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L’Ue della salute, un cantiere aperto. Idee a confronto presso Esperienza Europa

Di Maria Elisabetta Gramolini

Alla sede di Esperienza Europa “David Sassoli” un dibattito promosso dalla rappresentanza in Italia del Parlamento europeo e dalla Cattolica sul percorso da fare per garantire la tutela della salute

Nuove regole, chiare e condivise. Gli Stati membri dell’Unione europea concordano che lo choc dato dagli anni di pandemia abbia segnato un punto di non ritorno e ora vogliono lavorare insieme per trovare gli strumenti giusti. Il sasso nello stagno è stato lanciato nel 2020 dalla presidente Ursula von der Leyen quando ha annunciato l’Unione europea della salute.

A come si stiano muovendo gli attori europei e italiani per sostenere questo cammino è stato dedicato il dibattito “La tutela della salute a livello europeo: una scommessa per il futuro”, promosso dalla rappresentanza in Italia del Parlamento europeo, in collaborazione con la rappresentanza in Italia della Commissione europea e con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, presso la sede di Esperienza Europa “David Sassoli” a Roma.

Tra gli ospiti, Sandra Gallina, direttore generale della Direzione generale per la salute e la sicurezza alimentare della Commissione europea, Carlo Corazza, rappresentante in Italia del Parlamento europeo, Antonio Parenti, direttore della rappresentanza in Italia della Commissione europea, Franco Anelli, rettore della Università Cattolica del Sacro Cuore, Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova, Brando BenifeiFabio Massimo Castaldo e Anna Bonfrisco, parlamentari europei, Nicoletta Luppi, vice presidente di Farmindustria, Domenico Mantoan, direttore generale dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), Marina Zanchi direttore dell’Agenzia esecutiva Salute e Digitale (HaDEA), Antonio Gasbarrini, preside della facoltà di medicina della Università Cattolica del Sacro Cuore e Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. L’incontro è stato moderato dal direttore di Formiche e Healthcare policy, Flavia Giacobbe.

Dal 2020 alcuni passi sono stati compiuti, come ad esempio la stesura da parte del Consiglio europeo, lo scorso 24 ottobre, degli elementi costitutivi dell’Unione europea della salute, attraverso il regolamento relativo alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, il regolamento sull’ampliamento del mandato del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e il regolamento relativo a un quadro di emergenza inteso a conferire poteri supplementari all’Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (Hera).

Spazio ai dati sanitari

La salute è una dimensione globale. A ricordarlo alla platea è stato il ministro della Salute, Orazio Schillaci.“La tutela della salute richiede una collaborazione costante. Attraverso un impegno sinergico e condiviso si potrà garantire che la salute rimanga un tema centrale e prioritario. Per questo, nonostante le difficoltà economiche il governo italiano ha aumentato le risorse per il triennio 2023-2026. Grazie ai fondi del Pnrr, siamo pronti ad affrontare le sfide”.

In particolare, il ministro ha ricordato il lavoro in corso per implementare il fascicolo sanitario elettronico, prima in ambito nazionale e poi, con successiva interoperabilità, nel territorio dell’Unione europea. “La sfida da vincere – ha detto – è creare un ambiente in cui i dati sanitari possano essere condivisi e utilizzati in modo sicuro, nella tutela della riservatezza dei dati stessi di ogni cittadino”.

Cantieri aperti

Il Covid-19 ha messo in luce la risposta da parte del Vecchio continente che oggi intende portare a segno l’obiettivo dell’Unione europea della salute. Lanciata per la prima volta nel 2020, l’iniziativa è diventata oggi un “vero regolamento”, come ha sottolineato Sandra Gallina.

“Abbiamo inserito la revisione del mandato dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), che avrà i poteri per affrontare anche le penurie. L’Ecdc avrà la possibilità di mandare degli ispettori per vedere se i Paesi seguono i piani. Anche per la Commissione abbiamo poteri più grandi. Ciò significa che in futuro, in caso di una pandemia, possiamo operare senza aspettare l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)” ha affermato.

Tanti i progetti in capo alla Direzione, definiti dallo stesso direttore Gallina “cantieri aperti”: il primo, intitolato “L’Europa batte il cancro”, vede lo stanziamento di 4 miliardi di euro, un altro riguarda la resistenza antimicrobica, “cioè – ha detto – una raccomandazione accolta entusiasticamente dagli Stati”.

Poi c’è il capitolo a parte dedicato alla salute One health sul quale il direttore annuncia un grande evento a Lussemburgo il prossimo 13 novembre che “sarà – ha dichiarato – una occasione particolare, non burocratica”.

Impegno sui temi della salute umana e dell’ambiente

Oggi Bruxelles dimostra di avere molto interesse verso i temi della salute umana e dell’ambiente, così come ha sottolineato Carlo Corazza. “La pandemia ha cambiato tutto, ci ha aiutato ad essere più lucidi e ad andare verso l’Unione europea della salute. Ci siamo resi conto – ha osservato – che la nostra cooperazione non era sufficiente”. Gli ha fatto eco Antonio Parenti che ha rimarcato come “nella Conferenza sul futuro dell’Europa, uno dei temi che maggiormente ha attirato l’attenzione è proprio il tema della salute”.

L’approccio scientifico che manca

Chi ha ricordato il tema della scarsa conoscenza della scienza è Franco Anelli. Durante la pandemia, secondo il rettore, “c’è stato un approccio che ha disconosciuto l’approccio scientifico, che si basa sulla prova, sul fallimento e sulla riprova, finché non si giunge a una soluzione”. E infatti, “la reazione di una parte dell’opinione pubblica è stata di diffidenza” verso i vaccini, sebbene “non sia mai stato inventato un farmaco alieno da rischi”.

Dalla formazione alla volontà politica

Una lente di ingrandimento su come raccogliere l’eredità della pandemia nei diversi scenari è stata posta durante la tavola rotonda. Matteo Bassetti ha posto l’accento, a livello italiano, sul problema a suo parere più grosso, ovvero la formazione: “Molti dei medici – ha ricordato – appartengono a una generazione che non ha ricevuto una preparazione universitaria che prevedesse la malattie infettive come materia obbligatoria”. Altro tema è il fascicolo elettronico, “è assurdo – ha commentato – che un paziente debba portarsi le analisi e i referti da un ospedale a un altro”.

Di passi importanti compiuti invece a livello comunitario, ha parlato invece Fabio Massimo Castaldo: “Il tema della salute pubblica ha trovato un riconoscimento nel trattato di Maastricht e poi di Amsterdam”. Anche se ha riconosciuto come il nodo sia ancora la frammentazione della legislazione dell’Unione sulla materia: “Su questo però a livello politico sono scettico perché c’è la paura che i veti posti da un altro Stato facciano naufragare tutto”.

Di strumenti in più rispetto al passato, ha parlato Anna Bonfrisco. “Abbiamo l’obbligo di guardare avanti facendo tesoro delle lezioni apprese – ha detto – fra queste c’è anche il fatto che abbiamo avuto pochi strumenti da mettere in campo in un contesto straordinario”.

Attrazione di capitali e gestione regionale

Per Nicoletta Luppi durante la pandemia non avremmo vinto la battaglia contro il virus senza l’innovazione e l’asse pubblico-privato che ha funzionato. Oggi la necessità per Luppi è rendere l’Europa attrattiva sul piano degli investimenti dei capitali esteri. A proposito della revisione della strategia del pharma, avanzata ad aprile dalla Commissione, per la numero due di Farmindustria non ci sono solo preoccupazioni.

“Gli obiettivi infatti li sposiamo tutti, sono straordinari perché tutti vogliamo arrivare a una salute accessibile per tutti e un farmaco giusto per la persona. Ma il problema sta nelle proposte che devono essere chiare per tutti”. Secondo Domenico Mantoan l’Italia ha affrontato “in maniera più che dignitosa la pandemia”.

Ora bisogna rivedere la sanità sul territorio, così come vuole fare il Pnrrr e la riforma dei servizi di telemedicina. “Il sistema – ha spiegato – quando sarà finito produrrà una quantità di dati sanitari. Il problema sarà farli circolare per via della privacy e dovremo trovare un modo per contemperare gli interessi del cittadino”. Per il direttore dell’Agenas, la gestione della sanità italiana deve rimanere in mano alle regioni, “perché – ha detto – almeno nelle regioni ogni cinque anni il presidente subisce un market test. Quindi che la gestione rimanga alle regioni è sacrosanta”.

Progetti digitali e rapporti umani

Istituita dalla Commissione durante la pandemia, l’Agenzia esecutiva Salute e Digitale (HaDEA) oggi  ha il mandato di “spendere bene i fondi per i programmi”, come descrive il direttore Marina Zanchi. “Interveniamo nella gestione dei programmi dall’inizio alla fine. Possiamo fare molto perché i progetti siano implementati bene. Abbiamo procedure strettissime, nel campo della ricerca viene pagata l’eccellenza e l’innovazione, ma l’uso è deciso in base agli esperti esterni, chiamati ad hoc, per garantire la trasparenza nel procedimento”.

Di scetticismo verso la telemedicina ha parlato invece Antonio Gasbarrini. “Bisogna – ha raccontato – ascoltare i pazienti. Sono terrorizzato dalla telemedicina, i pazienti si visitano parlando e ascoltandoli”. “Non si può fare solo alta tecnologia, sarebbe pericolosissimo. Chi fa il medico deve ridare qualcosa, visitare il paziente a volte piangere con lui”.

Prestazioni e sinergie per i cittadini

Dubbi sull’accesso equo alle cure per tutti li ha sollevati Nino Cartabellotta. In Italia, “abbiamo il paniere di livelli essenziali di assistenza più ampio in Europa, ma non riusciamo a garantirli a tutti. È vero – ha continuato – che abbiamo molti centri di eccellenza ma non bastano”.

Duro anche riguardo alla proposta di autonomia differenziata che potrebbe allargare, secondo il presidente di Gimbe, le attuali diseguaglianze fra territori. Infine, con uno sguardo alla strada compiuta dall’Unione europea, Brando Benifei, parlamentare europeo e capo delegazione Pd, ha ricordato che la materia sanitaria non sia completamente comunitaria e come serva fare sinergie per lavorare fra i vari livelli, “al fine di far consentire ai cittadini l’accesso alla salute e la giusta informazione per comprendere le trasformazioni in atto”.

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