L’attacco intenzionale ai centri abitati ucraini rientra in una più ampia strategia bellica. Che però non ha mai portato a risultati concreti nella storia delle guerre. E danneggia più i suoi fautori che le sue vittime
Nella prefazione del suo più celebre volume, Strategia, il politologo statunitense Edward Luttwak riflette su quanto il concetto di terrorismo e il concetto di strategia viaggino su due binari paralleli, definendo il primo autolesionistico, e quindi totalmente inadatto ad essere esaminato attraverso le lenti della seconda. L’utilizzo di metodologie terroristiche sia da parte di singoli gruppi che da parte di strutture militari non riscontra infatti a livello storico alcuna percentuale di successo; esse si sono anzi rivelate inefficaci, se non deleterie, nella maggior parte dei casi.
Sin dai primi giorni della guerra, l’apparato militare di Mosca ha destinato parte delle sue risorse al bombardamento costante dei centri urbani. In parte per cercare di colpire le infrastrutture strategiche a livello energetico o comunicativo, o per danneggiare la catena di comando delle Forze di Kiev. Ma anche per piegare il morale nemico. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani quasi 9000 civili sono morti dall’inizio delle ostilità, soprattutto a causa dei bombardamenti russi. Un ulteriore tentativo per forzare Kiyv ad assoggettarsi? Probabile che lo sia, tanto quanto è probabile che sia un tentativo inutile.
Torniamo indietro di 80 anni, all’estate del 1940. Dopo la fulminea caduta della Francia, la Gran Bretagna rimane l’unica potenza ad opporsi alla macchina bellica della Germania nazista. Il suo carattere insulare, assieme alla più possente flotta al mondo, le forniscono un certo grado di protezione da una possibile invasione per terra e per mare. Il teatro dello scontro diventa quindi il cielo. Per tutta l’estate, la Luftwaffe prende di mira le installazioni militari inglesi: stazioni radar, aeroporti, snodi ferroviari e centri di produzione. La Gran Bretagna rischia il collasso.
Poi, Hitler cambia idea. Dopo che degli aerei inglesi colpiscono la città di Berlino in un simbolico raid notturno, Hitler ordina la rappresaglia totale. Inizia il Blitz. Gli obiettivi non sono più militari, ma civili: dal Settembre del 1940 al Maggio del 1941, i bombardamenti tedeschi causano 40.000 vittime civili inglesi. Le più grandi metropoli dell’isola sono ridotte in macerie. La cattedrale di Saint Paul che brucia rappresenta il simbolo di quei mesi.
Ma i bombardamenti hanno l’effetto contrario di quanto previsto. Gli inglesi si compattano intorno alla figura battagliera del loro primo ministro, Winston Churchill, e il morale sale anziché cadere a picco. Nel frattempo, la Royal Air Force ha modo di riorganizzarsi e di ricostruire le proprie basi, rimettendo in sesto le proprie capacità difensive. Mentre le perdite tedesche aumentano sempre di più. Gli attacchi terroristici sarebbero andati avanti fino alla fine della guerra, seppur senza provocare i risultati sperati.
La lezione della Seconda Guerra Mondiale sembra non essere stata appresa dai russi, che stanno ripetendo gli stessi errori di Hitler. I bombardamenti sulle città non hanno ridotto la determinazione a resistere degli ucraini, che invece si sono stretti intorno a Zelensky, un presidente che fino al 24 Febbraio del 2022 era considerato come uno dei più divisivi. Mentre nel mondo montava l’indignazione verso le atrocità di simili atti, causando un forte danno diplomatico alla reputazione della Federazione Russa.
Inoltre, per portare avanti questa campagna Mosca sta utilizzando risorse preziose che potrebbe impiegare al fronte, soprattutto nel caso dei missili. Se da una parte queste possono essere considerate prove di forza, dall’altra erodono in modo costante le capacità militari di Mosca. In un momento in cui le sue Forze Armate non possono assolutamente permetterselo.