tempo andato estendendo ai più disparati settori della società invadendo letteralmente il mercato. Questa incredibile impennata è dovuta principalmente all’abbassamento dei costi di acquisto ed al progressivo allargamento dei settori cui oggigiorno trovano applicazione i droni.

Dal punto di vista bellico i droni esprimono da sempre in termini di efficacia efficienza ed economicità, un considerevole vantaggio tattico; questa caratteristica nonostante i droni vengano ormai impiegati all’interno delle più svariate categorie, ha mantenuto alta l’attenzione e la ricerca in ambito militare. Secondo le ultime stime nel mondo sono più di 30.000 i velivoli militari equipaggiati per operazioni belliche afferenti a questa categoria (con oltre 200 modelli) ed i numeri sono destinati a salire.

Dal punto di vista storiografico, i primi documenti che testimoniano l’applicazione sul campo di rudimentali dispositivi aeromobili guidati da remoto risalgono al 1849, in occasione dell’assedio di Venezia da parte dell’Impero Austroungarico. Da allora il loro impiego è andato lentamente incrementandosi affrontando, seppure in maniera marginale, due conflitti mondiali ed iniziando ad apportare un contributo determinante sui campi di battaglia a partire dalla seconda metà del XX secolo, con la nascita e lo sviluppo di modelli quali: “Lighting Bug; RQ2 Pioneer; MQ-1 Predator; RQ-4 Global Hawk; RQ-14 Dragon Eye; RQ-11 Raven; WASP; Puma”.

Ad oggi l’impiego di nanotecnologie integrate al settore dell’aviazione, ha permesso la creazione di nano-droni molto silenziosi progettati specificamente per prestare ausilio ai soldati sul campo d’azione aumentandone le capacità di ricognizione sorveglianza ed acquisizione dei bersagli. Ma nonostante gli interessanti risultati raggiunti in ambito militare, nell’ultimo decennio il settore commerciale dei droni è stato protagonista di un importante avanzamento tecnologico i cui effetti sono a tutt’oggi visibili.

Per la prima volta nella storia dei dispositivi a pilotaggio remoto si è assistito ad un’evoluzione maggiore nell’ambito commerciale che in quello militare, fondamentalmente grazie allo stato della tecnica e dalle nuove mansioni svolte da questi dispositivi. Secondo i rapporti ufficiali ad oggi sono presenti in Europa circa 10.000 unità di droni a scopo commerciale, e le stime entro il 2025 saranno 200.000 ovvero venti volte tanto, raggiungendo i 400.000 esemplari nel 2035.

Tutto ciò principalmente grazie alle più svariate applicazioni che i droni trovano nel settore dei media (foto, video, cinema, tv), delle telecomunicazioni, nella logistica, nell’industria mineraria, in agricoltura, nella sicurezza, nel settore logistico, in quello della conservazione ambientale, dei soccorsi in aree critiche ed in molti altri ancora. L’utilizzo dei droni, ha travolto interi settori della società interessando anche il futuro più prossimo dell’assistenza sanitaria. Quando si tratta di salvare una vita umana il fattore tempo è fondamentale ecco perché l’impiego dei droni può fare la differenza. Prestare i primi soccorsi, raggiungere tempestivamente una zona colpita da gravi calamità, consegnare vaccini e farmaci sono tutte attività che in molti casi possono fare la differenza tra la vita e la morte. Il primo impiego in questo settore risale al 2010 a seguito del terremoto di Haiti, quando vennero utilizzati per la mappatura delle aree più colpite e la distribuzione di beni di prima necessità e articoli sanitari.

Da allora grazie alla continua ricerca tecnologica e al conseguente sviluppo di prototipi di droni medici sono stati fatti passi da gigante. Dal punto di vista operativo le applicazioni dei droni in questo ambito possono dividersi in tre macroaree: 1) Trasporti Medicali; 2) Telemedicina; 3) Salute Pubblica e Soccorso. Ognuna di queste tre categorie, grazie ad investimenti sempre maggiori da parte di attori pubblici e privati, si sta sviluppando in settori sempre più specifici facendo leva su un concetto fondamentale, ossia quello di superare i limiti oggettivi del trasporto via terra (congestione del traffico / accesso a siti di consegna remoti). In Italia al fine di garantire il contenimento dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus, dando piena applicazione alle limitazione sugli spostamenti all’interno del territorio nazionale previsti dal governo italiano con i Dpcm dell’8 e 9 marzo 2020, si è deciso di procedere con la deroga di alcune disposizioni presenti all’interno del Regolamento Enac in materia di “Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto“, così da consentire a tutte le forze di polizia lo svolgimento di operazioni di monitoraggio degli spostamenti dei cittadini tramite l’ausilio di droni.

Le politiche messe in atto dal governo italiano per fronteggiare la pandemia da Coronavirus hanno spinto il legislatore e le istituzioni a riflettere sul necessario bilanciamento tra diritto alla salute e alla riservatezza personale. Il complesso di normative varate in una situazione di piena emergenza incide tuttora pesantemente sul diritto alla riservatezza dei singoli cittadini, inserendosi in maniera trasversale nelle loro abitudini e nella loro quotidianità. A tal proposito, il Regolamento generale sulla protezione dei dati, anche noto come Gdpr (General Data Protection Regulation), approvato con Regolamento Ue 2016/679 del Parlamento Europeo, ha specificato che le riprese effettuate per scopi di sicurezza e tutela di interessi pubblici non necessitano dell’assenso del Garante della Privacy, salvo queste non siano lesive dei diritti fondamentali o della dignità dei soggetti interessati.

L’emergenza Covid-19 ha spinto gran parte degli enti regolatori – come nel caso italiano – a concedere deroghe alle normative vigenti, snellendo così gli iter autorizzativi e concedendo deleghe agli attori locali per far fronte nel più breve tempo possibile alle esigenze dei propri territori. Le recenti modifiche all’attuale impianto normativo hanno dovuto così tenere conto delle nuove esigenze “di volo” connesse agli scenari venutisi a delineare come conseguenza della pandemia. In Italia dal 31 dicembre 2020 è a tutti gli effetti diventato applicabile il Regolamento di Esecuzione (Ue) n.947/2019 relativo a norme e procedure per l’esercizio degli aeromobili senza equipaggio e le sue successive modificazioni.

Al giorno d’oggi sull’onda delle strategie di contenimento l’utilizzo dei droni trova applicazione per le più disparate funzioni, tra queste si annoverano: 1) Attività di ausilio alla sorveglianza da parte delle autorità governative; 2) Supporto in materia di sicurezza delle infrastrutture critiche; 3) Monitoraggio della temperatura
corporea; 4) Consegna di beni di prima necessità (alimenti/medicine); 5) Attività di monitoraggio e mappatura
del territorio; 6) Sanificazione di ambienti (nebulizzazione di disinfettanti); 7) Monitoraggio di risorse a vario
titolo; 9) Monitoraggio di attività critiche.

Nella pandemia da Coronavirus l’impiego dei droni è stato alla base di una serie di misure adottate nel tentativo di proteggere la collettività. Se da un lato però il loro impiego ha rappresentato una nuova opportunità dall’altro ha fatto emergere diverse criticità.

Indubbiamente conciliare la necessità di salvaguardare la salute collettiva, con le conseguenti esigenze di controllo che questa impone, determina l’insorgere di conflitti in materia di libertà individuale e diritto alla privacy dei cittadini. Tuttavia in momenti di crisi emergenziale come quelli vissuti nel corso dell’ultimo anno, alcuni aspetti della salute diventano preponderanti.

Proprio in quest’ottica ed alla luce delle grandi potenzialità espresse, un uso corretto e consapevole dei droni può rappresentare una vera e propria opportunità non però del tutto scevra da criticità, poiché i droni possono determinare l’insorgere di potenziali effetti distorsivi in materia di security e safety (soprattutto ogni qualvolta questi vengono impiegati in maniera difforme rispetto a quanto prescritto dalla normativa vigente). Secondo le stime ufficiali la quantità di Droni Civili presenti sul mercato mondiale è attualmente di 15 milioni, con una previsione di superare i 50 milioni di esemplari entro il 2025.

Le prospettive future implicano necessariamente una maggiore attenzione proprio alla luce dei potenziali pericoli derivanti da un uso diffuso di questi dispositivi, in previsione di quello che già viene definito come un vero e proprio “inquinamento atmosferico da droni”. Indubbiamente i dispositivi a pilotaggio remoto svolgeranno un ruolo fondamentale nei prossimi decenni, guadagnandosi importanti spazi all’interno delle attività svolte dall’uomo negli scenari futuri, andando a ricoprire un ruolo sempre più importante all’interno dell’economia globale. Pertanto è auspicabile che la loro diffusione avvenga di pari passo con una maggiore consapevolezza dei rischi e delle criticità a questi connessi.

(Abstract della tesi di Emanuele Barbaro, master di II Livello in Homeland Security, Università Campus Bio-Medico di Roma Anno accademico 2019/2020)


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