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Stati Uniti, quella illogica recessione, senza disoccupazione

Di Lucio Miranda

Recessione alle porte, ma non solo. Siamo di fronte ad una strana tricotomia che prima o poi troverà una soluzione. La nostra speranza è che prevalga il buon senso perché raggiungere l’obiettivo dell’inflazione al 2% con una disoccupazione del dieci, sarebbe una vera e propria vittoria di Pirro. L’analisi di Lucio Miranda presidente di ExportUsa

Recessione, ma senza disoccupazione è questa la nuova parola d’ordine, la nuova tendenza, negli Stati Uniti. Ma com’è possibile che si verifichi un tale fenomeno? Successivamente alla crisi di Lehman Brothers del 2008 la situazione era simile, seppur antitetica: “ripresa economica, senza occupazione” … the jobless recovery, che era un po’ lo specchio, al contrario, di quello a cui stiamo assistendo adesso. Allora era la paura di assumere personale a valle della recessione più feroce dopo gli anni della depressione degli anni 30. Oggi le cause a fondamento di questa situazione sono completamente diverse.

Negli States l’attuale tasso di disoccupazione è tra i più bassi degli ultimi cinquant’anni: il 3,7%, un dato che continua a stupire tutti considerato, appunto, che si continua a parlare di recessione negli Stati Uniti. In realtà questa situazione è facilmente riconducibile al maxipiano di investimenti implementato dal presidente Biden. Un’iniezione di capitale che sta generando nuovi posti di lavoro, incoraggiando l’export delle nostre imprese negli Stati Uniti e favorendo uno sviluppo senza precedenti negli ultimi 30’anni della storia economica statunitense.

Nuove infrastrutture, la transizione all’elettrico e una particolare attenzione all’impiego di tecnologie “green” che – unitamente al riorientamento della “supply chain” e alla spinta al “friend shoring” – sta ristabilendo una relazione commerciale solida tra Europa e Stati Uniti. Tutto ciò ha, giocoforza, generato nuove assunzioni ed ecco spiegato il tasso di disoccupazione al 3.7% dell’America nonostante la politica monetaria restrittiva attuata dalla Fed.

Nonostante questa situazione favorevole e foriera di nuovi stimoli, il Pil degli Usa è in flessione. E potrebbe essere ricondotto al Covid. Dopo la pandemia, la sfida più grande per le aziende Usa è stata quella di trovare nuovo personale per far fronte alla ripresa delle attività economiche. Memori di quella difficile situazione, le imprese sono restie a licenziare per paura di trovarsi nella medesima situazione post pandemica. Questa è, a nostro avviso, una delle ragioni per cui assistiamo a un calo del Pil negli States: i dipendenti vengono tenuti a libro paga, per paura di non riuscire ad assumerne altri in futuro e questo da una parte sostiene i livelli occupazionali, mentre dall’altra determina un deterioramento della produttività e, conseguentemente, un rallentamento nella crescita del Pil.

Secondo noi l’economia americana in questo momento si trova sbilanciata su tre fronti:

– una recessione annunciata che però non trova una giustificazione se pensiamo a un tasso di disoccupazione così sotto la media;
– i dati sul Pil in calo che possono trovare una logica spiegazione nella tutela di posti di lavoro per non rischiare di rimanere senza personale;
– una politica monetaria restrittiva, a fronte di una politica di bilancio espansiva.

Insomma, siamo di fronte ad una strana tricotomia che prima o poi troverà una soluzione. La nostra speranza è che prevalga il buon senso perché raggiungere l’obiettivo dell’inflazione al 2% con una disoccupazione del dieci, sarebbe una vera e propria vittoria di Pirro.

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