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Prigozhin e i suoi mercenari. Storia di un potere fuorilegge

Di Federica Saini Fasanotti

L’espansione del Wagner Group, gli attori protagonisti del tentativo di golpe in Russia, nel continente africano prosegue anche se, da marzo 2018, la Russia ha messo fuori legge il mercenariato, ai sensi dell’articolo 359 del Codice penale. Oltre a evitare le perdite militari, questi appaltatori privati forniscono al Cremlino la possibilità di negare qualunque coinvolgimento delle forze regolari russe nella violazione dei diritti umani. L’analisi di Federica Saini Fasanotti, senior associate presso l’Ispi

Non c’è dubbio che la Russia stia intensificando la sua competizione con gli Stati Uniti in Africa. E lo fa in maniera asimmetrica, utilizzando attori teoricamente privati, ma in realtà legati allo Stato come la società di sicurezza Wagner group, Wg, e la famigerata troll farm di San Pietroburgo, la Internet research agency, Ira.

Entrambe rappresentano una grave minaccia per la democrazia e lo stato di diritto in Africa e non solo. Dal 2006 il presidente Vladimir Putin ha cercato di ricostruire la presenza e il ruolo della Russia in Africa, notevolmente indebolito dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991.

A riprova di ciò, tra il 2015 e il 2019 Mosca ha firmato 19 accordi di collaborazione con governi africani. Buona parte di questi riguardano la vendita di armi. Nella sua strategia africana, il Cremlino è motivato soprattutto dal desiderio di ostacolare gli obiettivi politici degli Stati Uniti, quasi a prescindere dalla loro sostanza.

Considerando l’Africa come “una delle priorità della politica estera russa”, il presidente russo sta cercando di creare dipendenza dalle risorse militari di Mosca e di accedere, allo stesso tempo, a quelle africane, puntando a Paesi con governi fragili, ma spesso ricchi di importanti materie prime come petrolio, oro, diamanti, uranio e manganese.

Sulla carta, il Wg lavora per risolvere i complessi conflitti militari e terroristici locali che i governi africani hanno dovuto e continuano ad affrontare, senza vincoli in materia di diritti umani, a differenza degli Stati Uniti.

In cambio, per la Russia sul piatto ci sono concessioni sulle risorse naturali, contratti commerciali imponenti o accesso a luoghi strategici, come basi aeree e porti. L’espansione della presenza del Wg nel continente avviene nonostante da marzo 2018 la Russia abbia messo fuori legge il mercenariato, ai sensi dell’articolo 359 del codice penale.

Oltre a evitare le perdite militari che a lungo andare scatenerebbero proteste pubbliche e un controllo maggiore da parte degli Usa, questi appaltatori privati forniscono al Cremlino, oltre che un’ottima attività di Intelligence, la possibilità di negare qualunque coinvolgimento delle forze regolari russe nella violazione dei diritti umani.

Essi, inoltre, permettono a Putin di agire negli scontri militari con gli Usa per procura, senza che le truppe russe siano direttamente coinvolte. Nel 2018, ad esempio, circa 300 contractor del Wagner si sono scontrati con le forze operative speciali statunitensi a Deir el-Zour, in Siria, accumulando almeno un centinaio di perdite sul terreno.

L’uso da parte di Mosca di mercenari per promuovere i propri scopi ha radici che risalgono agli anni Novanta, quando alcune compagnie private russe, come il Moran security group e gli Slavonic corps, iniziarono a fornire servizi di sicurezza agli uomini d’affari russi in Africa.

Tuttavia, il punto di svolta principale nell’uso sistematico da parte di Mosca di questi contractor è avvenuto nel 2014, quando l’occidente le ha imposto diverse sanzioni dopo l’annessione della Crimea e la destabilizzazione nel Donbass.

Il Wg – fondato da un ex ufficiale delle forze speciali della Direzione principale dell’Intelligence dello Stato maggiore delle Forze armate russe, Gru – ha svolto un ruolo di primo piano nelle operazioni del 2014 in Ucraina, fornendo al Cremlino un’anteprima delle sue capacità e della sua utilità per le manovre in altre parti del mondo.

Come l’Ira, il Wg è finanziato dall’oligarca Yevgeny Prigozhin, legato a doppio filo al Cremlino, come si è visto negli ultimi mesi. I suoi uomini non sono tuttavia solo in Ucraina, ma negli ultimi anni sono stati impiegati in tutto il Medio Oriente e in Africa: Siria, Yemen, Libia, Sudan, Mozambico, Madagascar, Repubblica Centrafricana e Mali sono solo alcuni dei Paesi dove i mercenari del Wg sono attivi.

Nel 2017, ad esempio, Prigozhin ha schierato circa 500 uomini per sedare le rivolte locali contro il governo del dittatore sudanese Omar al-Bashir, ricevendo in cambio i diritti esclusivi per l’estrazione dell’oro in Sudan, attraverso la sua società M-Invest.

Particolare non di poco conto il fatto che, prima del suo rovesciamento nell’aprile 2019, Bashir abbia offerto a Mosca una base navale sul mar Rosso. Nella Repubblica Centrafricana, Rca, dal 2018 il Wagner sostiene il debole governo del presidente Faustin-Archange Touadéra, il cui mandato si estende poco oltre la capitale, contro vari gruppi ribelli.

Il suo arrivo in Rca ha coinciso con l’assegnazione di licenze per l’estrazione di diamanti e oro a una società legata a Prigozhin.

La società di sicurezza russa è stata ampiamente accusata di perpetrare gravi violazioni dei diritti umani e di molestare le forze di pace, i giornalisti, gli operatori umanitari e le minoranze, mettendo il governo locale in netto contrasto con le Nazioni Unite e i governi occidentali, che chiedono sempre più spesso al Paese di porre fine ai rapporti con l’azienda russa, minacciando di togliere ogni tipo di assistenza.

A conferma di ciò, infatti, nel dicembre 2021 l’Unione europea ha sospeso la propria missione di addestramento militare nel Paese. Nel Maghreb, la posizione geostrategica della Libia sulla costa mediterranea, le sue risorse petrolifere e naturali hanno attratto Mosca.

Con l’accesso a un solo porto nel Mediterraneo, nella struttura siriana di Tartus, la presenza militare russa nella regione non può competere con la Standing naval force mediterranean della Nato e con la Sesta flotta della Marina statunitense con sede a Napoli.

Per questo il Wg ha partecipato attivamente alla terza guerra civile libica scoppiata nell’aprile 2019 e durata più di un anno, fornendo consulenza, assistenza e addestramento e ricorrendo a mezzi indiscriminati come lo sminamento di aree civili.

Alla stregua di altri gruppi di mercenari e milizie straniere attive nel Paese, nel 2020 il Wg ha ignorato la richiesta della Conferenza di Berlino sponsorizzata dalle Nazioni Unite di allontanarsi dalla Libia. La Russia ha negato ogni responsabilità per le azioni del Wagner e per gli effetti deleteri sugli sforzi di mediazione di pace delle Nazioni Unite.

Tra le ultime preoccupanti aree di influenza del gruppo Wagner in Africa c’è il Mali, dove gli islamisti rimangono potenti e il governo, frutto di un golpe militare, è instabile. Nel Paese operano numerosi gruppi terroristici jihadisti, movimenti regionali Tuareg e altre autonomie.

Tra questi vi sono pericolosi affiliati di al-Qaeda Sahel come Jama’a Nusrat ul-Islam wa al-Muslimin e lo Stato islamico nel grande Sahara. La Francia, impegnata militarmente in Mali dal 2013, è stata sostenuta da altri Paesi europei e dagli Stati Uniti, nonché da Paesi africani nell’ambito della Joint task force del G5 Sahel.

Ma l’arrivo del Wagner ha sparigliato le carte, spingendo Parigi a diminuire il proprio contingente nel 2022. La giunta militare che ha preso il potere nell’agosto 2020, già debole, si sta rivolgendo ai russi.

Con l’accesso a miniere di uranio, diamanti e oro come probabile contropartita, un dispiegamento di mille contractor del Wagner group sta addestrando i soldati maliani a proteggere i propri funzionari governativi, a discapito della popolazione civile, oggetto di violenze continue.

In Africa, la guerra ibrida russa a basso costo e la competizione con gli Stati Uniti e i suoi alleati vanno al di là del dominio militare, estendendosi alle tattiche di disinformazione.

Come in altre parti del mondo, compresi gli stessi Stati Uniti nel caso delle elezioni presidenziali del 2016, maestri della disinformazione come l’Ira cercano di accendere il conflitto sociale e di minare il sostegno alla democrazia sulla falsariga di quanto successo, per esempio, per le elezioni presidenziali del 2018 in Madagascar.

Nel frattempo, in Mali, l’Ira ha accusato i francesi di compiere operazioni di controinsorgenza che miravano a sfruttare miniere di uranio locali. Per contrastare la pericolosa attività di organizzazioni come l’Ira, Washington ha imposto sanzioni contro persone ed entità collegate, come il Wagner, e l’Ue l’ha seguita a stretto giro.

Tuttavia, come nel caso di quelle contro i funzionari governativi russi, le sanzioni non hanno portato a cambiamenti rilevanti nell’attività di questi soggetti. La loro presenza nel continente africano, al contrario, sta influenzando il modus agendi di molti governi locali.

Emblematica in questo senso la votazione del 2 marzo 2022 dell’Assemblea generale dell’Onu per la condanna del comportamento russo riguardo all’invasione dell’Ucraina.

Su 54 nazioni africane, 17 si sono astenute, 8 non hanno volutamente partecipato e una, l’Eritrea, ha votato a favore della Russia. Numeri che dicono molto più di tante parole.

(Articolo pubblicato sulla rivista Formiche)


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