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Non solo Wagner. Ecco tutte le milizie private russe

Di Andrea Molle

Rusich, Legione Imperiale Russa, Sewa Security Services, Rsb, Centro R, Gazprom, Gruppo Patriot, Zar’s Wolves, Andreyevsky Krest, Akhmat. L’universo delle “private military companies” legate alla Russia in questi anni si è allargato a dismisura, ed è utile a capire sia la proiezione internazionale del regime moscovita che gli equilibri interni. L’analisi di Andrea Molle, ricercatore senior di Start Insight

Sebbene si tratti di un fenomeno non esattamente recente – la prima Private Military Company, i “Lupi dello Zar”, risale al 1992 – dal punto di vista del diritto russo, gli attori non statali come le PMC sono oggi considerati illegali. Ciononostante, poiché tutte le PMC attualmente attive sono in un modo o nell’altro collegate al Cremlino o ne promuovono comunque gli interessi, i vertici di queste organizzazioni godono di un regime di impunità de facto. L’unica eccezione a questa regola si presenta quando una di esse cade in disgrazia con la leadership moscovita, o entra in un aperto e logorante conflitto con le Forze Armate regolari tale da incorrere nel coinvolgimento della magistratura. In questo caso, in base alle leggi vigenti nella Federazione Russa, si può incorrere nella smobilitazione forzata e nell’arresto della leadership qualora quest’ultima non ottemperi alle richieste del Governo.

Questo è stato il caso della Wagner Corp. che come abbiamo avuto modo di apprendere in queste ore ha rifiutato di smobilitare le truppe entro la scadenza del 1 Luglio decidendo piuttosto di muovere contro il Cremlino in quello che molti hanno definito, troppo prematuramente, un tentativo di colpo di stato. Grazie alla mediazione del presidente Lukashenko e del Governatore di Tula, Alexei Dyumin, la veloce ribellione di Yevgeny Prigozhin si è risolta in quello che diversi analisti vedono come un riposizionamento della Wagner in Bielorussia, proprio quando il paese ha ricevuto da Mosca ingenti aiuti militari che includono una discreta capacità di deterrenza nucleare.

Da qui non è escluso che Wagner possa continuare la propria partecipazione al conflitto ucraino, aprendo un fronte nord pericolosamente vicino a Kyiv, da cui sarebbe in grado di lanciare operazioni di infiltrazione e interferenza che velocizzerebbero il logoramento delle capacità militari ucraine. La riapertura dei centri di reclutamento e addestramento in Siberia, unitamente alle voci di diverse basi Wagner in costruzione in Bielorussia, non fanno che confermare la senzazione che quanto successo la scorsa settimana non abbia scritto la parola fine per le attività di questa PMC, né tantomeno per il conflitto. Ma se Wagner è la punta di lancia del sistema di guerra asimetrica del Cremlino, non mancano altre risorse nell’ambito della guerra ibrida.

Attualmente il sistema delle PMC russe è composto da circa 40 gruppi che operano in 34 paesi. Circa il 70% di questi gruppi opera in Ucraina, e almeno la metà di essi sono stati creati dopo il 2022 esclusivamente per partecipare alle ostilità contro Kyiv, mentre i restanti operano tipicamente in Siria (almeno dal 2011), Iraq (dal 2003) e Africa centrale, a sostegno degli interessi russi di lungo periodo e come forze di protezione degli approvvigionamenti di risorse. Dati raccolti all’inizio del 2023 vedono 19 PMC schierate in Africa principalmente a controllo delle risorse minerarie, 10 PMC operative in Asia e Medioriente, 4 PMC attive in Europa e almeno 1 gruppo attivo in Sud America. A farla da padrone è ovviamente la Wagner, che opera in almeno 18 paesi, seguita dal Gruppo Patriot in 7 nazioni e dal gruppo ENOT (“procioni” in russo) che è attivo in 6 paesi.

Prima di entrare nel dettaglio di alcune di queste sigle è necessario comprendere le ragioni della scelta del Cremlino di contribuire a creare e sostenere un ecosistema così complesso e potenzialmente pericoloso. Esistono naturalmente diverse ragioni che hanno permesso alle PMC di prosperare. Come dato di contesto non va dimenticata la geografia della Russia, uno stato esteso tra Europa e Asia, e la sua tendenza storica all’accentramento del potere: entrambi questi fattori hanno da sempre creato le condizioni ideali per l’esistenza di forze armate territoriali o claniche. Venendo alla situazione contemporanea, in primo luogo le PMC rappresentano uno strumento altamente flessibile e adatto a condurre guerre ibride senza il coinvolgimento diretto dello stato che avrebbe ingenti ripercussioni ufficiali sulle relazioni internazionali. In secondo luogo le operazioni delle PMC sono finanziate per la maggior parte da oligarchi, come ad esempio Yevgeny Prigozhin, Gennady Timchenko, Oleg Deripaska o Sergey Isakov per citarne alcuni, e non dallo stato.

Sebbene esistano canali di finanziamento e meccanismi di subordinazione che le connettono alle istituzioni statali, non  vi è un impatto diretto sul bilancio ufficiale del Paese e le PMC operano in un sistema di libera concorrenza e di mercato. Ciò fa si che le PMC siano più economiche da mantenere rispetto alle truppe regolari, garantendo al tempo stesso un più elevato livello tecnologico e una maggiore manovrabilità operativa. Inoltre, lo status di soggetti privati di cui godono le PMC si traduce nella non necessità di monitorarne le perdite e dunque esse non vengono registrate tra le perdite ufficiali. A questo va aggiunto che gli individui che si uniscono alle PMC stipulano contratti volontari di diritto privato e quindi l’amministrazione dello stato non è responsabile nei confronti delle famiglie degli eventuali caduti durante le operazioni.

Un altro vantaggio delle PMC è rappresentato dalla loro composizione, essendo esse formate principalmente da personale selezionato tra i veterani in grado di svolgere missioni più complesse, ma con la possibilità di reclutare velocemente personale a basso costo da usare come “carne da macello”. Infine, col tempo le PMC sono diventate una sorta di status simbol per gli oligarchi che, non diversamente dai nobili e leader locali del passato, hanno cominciato ad impiegarle per proteggere se stessi e le proprie ricchezze, anche in previsione di un possibile collasso o di un colpo di stato in Russia. Venendo a quali sono e come operano le principali PMC russe, non possiamo ovviamente che partire da Wagner.

Fondato ufficialmente nel 2014, all’epoca dell’invasione della Crimea, ma nato dall’unione di diverse PMC, il Gruppo Wagner conta oggi tra i 40 e i 50 mila operatori ed è attivo in Ucraina, Siria, Repubblica Centrafricana, Libia, Sudan, Sud Sudan, Ciad, Mozambico, Congo, Mali, Bielorussia, Burundi, Guinea-Bissau, Venezuela, Nigeria, Madagascar, Botswana, Comore, Ruanda e Lesotho. In ordine di importanza, segue lo spinoff neonazista di Wagner, specializzato in operazioni speciali: il famigerato gruppo Rusich fondato nel 2009 e incorporato come componente autonoma in Wagner nel 2014, attivo con varie decide di operatori in Ucraina, Siria e Repubblica Centrafricana.

A questi si affianca la Legione Imperiale Russa, falange armata del Movimento Imperiale Russo fondata nel 2002, che con diverse centinaia di militanti si occupa prevalentemente delle operazioni di controllo delle province del Donbass, ma ha recentemente esteso la propria attività in Libia e Siria. Infine, nel 2017, é entrata in scena la Sewa Security Services, gestita da un ex dipendente del ministero dell’Interno russo, Evgeny Khodotov, a capo anche della società M-Finance associata a Prigozhin che opera esclusivamente in Repubblica Centroafricana. Tra le PMC non direttamente legate a Wagner va citata il Gruppo RSB, società che dal 2005 offre consulenze e servizi di protezione con uffici legalmente operanti in Africa e Unione Europea e che a detta degli analisti è finanziata e controllata direttamente dall’FSB.

RSB può contare su un numero imprecisato di operatori che operano in Ucraina, Sri Lanka, Libia, nel Golfo di Aden, lo Stretto di Malacca e in Guinea. Esiste inoltre il Centro R, un gruppo di circa 500 operatori finanziati dagli oligarchi Gennady Timchenko e Oleg Deripaska e subordinato al Ministero della Difesa russo. A differenza di altre PMC, il Centro R, nato nel 2018, si occupa esclusivamente di protezione installazioni in Ucraina, Siria, Iraq, Georgia e Somalia un po’ come succede nel caso del servizio di protezione delle installazioni di Gazprom. La lista potrebbe continuare a lungo, ma vogliamo limitarci a segnalare solo altri quattro tra i gruppi più interessanti attualmente attivi. Cominciamo dal Gruppo Patriot, creatura del Ministro della Difesa Sergei Shoigu fondata nel 2018, attivo in Ucraina, Siria, Yemen, Repubblica Centrafricana, Burundi, Sudan e Gabon.

Seguono gli Zar’s Wolves, il gruppo più antico, guidato oggi da Dmitry Olegovich Rogozin, dal 2011 al 2018 Vice Primo Ministro della Federazione Russa, e che opera esclusivamente in Ucraina. Proprio questi due gruppi potrebbero rimpiazzare la Wagner in diversi teatri operativi. Infine, due casi di PMC che si appoggiano sul crowdfunding, ovvero le micro donazioni individuali: la Andreyevsky Krest PMC, un’iniziativa lanciata dalla Chiesa Ortodossa per l’addestramento degli operatori da inviare in Ucraina che ha probabilmente contribuito alla preparazione di più di 2000 individui nei suoi cinque anni di vita, e la Akhmat PMC, una forza composta da circa 4000 operatori e controllata dal leader ceceno Kadyrov.

Concludendo questo breve excursus riteniamo che sia di fondamentale importanza continuare a monitorare l’ecosistema delle PMC russe, non solo come chiave di lettura del conflitto in Ucraina, ma anche e soprattutto per valutare pienamente l’evolversi della politica estera russa e degli equilibri interni di Mosca.



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