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Le narrazioni virtuali e la politica reale. Il commento di Giorgio Merlo

Perché è bene e consigliabile che qualsiasi progetto politico, anche e in particolare quello di un Centro riformista, democratico e di governo, non possa decollare con descrizioni, narrazioni o desideri del tutto avulse dalla società e che non corrispondono alle dinamiche concrete che attraversano la vita quotidiana e reale dei cittadini. Il commento di Giorgio Merlo

Il dibattito che segue ad un qualsiasi verdetto elettorale nel nostro Paese è sempre carico di novità e, soprattutto, di curiosità. Un tempo, quando c’erano i partiti, le classi dirigenti autorevoli e qualificate, le intelligenze politiche e i conoscitori delle dinamiche territoriali e sociali, i risultati elettorali – a livello locale come a livello nazionale – venivano approfonditi e vivisezionati nei confronti duri ma fecondi tra i quadri, i militanti, gli iscritti e i simpatizzanti dei partiti stessi.

Tramontato tutto ciò, è abbastanza evidente che la “pratica elettorale” adesso viene liquidata a tempi di record perchè il giorno dopo la sconfitta, o la vittoria, si apre già una nuova fase…. Ora, la cosiddetta categoria che domina e caratterizza il confronto politico in una stagione ancora, e purtroppo, post ideologica, si chiama “narrazione”. E la “narrazione” non è più fatta di elaborazione culturale, di progettualità politica o di impegni programmatici ma, prevalentemente, se non quasi esclusivamente, da slogan, battute ad effetto e molta propaganda.

Dopodiché, queste “narrazioni” a volte sono del tutto virtuali se non addirittura astratte. Un esempio emblematico, al riguardo, è quella che conduce da mesi la segretaria del Pd e il suo gruppo dirigente. Ora, tutti sappiamo che se anche ci fosse un pilota automatico alla guida di quel partito al posto del segretario, il consenso si aggirerebbe sempre tra il 15 e il 20%. Per dirla con Totò, “a prescindere”. E questo per motivazioni antiche e quasi strutturali del sistema politico italiano.

Ma è indubbio che quando questa “narrazione” è prevalentemente virtuale, cioè non corrisponde al “sentiment” popolare o largamente maggioritario o della stragrande maggioranza dei cittadini, è evidente che anche il consenso elettorale ne risente. Se, per fare un solo esempio, l’ossessione del possibile “ritorno del fascismo” in versione 2.0 o della “torsione autoritaria” o della progressiva “soppressione delle libertà” o della implacabile ed irreversibile “cancellazione dei diritti” diventano le parole d’ordine del Pd e di tutti gli organi di informazione che lo sostengono – sufficientemente noti e conosciuti – è evidente che un cittadino normale si chiede, almeno, a che cosa corrisponde quella propaganda. Perché non c’è cosa peggiore nella politica, come nella vita, di denunciare un pericolo imminente e grave quando quel pericolo, come ovvio, è frutto e conseguenza di una “narrazione”, cioè di una propaganda, puramente virtuale ed astratta.

Per non parlare della sostanziale soppressione del pluralismo politico e culturale che, nel nostro paese, fa sorridere il solo pensarlo. Ecco, ho voluto fare un solo esempio per arrivare alla semplice conclusione che in questa fase politica che risente ancora, e purtroppo, dell’assenza di una adeguata e qualificata progettualità politica dopo la squallida e grigia stagione populista di marca grillina, se si sbaglia “narrazione” la si paga poi direttamente nelle urne.

Per questi motivi è bene e consigliabile che qualsiasi progetto politico, anche e in particolare quello di un Centro riformista, democratico e di governo, non può decollare con descrizioni, narrazioni o desideri del tutto avulse dalla società e che non corrispondono alle dinamiche concrete che attraversano la vita quotidiana e reale dei cittadini. Perchè non c’è propaganda televisiva o giornalistica che tenga quando manca la capacità di sintonizzarsi con le domande e le istanze più profonde che emergono dalla società in cui siamo inseriti. Una lezione che valeva ieri e che vale soprattutto oggi, dove mancano – speriamo ancora per poco – quei caposaldi costitutivi che caratterizzano una politica credibile, autorevole e qualificata.


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