Uno Stato sempre più strategico che voglia sempre più porre in primo piano le tematiche dell’interesse e della sicurezza nazionale, anche quelle dell’intelligence economica, nella situazione geopolitica attuale. Chi c’era e cosa si è detto al seminario “Intelligence economica nell’era digitale” alla Luiss School of Government
Il 23 giugno presso la Luiss School of Government, diretta dal prof. Giovanni Orsina, si è tenuto il seminario di studi “L’intelligence economica nell’era digitale” che tra altri illustri convegnisti, quali il generale Mario Mori e il sottosegretario Alfredo Mantovano, ha avuto come relatore di spicco il prof. Christian Harbulot. Grazie all’opera decennale di quest’ultimo il concetto di intelligence economica ha fatto segnare una decisiva affermazione teorica e pubblica, anche a seguito dell’istituzione, nel 1997, a Parigi, dell’École de Guerre Économique (Ege), tuttora funzionante. In Italia, tale tematica è stata approfondita soprattutto dal prof. Mario Caligiuri, direttore del Master in Intelligence nonché presidente della Società Italiana di Intelligence (Socint), in varie pubblicazioni e diversi articoli.
Nel corso del seminario, oltre all’intervento di Harbulot relativo alla situazione francese, si è trattato principalmente della difesa degli interessi nazionali, tra cui quelli economici, scientifici e industriali, la quale è diventata sempre più rilevante nel contesto della sicurezza della Repubblica. Ciò è stato sancito anche a livello legislativo con l’introduzione del Golden Power (Legge n. 172 del 2017; Decreto-legge n. 22 del 2019), che conferisce alle autorità italiane poteri speciali sui settori strategici delle società. A questo riguardo Mantovano ha messo in evidenza la posizione del governo rispetto al caso attuale di Pirelli. Ne deriva, di conseguenza, che è interesse primario dello Stato quello di difendere le imprese nazionali dalle crescenti intenzioni predatorie delle potenze straniere, da considerare sempre come competitori in campo economico, anche quelle dei Paesi amici.
In generale, l’intelligence economica, sia difensiva che offensiva, è stata sempre più adottata in un contesto di globalizzazione crescente e seguendo l’approccio teorico di Harbulot, le strategie degli Stati, per aumentare il loro potere e il loro impatto sugli equilibri internazionali, possono essere tipicamente interpretate come guerre economiche-finanziarie.
Fin dalla Seconda guerra mondiale, del resto, l’intelligence è stata utilizzata dapprima dalle agenzie governative e, in seguito, dalle imprese commerciali, le quali condividono le stesse problematiche di fondo relative all’acquisizione, analisi e manipolazione strategica delle informazioni. Questi due attori principali dell’intelligence economica devono vieppiù trovare il giusto equilibrio tra le rispettive esigenze le quali sono, da un lato, quello della massimizzazione del profitto e, dall’altro, quello della sicurezza nazionale. E non sempre è facile farle incontrare. Ciò potrebbe spiegare anche perché tale seminario si sia svolto in una Business School e il seminario sia stato sostanzialmente diviso in due parti: la prima con esponenti governativi, a rappresentare i punti di vista istituzionali e, la seconda, con quelli di alcune importanti imprese nazionali, quali Ferrovie dello Stato ed Enel.
Quello che è emerso nel corso della mattinata è che il compito dell’intelligence economica consiste nella gestione strategica dell’informazione al fine di consentire allo Stato e alle imprese di controllare, anticipare e gestire l’evoluzione dei mercati, al fine di formulare scelte politiche e commerciali sia offensive che difensive. Da questo punto di vista, la portata globale di tale strategia deve essere proporzionale all’ampiezza degli interessi del Paese ma deve tener conto anche delle legittime aspettative economiche delle imprese nazionali. Da ciò ne deriva che gli apparati di intelligence devono essere pensati in modo da coprire i principali settori d’interesse economico-finanziario e, soprattutto, devono avere la capacità di sintesi ed elaborazione necessaria per consentire agli attori politici ed economici di prendere decisioni complesse nell’interesse reciproco. Il compito non è semplice. Mori ha sottolineato, ad esempio, che vi sono società straniere che si sono dotate di apparati di intelligence economica in grado di gareggiare con gli apparati di Stati di media entità.
Da qui la necessità di sviluppare un solido “complesso politico-economico-militare”, per far uso di un concetto volgarizzato dallo statunitense Charles Wright Mills, sia in termini di aggressività (attraverso la penetrazione dei mercati esteri e l’ottenimento di un vantaggio competitivo) che di difesa degli interessi nazionali, supportata da un’organizzazione statale affidabile, la quale rappresenta una priorità di primaria importanza e oramai del tutto ineludibile. In questo contesto, secondo Mori, l’Italia ha ottime capacità di tipo difensivo ma dovrebbe migliorare, e di molto, l’impiego “offensivo” dell’intelligence economica. L’aumento costante dei flussi commerciali internazionali, unito alla crescente interdipendenza tecnologica (tecnologie ubiquitarie e abilitanti di Industria 4.0, dal quantum computing all’intelligenza artificiale) nonché alla continua diffusione delle informazioni anche open source tramite i social media, di fatto, esercita un fortissimo impatto sulle sovranità nazionali e sui sistemi, sempre più integrati, tecno-economici.
In conclusione, alla fine del seminario non si può dire che si siano trovati dei punti di sintesi ma ciò era largamente preventivabile in quanto si deve dar conto di una difficile composizione degli interessi, a volte convergenti e a volte discordanti, e forse neppure poteva essere la sede di una Business School quella più opportuna, tuttavia si può sostenere che è emersa con decisione la postura di uno “Stato strategico” che ci si augura voglia sempre più porre in primo piano le tematiche dell’interesse e della sicurezza nazionale, anche quelle dell’intelligence economica, nella situazione geopolitica attuale. La promozione di questi seminari, del resto, ha anche quest’obiettivo precipuo.