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Via libera al Chips Act Ue, ora tocca a quello italiano

La ratifica del piano per raddoppiare la quota di mercato nei semiconduttori in Europa entro il 2030 è “un importante passo nella giusta direzione”, ha commentato il ministro Urso. A Palazzo Piacentini si lavora per definire le strategie e le misure del piano nazionale della microelettronica che verrà presentato nei prossimi giorni

I Paesi membri dell’Unione europea hanno ratificato il Chips Act, il piano presentato dalla Commissione europea nel febbraio del 2022 per raddoppiare la quota di mercato nei semiconduttori del Vecchio Continente dal 10% al 20% entro il 2030 e tagliare la dipendenza dalla Cina e dagli altri Paesi asiatici. Si tratta dell’ultimo passaggio formale del processo decisionale. L’accordo tra le istituzioni dell’Unione europea era stato raggiunto il 18 aprile scorso. Il regolamento sarà ora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale Ue ed entrerà in vigore tre giorni dopo la pubblicazione.

I NUMERI DEL PROGRAMMA

Il programma dovrebbe mobilitare 43 miliardi di euro in investimenti pubblici e privati, di cui 3,3 miliardi di euro dal bilancio comunitario. “Con il regolamento sui chip, l’Europa sarà in testa nella corsa mondiale ai semiconduttori”, ha osservato Hector Gomez Hernandez, ministro dell’Industria della Spagna, Paese presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea. “Già ora si vedono i risultati: nuovi impianti di produzione, nuovi investimenti, nuovi progetti di ricerca. E a lungo termine si contribuirà anche alla rinascita della nostra industria e alla riduzione delle nostre dipendenze estere”, ha aggiunto.

IL COMMENTO DEL MINISTRO URSO

Il via libera di oggi è “un importante passo nella giusta direzione” e “contribuirà a recuperare i ritardi accumulati finora rispetto agli altri grandi player mondiali e fungerà da traino per l’economia europea e italiana”, ha affermato Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy. Il governo Meloni, ha continuato, ha sostenuto sin dall’insediamento “la necessità di una maggior autonomia strategica a livello europeo supportando gli investimenti sulle nuove frontiere tecnologiche, come i semiconduttori, le batterie elettriche, la cyber sicurezza e l’intelligenza artificiale”.

LA TASK FORCE AL LAVORO

Il ministro Urso ha presieduto oggi a Palazzo Piacentini una riunione operativa della task force per definire le strategie e le misure del Piano nazionale della microelettronica che verrà presentato nei prossimi giorni. Si tratta di un pacchetto di misure fiscali e semplificazioni per rendere il nostro Paese meno dipendente dall’estero e più sicuro sul fronte delle filiere strategiche. Gli obiettivi, come anticipato dal Messaggero, sono sostanzialmente tre: attrarre dall’estero le imprese del comparto più innovative, favorire la produzione interna, difendere la sovranità tecnologica.

IL PIANO ITALIANO

“Stiamo lavorando al Piano italiano sui chips che, sul solco del regolamento europeo, ci permetterà di rafforzare la filiera domestica e attrarre imprese estere, contribuendo così a definire la sovranità tecnologica”, ha aggiunto Urso. “L’Italia è già in campo con il Fondo per la microelettronica che, con una dotazione di circa 3,9 miliardi di euro, promuoverà la riconversione di siti industriali esistenti e l’insediamento di nuovi stabilimenti in Italia per la ricerca, lo sviluppo e la produzione dei microprocessori e l’investimento in tecnologie innovative, e attraverso il Centro italiano per il design dei circuiti integrati a semiconduttore (ChipsIT) istituito con l’ultima manovra finanziaria”, ha proseguito.

IN ATTESA DI INTEL

Nei giorni scorsi il ministro Urso aveva spiegato che i contatti tra il governo e il colosso statunitense Intel per l’apertura di uno stabilimento in Italia per la fase di back-end della produzione dei microchip sono “continuativi”. In precedenza, in Italia erano montate le preoccupazioni sul futuro dell’impianto dopo che l’azienda aveva annunciato un nuovo impianto all’avanguardia di assembly & test (montaggio e test) dei semiconduttori in Polonia per un investimento fino a 4,6 miliardi di dollari. Intel aveva spiegato a Formiche.net che lo stabilimento è sì parte della fase di back-end della produzione, ma è differente e non sostituisce quello oggetto di interlocuzioni aperte con il governo italiano. “Le interlocuzioni sono aperte per un possibile ampliamento della presenza dell’azienda in Italia e apprezziamo l’impegno del governo italiano per lo sviluppo di un ecosistema competitivo nel settore della microelettronica”, aveva sottolineato un portavoce.

NON SOLO INTEL

Come spiegato su queste pagine, il discorso Intel in Italia coinvolge anche l’acquisizione da parte del colosso statunitense di Tower Semicondutor, società israeliana specializzata in produzione di chip e circuiti “on demand” e presente anche in Italia negli stabilimenti del gruppo italofrancese StMicroelectronics ad Agrate Brianza, in provincia di Monza Brianza. Ma “Intel non è l’unica azienda che può investire nel nostro Paese, è una tra le tante”, ha ricordato Urso in audizione. Nei mesi scorsi una task force voluta dal ministro è stata a Taipei, Seul, Tokyo e a Washington.


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