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Il tour latino-americano di Raisi deve essere un campanello d’allarme per gli Usa

Il presidente iraniano ha portato con sé una valigia piena di accordi nei energetici, minerari, commerciali e scientifici. Anche Cina e Russia portano i doni di cui hanno bisogno i Paesi della regione. E cosa fanno gli Usa? L’analisi di Emanuele Ottolenghi

I legami tra i regimi di Iran e Venezuela sono sempre più forti. Questa settimana, il presidente iraniano Ebrahim Raisi è stato cinque giorni in Venezuela, Cuba e Nicaragua, per stringere i rapporti con quelli che considera i Paesi alleati nella regione. Insieme alla moglie, Raisi ha incontrato il leader socialista Nicolás Maduro per firmare una serie di nuovi accordi energetici e ratificare la linea anti-occidentale di Caracas e Teheran.

L’asse tra Venezuela e Iran non è nuovo. Dalla Rivoluzione islamica, gli iraniani hanno guardato l’America latina come un territorio fertile per l’esportazione della loro ideologia, a due passi (strategici anche geograficamente) dagli Stati Uniti. Secondo un’analisi di Emanuele Ottolenghi pubblicato su Townhall, ci sono due diversi motivi dietro questa scelta.

Oltre alla vicinanza geografica, “nel corso degli anni, l’Iran ha costruito alleanze tra governo e governo, diffondendo al contempo la sua ideologia attraverso il proselitismo di base, il soft power e piattaforme di disinformazione rivolte al pubblico di lingua spagnola”. Negli anni ’80 l’allargamento della visione iraniana, con tanto di moschee e centri culturali in America latina, è diventato sempre più intenso, grazie alle alleanze transnazionali dell’Iran con movimenti di estrema sinistra e regimi con cui condivide la stessa visione.

Poi c’è il petrolio ad unirli. Il Venezuela ha le riserve petrolifere più grandi del mondo ed è stata alleata dell’Iran per più di 20 anni. “I due regimi hanno costruito iniziative imprenditoriali e istituzioni finanziarie in Venezuela che hanno utilizzato per riciclare denaro iraniano e procurarsi tecnologia sanzionata – spiega Ottolenghi -. Hanno anche stabilito voli commerciali diretti tra le loro capitali e avviato la cooperazione militare”.

Recentemente, il Venezuela è diventato sempre più dipendente dall’Iran in quanto a rifornimento energetico. I problemi economici e infrastrutturali del Paese sudamericano – non solo da quanto sono iniziate le sanzioni, ma anche prima – hanno lasciato spazio all’assistenza iraniana, che ha sempre più influenza nella regione.

E poi c’è stato un cambiamento regionale. “Potenze emergenti come Cina e Russia hanno cercato di soppiantare l’America offrendo opportunità commerciali, aiuti militari, investimenti e tecnologia senza il tipo di vincoli legati al tradizionale impegno americano”, spiega l’analista. Il loro successo è notevole: “Prendiamo la Cina: il suo commercio con l’America Latina è cresciuto di 26 volte tra il 2000 e il 2020; il commercio della regione con la Cina costituisce ora quasi il 9% del Pil della regione, rispetto a meno dell’1% nel 2000”.

L’Iran non ha intenzioni di lasciare il territorio, conquistato da tempo, in mano a russi e cinesi: “Il tema della resistenza contro l’egemonia americana ha dominato la retorica della visita di Raisi a Caracas e ha accompagnato il suo viaggio verso L’Avana e Managua. Lì, dittatori che la pensano allo stesso modo presiedono economie piccole e in difficoltà, cercando di mantenere il loro potere senza concessioni alla democrazia e ai diritti umani”.

Cosa possono fare gli Stati Uniti? Sicuramente ascoltare i bisogni dei Paesi latinoamericani, e non solo impartire vecchie (anche se utili) lezioni su democrazia, corruzione o diritti umani. L’America latina “vuole accordi di libero scambio, infrastrutture del 21° secolo, opportunità di sviluppo, industrializzazione, mercati per i prodotti agricoli e accesso all’istruzione superiore del primo mondo – prosegue Ottolenghi -. Cina, Russia e ora Iran sono quelli che portano i doni di cui hanno bisogno”.

Raisi ha portato al suo tour latino-americano una valigia piena di accordi di cooperazione nei settori minerario, marittimo, petrolchimico e petrolifero, commercio, telecomunicazioni, scienza e innovazione, ricerca medica e farmaceutica, agricoltura, cultura, scambi accademici e altro ancora.

Ottolenghi conclude che la visita di Raisi a Caracas dovrebbe essere un campanello d’allarme per il governo americano, anche se a prima vista potrebbe essere sottovalutata.

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