Nel quadro dell’autonomia strategica occidentale (e non europea) da Pechino è urgente l’adozione di “strumenti normativi e finanziari” per le estrazioni, spiega il ministro delle Imprese. Il governo lavora di sponda con l’Ue e prepara il suo Chips Act
Secondo Adolfo Urso, ministro per le Imprese e il Made in Italy, riprendere le estrazioni “è un obbligo, dobbiamo dire la verità ai cittadini. Ma vogliamo proteggere e conservare il patrimonio storico e paesaggistico”. Parole pronunciate in un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica al termine della sua missione negli Stati Uniti, dove ha incontrato esponenti dell’amministrazione Biden, fondi e manager.
La Commissione europea, ha spiegato Urso, “sta finalizzando un rapporto che individua 34 materie prime critiche. Dovremmo estrarne il 10% dai nostri territori, lavorarne il 40% e riciclarne il 15% entro il 2030. In Italia ne abbiamo 15, in giacimenti chiusi 30 anni fa. Si trovano in aree protette in Liguria, Toscana, Campania, Sardegna e arco alpino”, ha aggiunto. L’Italia ha il più grande giacimento di cobalto in Europa, titanio, manganese, litio, ha spiegato ancora: “Se l’Europa chiede di sfruttarli, deve darci gli strumenti normativi e finanziari per farlo”.
Pochi giorni fa, a un convegno di Withub a Roma, aveva auspicato che “nella rinegoziazione in corso del Pnrr si possa orientare in modo più efficace le risorse europee già stanziate e quelle del RePower Eu, verso interventi che contribuiranno davvero, da subito, al raggiungimento degli obiettivi energetici e di sostenibilità ambientale”.
Per portare alla luce questa ricchezza nascosta italiana, il governo e la Commissione europea sembrano decisi a derogare i vincoli attuali (i siti, infatti, sono tutti all’interno di parchi nazionali) e a mantenere un impegno rigoroso alla salvaguardia dell’ambiente. In questo c’è anche un po’ di tattica da parte del governo Meloni, che lascia a che sia Bruxelles a indicare se e come procedere anche al fine di smontare le frange ambientaliste anti-governo, che invece sono sempre super-europeiste. Rimane aperto, tuttavia, il tema dell’industria mineraria, che in Italia non c’è più e che è quasi inesistente in Europa.
Più in generale, il tema delle materie prime critiche si colloca nel quadro dell’autonomia strategica occidentale, più che europea, dalla Cina. Questo è il riassunto del pensiero di Urso spiegato al convegno di Withub: “Senza un’autonomia vera sulle materie prime critiche, anche la transizione all’elettrico potrebbe riservarci rischi gravissimi, passando dalla subordinazione alle fonti fossili dalla Russia a una ancora peggiore subordinazione alle materie prime dalla Cina”.
E in tale contesto si colloca anche il Chips Act italiano, in via di definizione e che sostanzialmente rappresenta una sorta di piano nazionale per i semiconduttori e la microelettronica. È la prosecuzione del lavoro di una task force voluta dal ministro Urso – capitanata dal consigliere diplomatico aggiunto, il ministro plenipotenziario Vincenzo Del Monaco – che è stata a Taipei, Seul, Tokyo e infine a Washington.