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Wagner colpita in Libia dai droni turchi di Tripoli. Dubbi e contesto

Dalla Libia rumors su un possibile bombardamento contro le postazioni della Wagner. Perplessità sull’accaduto, che comunque crea caos in un contesto delicato. I commenti di Mezran (Acus) e Bressan (Lumsa/Ndcf)

Una fonte del ministero della Difesa libico ha rivelato ad Arab 21 che droni appartenenti al Governo di unità nazionale (Gnu) hanno bombardato siti del gruppo russo presso la base di Kharouba nell’est del Paese. Si tratta dell’aeroporto militare noto come al Khadim, centro della protezione aerea che unità russe, emiratine ed egiziane avevano fornito al tentativo di conquista di Tripoli che il capo miliziano di Bengasi, Khalifa Haftar, aveva lanciato tra aprile 2019 e ottobre 2020.

La circostanza è sorprendente, anche se le notizie non sono ufficialmente confermate: anzi, dalla Cirenaica arrivano già smentite. La fonte di Arabi 21 — un sito piuttosto seguito, basato a Londra — sostiene che siano stati usati dei velivoli senza pilota da attacco al suolo di fabbricazione turca. Nello specifico gli Akinci, ricevuti dal governo libico tramite l’accordo di cooperazione militare siglato con Ankara (lo stesso che ha permesso al precedente governo di Tripoli di respingere l’assalto di Haftar).

La base di al Khadim, a est di al Marj, è una delle postazioni logistiche utilizzate dal gruppo mercenario russo che la scorsa settimana ha sfidato il potere putiniano. L’infrastruttura è molto controllata dalle intelligence occidentali, innanzitutto dalla Cia. Quando nei mesi scorsi il capo dell’agenzia, William Burns, era andato in missione in Libia aveva incontrato sia il premier Abdelhamid Dabaiba che Haftar con il tentativo di trovare il modo di estromettere la Wagner dal Paese — a cominciare da al Khadim.

I tentativi di contatto con Haftar, sia quello privato che quelli pubblici (come l’incontro a Palazzo Chigi con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni) servono anche a questo: cecare di sganciare il capo miliziano dal gruppo di Yvgeny Prigozhin. Haftar è un interlocutore che controlla una parte di Paese, al di là delle responsabilità (passate e in parte presenti) sulla destabilizzazione, in molti credono che dovrebbe essere incluso nel processo di ricomposizione socio-politica-istituzionale in corso. Ma soltanto a patto che divida il suo destino da quello dell’unità russa.

Dall’Est libico sono arrivate varie smentite sul presunto bombardamento. Fonti spiegano che la situazione non è chiara, ma quanto accade significa che ci sono interessi nel complicare il quadro attuale. Se l’attacco fosse stato realmente condotto, allora significherebbe che il cessate il fuoco tra le forze haftariane e quelle tripolitane potrebbe guastarsi — a meno che effettivamente Haftar non sia d’accordo di lasciar colpire le postazioni russe. Se non fosse avvenuto, resta comunque che qualcuno sembra interessato ad alterare gli equilibri attraverso la diffusione di informazioni false.

Non sarebbe sorprendente. “Nonostante il ritiro di alcuni gruppi armati, compresi le milizie della Wagner e i mercenari della Siria, nel futuro imminente nulla suggerisce che la Libia sarà libera da influenze straniere”, ha dichiarato nei giorni scorsi Stefano Turchetto, comandante dell’operazione “Irini” in audizione al Parlamento europeo per aggiornare gli eurodeputati sugli sviluppi della missione lanciata per contrastare il traffico di armi da e verso la Libia. Ossia: ingerenze e potenziali destabilizzazioni sono possibili anche da altre forze politico-militari oltre alla Wagner.

È inoltre possibile che in questo momento ci sia il tentativo di approfittare della fase caotica attorno al futuro della società di Prigozhin per regolare qualche conto. Wagner in Libia, e più in generale in Africa, è considerata una presenza destabilizzante, ma al punto di dover essere colpita in una fase di incertezza? “La situazione è molto delicata perché queste notizie, che siano vere o false, sono comunque un fattore destabilizzante”, risponde Karim Mezran, senior fellow all’Atlantic Council e tra i massimi esperti del puzzle libico. “Il rischio — aggiunge — è che attori interni e potenze regionali cerchino di approfittare dell’apparente caos attorno ai contractor militari russi per guadagnare presa e posizioni. Ma questo apre a scenari preoccupanti, perché la possibilità di botta e risposta che avviino il ritorno dei combattimenti, in Libia, c’è sempre”.

Il bilanciamento delle forze straniere nel Paese, siano esse turche, della Wagner o delle milizie del Sudan, del Ciad e del Niger, ha rappresentato un fattore di tenuta dello stesso cessate il fuoco raggiunto il 20 ottobre del 2020. Matteo Bressan, docente di Studi Strategici presso Lumsa Master School e analista del Nato Defense College Foundation ricorda che più volte, nei suoi reiterati tentativi, l’inviato speciale dell’Onu e capo missione Unsmil, Abdulaye Bathily, ha evidenziato come il ritiro di tutte queste forze straniere sia essenziale nel processo di stabilizzazione libica.

“Questo è un presupposto che viene ancora prima di accertare cosa sia realmente accaduto nella base aerea di Al Khadim. Al tempo stesso, dobbiamo anche tenere a mente che nessun attore esterno ha interesse a fare il primo passo, avvantaggiando così gli altri competitor. Inoltre, indipendentemente da quelle che saranno le sorti della Wagner e i suoi rapporti con gli apparati di sicurezza della Russia, l’impronta di Mosca in Africa continuerà ad essere un vettore imprescindibile di politica estera”.

Bressan sottolinea che questa è una costante della politica del Cremlino che continua ad allarmare non poco gli Stati Uniti — con il comando regionale del Pentagono, AfriCom, molto attivo anche sulla Libia — e che “ha visto la Wagner protagonista di campagne di disinformazione nei confronti della Francia funzionali a penetrare sempre di più nel continente africano, esportando il suo modello di controinsurrezione. Non è quindi un caso che pochi giorni fa il Ministro degli Esteri [Sergei] Lavrov abbia ribadito la prosecuzione delle attività degli istruttori russi (senza nominare la Wagner) in Mali e nella Repubblica Centrafricana, così come la preparazione del prossimo Russia-Africa Summit previsto per la fine di luglio”.


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