Settori della maggioranza sono insofferenti verso il ministro Fitto (e anche verso il sottosegretario Mantovano). Si tratta di messaggi in codice che mirano a colpire il presidente del Consiglio. Sulla partita del Pnrr si gioca il futuro dei piani europei (e interni) di Meloni
In politica, si sa, il nemico non si trova mai di fronte, ma molto spesso di fianco. Non sappiamo se Giorgia Meloni sia consapevole di questa regola universale, ma immaginiamo di sì. Non foss’altro perché, da sempre i governi italiani (compresa la dittatura fascista) cadono per le imboscate degli alleati interni, giammai o quasi per l’offensiva degli oppositori esterni. E siccome il Pnrr costituisce la prova del nove per l’esecutivo in carica, è sul Pnrr che la presidente del Consiglio dovrà mettere in preventivo una raffica supplementare di fuoco amico, i cui proiettili, in verità, sembrano partiti da un pezzo.
Il Pnrr, tra l’altro, non è solo un’occasione irripetibile per ammodernare l’Italia e rendere strutturale la crescita economica. Il successo, o meno, del Pnrr è ritenuto fondamentale anche per le aspirazioni di Meloni in Europa, dove lei intende formare con il Ppe il nuovo asse portante delle politiche prossime venture.
Se il Pnrr made in Italy uscisse fuori strada alla prima curva, con il contributo di settori della stessa maggioranza di governo, addio sogni di gloria, in Europa e anche in Italia. Per Meloni comincerebbe quella via crucis che ha segnato l’esperienza chigiana di molti suoi predecessori.
Adesso Giorgia Meloni è troppo forte per attirare su di sé gli strali dei “nemici in casa”, espressione che era spesso adoperata dalla buonanima di Giuseppe Tatarella, ma in Italia nessuno può ritenersi al riparo da trappole e colpi bassi vari. Neppure gli esecutivi e i premier più blindati. E quando frondisti e malpancisti interni non posseggono la forza di attaccare il numero uno, si passa al piano B: l’attacco, ora in chiaro ora in scuro, al numero due o ai principali collaboratori del capo.
Raffaele Fitto, insieme con Alfredo Mantovano, è la personalità di governo più vicina alla presidente del Consiglio. Non è un caso, forse, che su di lui, regista del Pnrr, si stia concentrando quel fuoco amico, che è sempre meno silenzioso, e che addirittura strada facendo potrebbe fare più rumore di un petardo su un campo di calcio. Idem per Mantovano.
Anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sta subendo un trattamento più o meno analogo, come lasciano intendere parecchie cronache retroscenistiche dai corridoi dei palazzi capitolini. Ovviamente il bersaglio vero resta Meloni, soprattutto ora che si avvicina la verifica elettorale europea (tra un anno).
Forse esiste un solo modo per disinnescare sul nascere le pallottole di parole già puntate su Palazzo Chigi: spersonalizzando la titolarità degli interventi del Pnrr. Anche per questa ragione servirebbe una chiamata corale di tutte le migliori intelligenze giuridiche, economiche, amministrative, ingegneristiche del Paese. Per molti Comuni sprovvisti di professionalità progettuali adeguate sarebbe una benedizione. In caso contrario si rischia la conflittualità permanente, fuori e dentro il governo e, soprattutto, si rischia di perdere un’occasione unica per lo Stivale.
Intendiamoci. In politica i rivali sono più temuti e osteggiati degli avversari. Un’autorità in materia, come Winston Churchill, sosteneva che in politica si corrompono i nemici e si bastonano gli amici. Ma siamo convinti che di fronte a un’opportunità extralarge chiamata Pnrr, il primo ministro inglese avrebbe suggerito agli italiani di fare eccezione, cioè di fare squadra tutti assieme, così come è giusto nei momenti e per i provvedimenti cruciali di un Paese.