Skip to main content

Export verso la Cina, gli Usa pensano alla stretta sui chip per l’IA (come quelli Nvidia)

L’amministrazione Biden sta valutando una serie di nuove restrizioni sulle esportazioni dei microchip per l’intelligenza artificiale (utili anche per armi e hacking) nel tentativo di limitare ulteriormente l’accesso di Pechino alla tecnologia con risvolti militari. Ma Nvidia…

Nella Casa Bianca c’è aria di ulteriori restrizioni verso la Cina. Secondo il Wall Street Journal l’amministrazione a guida Joe Biden sta pensando di estendere i controlli alle esportazioni dei semiconduttori per l’intelligenza artificiale. Il Dipartimento del Commercio “potrebbe muoversi già all’inizio del prossimo mese per bloccare le spedizioni di chip prodotti da Nvidia” e altri chipmaker verso “clienti in Cina e in altri Paesi a rischio”.  Non solo: c’è la possibilità che gli Usa limitino anche l’affitto di servizi cloud alle aziende cinesi di IA, che utilizzano accordi del genere per eludere gli ostacoli statunitensi.

Si tratterebbe di un’espansione delle misure di export control dello scorso ottobre, pensate per limitare l’accesso ai chip (e agli strumenti per fabbricarli) più avanzati. Una classe di prodotti in grado di mettere il turbo all’economia, ma anche allo sviluppo militare, come nel campo delle armi intelligenti e degli attacchi informatici o chimici. E con l’avanzare della rivoluzione IA, sta diventando più evidente come questa tecnologia possa essere un moltiplicatore di forza.

Una mossa del genere andrebbe a impattare le realtà come Nvidia, che grazie ai semiconduttori progettati appositamente per l’IA è diventato il primo chipmaker a superare i mille miliardi di dollari in capitalizzazione di mercato. L’azienda aveva reagito alle restrizioni dello scorso ottobre realizzando una versione dei suoi chip IA per il mercato cinese, chiamata A800, che non raggiungeva le soglie di prestazioni indicate dal Dipartimento del Commercio. Secondo le indiscrezioni del WSJ, la nuova stretta andrebbe a colpire anche questi chip – con il prevedibile sommo dispiacere di Nvidia.

Nell’ambito di un più ampio processo di derisking economico dalla Cina, il chipmaker è tra quelli che resistono alla marea. E dato che anche Washington sta investendo miliardi per rafforzare la propria industria tech, ha avvertito il ceo Jensen Huang, le aziende statunitensi rischiano di subire “danni enormi” dall’escalation di questa battaglia. “Se veniamo privati del mercato cinese (che per Nvidia vale un terzo delle vendite, ndr) non abbiamo alcuna possibilità di farcela. Non c’è un’altra Cina, c’è solo la Cina”, ha detto al Financial Times.

Tra gli scontenti ci sarà sicuramente anche Pechino, che sta minacciando Paesi come Olanda e Giappone (altri due colli di bottiglia cruciali nell’industria dei chip avanzati) da quando si sono allineati al regime di controllo delle esportazioni cinese. Per ripicca, il partito-Stato ha deciso di bandire i semiconduttori della statunitense Micron dalle proprie infrastrutture critiche. E potrebbe a sua volta espandere questo genere di interventi, limitando l’accesso al suo mercato interno – che come ha sottolineato Huang rimane un’enorme opportunità commerciale – alle aziende dei Paesi che ostacolano il suo sviluppo.

Parallelamente, la Cina si sta giocando tutte le sue carte per vincere la guerra dei chip. Oltre al tentare di dividere gli alleati e mettere in campo strategie di deterrenza, il partito-Stato lavora sullo spionaggio industriale e sul potenziare la propria industria dei semiconduttori. Vale anche per il settore dell’intelligenza artificiale, dove Pechino sta compiendo sforzi significativi per recuperare il ritardo rispetto agli Stati Uniti a suon di investimenti massicci.

Unite agli sforzi dei titani tecnologici come ByteDance, JD.com e Baidu e alle condizioni di mercato ideali per far germogliare dei nuovi campioni tecnologici, queste mosse hanno provocato un’impennata di investimenti e operazioni di venture capital nel settore dell’IA – già 15 miliardi di dollari quest’anno, secondo Bloomberg. Tuttavia, i numeri non sono comparabili a quelli statunitensi (oltre 26 miliardi nel 2023 e oltre 200 nei tre anni precedenti). Ma è quasi certo che il regime di Xi Jinping provvederà a iniettare molti più fondi in un’industria così critica.

Gli Stati Uniti hanno anche altri vantaggi, come il fatto che la vera innovazione richieda l’esplorazione e la sperimentazione libera che loro promuovono, e la Cina limita con la censura e le strette normative. Inoltre, i campioni di dati necessari per addestrare i sistemi IA potrebbero essere intrinsecamente difettosi e artificialmente limitati proprio a causa del controllo ideologico del partito-Stato. A ciò si aggiungono le restrizioni già esistenti; se Washington decidesse di stringere ulteriormente il cappio, potrebbe riuscire a soffocare le velleità di supremazia tecnologica di Pechino.


×

Iscriviti alla newsletter