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Accordo Ue-Tunisia, cosa non convince. L’opinione di Cellino (Meis)

Di Andrea Cellino

Non solo gli interessi europei, ma anche quelli italiani non uscirebbero protetti né rafforzati dall’accordo con Tunisi firmato recentemente dal “Team Europe”. Ecco perché secondo Andrea Cellino, senior fellow presso il Middle East Institute Switzerland, Ginevra

L’accordo firmato dal “Team Europe” (composto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, la premier Giorgia Meloni e il primo ministro olandese Mark Rutte) e il presidente tunisino Kais Saied rischia di far scivolare definitivamente la Tunisia verso una consolidata dittatura oltre ad incentivare i trafficanti piuttosto che combatterli. Di fatto completando l’inversione autoritaria operata dal presidente Saied dal 2021 in poi a scapito del percorso democratico che inaugurò le primavere arabe dieci anni prima.

Il memorandum d’intesa firmato il 16 luglio si focalizza su cinque aree: stabilità macroeconomica, economia e commercio, transizione energetica verde, riavvicinamento tra i popoli, migrazione e mobilità. Il testo, insieme alle dichiarazioni dei leader europei, propone di concretizzare l’intenzione di Bruxelles di stanziare alla Tunisia circa 250 milioni di euro nelle prossime settimane attraverso il Fondo europeo per lo Sviluppo Sostenibile (EFSD), un fondo che eroga fondi a Paesi terzi vicini all’Unione europea. Tuttavia, le aspirazioni sono maggiori: “Team Europe” ha più volte dichiarato di voler destinare altri 900 milioni di euro al Paese nordafricano, ma solo previa conclusione dell’accordo con il Fondo Monetario Internazionale, che vedrebbe altri 1.9 miliardi di dollari destinati a Cartagine.

Il testo dell’accordo, tuttavia, formula le intenzioni dell’Unione europea in modo estremamente vago. Le modalità delle appropriazioni di fondi non sono specificate, così come le eventuali condizionalità che i leader europei legittimamente imporrebbero alla Tunisia.

La vaghezza del memorandum si può constatare anche nelle parti dedicate allo sviluppo economico, all’economia verde e al rafforzamento delle relazioni “tra i popoli”. Il linguaggio esprime generiche intenzioni di sostegno all’economia e al benessere della Tunisia, in tipico gergo euro-burocratico, senza individuare concrete misure in cui tale sostegno si tradurrà. Anzi, tali elementi del testo parrebbero meri riempitivi per offuscare il vero scopo del documento: inquadrare la questione della migrazione.

La parte finale dell’accordo dedicata alla migrazione rende evidente che i leader europei aspirerebbero forse a concludere con la Tunisia un accordo simile a quello siglato con la Turchia nel 2016, fornendo aiuto economico in cambio del controllo dei migranti. Ma il testo non arriva a tale livello di chiarezza. Al contrario, la leadership europea pare concentrata sulla necessità di perpetuare l’esternalizzazione del controllo delle frontiere, al punto di cedere completamente alla logica sovranista e razzista del presidente tunisino. Infatti, nonostante un generico riferimento alla necessità di proteggere i diritti umani nell’ambito della migrazione, il testo chiarisce che l’obbligo di tale rispetto si applicherebbe per la Tunisia alla lotta contro il traffico di esseri umani, ma senza andare oltre.

Nello specifico, nel memorandum si legge che “questo approccio (ovvero quello di combattere i trafficanti di umani) sarà basato sul rispetto dei diritti umani”, e che “le due parti sono d’accordo nel sostenere il ritorno dei migranti irregolari in Tunisia verso i paesi d’origine nel rispetto … della loro dignità”.  E questo nonostante i leader europei siano ben consapevoli che da quando il presidente Tunisino ha preso il potere, altro non ha fatto che espandere il suo potere, limitare i diritti civili e reprimere gli oppositori (almeno 20 prigionieri politici sono stati condannati per ‘congiura contro lo stato’), processati da corti militari e non civili.

Riguardo alla politica migratoria tunisina, il “Team Europe” pare non tenere conto che, lo scorso 2 luglio, la guardia nazionale tunisina ha espulso 1,200 migranti regolari e non oltre i confini con la Libia e l’Algeria in un’azione che Human Rights Watch ha definito illegittima secondo il diritto internazionale, e in violazione di trattati firmati dalla Tunisia stessa. Tale crimine a sfondo razzista (gli unici presi di mira sono stati individui neri) ha lasciato i 1,200 migranti nel deserto per più di due settimane senza acqua né cibo, e senza accesso a soccorsi di protezione.

Pare chiaro che dietro la volontà di combattere i trafficanti di esseri umani evidenziata nel memorandum, ancora una volta l’Unione Europea intenda velatamente offuscare i propri reali obiettivi, ovvero fermare i migranti. Inoltre, nonostante gli annosi tentativi di focalizzare le politiche sull’eliminazione dei trafficanti, i migranti continuano a utilizzare le rotte Mediterranee per raggiungere l’Europa. A dimostrazione del fatto che sarebbe più efficace e lungimirante adottare una politica migratoria che tenga in considerazione le cosiddette ‘root causes’ (cause di fondo), tra cui il cambiamento climatico, le erosioni dei diritti civili, e le persecuzioni di oppositori politici nei paesi di provenienza, e ancor più i conflitti e la crisi alimentare.

Nonostante gli obiettivi di stabilità e sviluppo, questo accordo pare più che altro rafforzare il potere assoluto del presidente Tunisino Kais Saied. Un leader che dopo aver eliminato gran parte dei suoi rivali politici e imposto una costituzione che rimuove ogni controllo sulla sua autorità, non pare però avere le capacità di risolvere i problemi economici del paese. Ma i leader europei, che hanno anche annunciato la tenuta di una conferenza sulla migrazione a Roma il 23 luglio, paiono puntare su di lui, sacrificando l’imposizione di qualsiasi condizionalità sull’altare del controllo dei migranti. Inoltre, nello specifico non pare esserci alcuna garanzia che i fondi dell’Unione europea finanzino adeguatamente le forze di sicurezza e la guardia costiera.

Sarebbe accertato che i fondi europei non stiano finanziando adeguatamente le forze tunisine poiché allocati al bilancio generale dello stato. Questo fornirebbe un incentivo agli uomini della sicurezza a diventare loro stessi trafficanti, non ricevendo fondi sufficienti da un presidente che dipende dal loro operato (e quindi ricattabile). Questo circolo vizioso lede lo stato di diritto in Tunisia, e a sua volta favorisce la criminalità organizzata e i trafficanti di esseri umani. Ma più grave ancora parrebbe l’indebolimento del legame di fiducia fra il capo dello stato e il suo apparato poliziesco e militare, in una potenziale deriva che spingerebbe la Tunisia verso il caos.

In conclusione, questo memorandum presenta tutti i presupposti per danneggiare gli interessi italiani piuttosto che proteggerli. Rafforzando i poteri del presidente tunisino Kais Saied e indebolendo lo stato di diritto nel Paese, un tale accordo pone le basi per rafforzare i trafficanti e incentivare la migrazione illegale piuttosto che frenarla. Inoltre, con il rafforzarsi di un’ulteriore dittatura in Nord Africa, l’Italia e l’Europa tacitamente ne avallano la deriva sempre più autocratica, allontanando la regione dallo stato di diritto e costruendo partenariati con leader fragili, inaffidabili e non sottoposti ad alcun controllo democratico.

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