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Codice degli appalti, ecco perché il Building information model (Bim) cambierà tutto

Di Patrizia Polenghi

Il Bim rappresenta un nuovo approccio culturale ai progetti e necessita di una spinta motivazionale per diventare realtà. A ciò si aggiunge una difficoltà comunicativa connessa al gap generazionale tra chi si trova a gestire le strategie aziendali e che si trova ad operare nella catena produttiva. È necessario un grande sforzo di revisione degli assetti organizzativi, nonché dei protocolli e delle procedure operative, che unitamente ai quadri giuridici di riferimento, devono diventare elementi condivisi da tutti gli stakeholder. L’intervento di Patrizia Polenghi, presidente del Cda, direttore personale, Strategia e Sviluppo di Ceas

Con l’entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti assisteremo ad una trasformazione della fase di progettazione delle opere.

Il nuovo Codice, infatti, fa diventare norma “ordinaria” la Disciplina derogatoria prevista per i progetti Pnrr (DL 77/2021), passando dall’attuale Progetto di fattibilità tecnico economica (Pfte) “rafforzato”, previsto per l’appunto dalla normativa Pnrr, al Progetto di fattibilità tecnico economica del nuovo Codice che sostanzialmente comprende tutti, o quasi, gli approfondimenti tecnici previsti dal Progetto Definitivo del precedente D.Lgs. 50/2016.

Patrizia Polenghi

Cosa significa concretamente?

Tutto dipenderà da come verranno applicate le modifiche e i passaggi tecnico-operativi. Infatti, potrebbe rappresentare un evidente peggioramento se la prima fase progettuale (il Pfte) verrà svilita e prodotta con risorse e tempi irrealistici e quindi con contenuti più simili a quelli del Pfte del D.Lgs.50/2016. In questo caso la norma consentirà di appaltare progetti inadeguati e che, non appena affronteranno il mercato, crolleranno sotto il peso di riserve e contenziosi.

Se correttamente applicato, invece, passeremo da un Pfte ex – D.Lgs. 50/2016, il cui unico scopo era definire una sommaria fattibilità dell’opera, che era spesso basata su ipotesi poco realistiche e dunque frequentemente soggetta a revisioni, ad un Pfte ex – D.Lgs. 36/2023, che avendo già informazioni e contenuti tipici del “vecchio” Progetto Definitivo sarà più preciso, approfondito e quindi certo nelle scelte progettuali, nelle stime di costo e tempo dell’opera.

Esiste ovviamente un “prezzo” per questa decisione: i Pfte richiederanno tempi molto più lunghi per essere predisposti ed oneri per indagini e progettazione ben superiori rispetto a prima. Questa cosa avrà evidentemente una rilevanza rispetto alla programmazione delle amministrazioni in quanto dovranno ridurre i progetti su cui sviluppare i Pfte a quelli che realmente necessari, tralasciando di sviluppare i Pfte “leggeri”, che oggi di fatto popolano i Programmi Triennali.

In buona sostanza, dunque, aumenteranno, nella fase di progettazione, gli oneri delle Stazione Appaltanti, che avranno il compito di valutare con attenzione i dati di base necessari per la predisposizione del Pfte ai sensi del nuovo codice (indagini di campo, indagini di territorio, indagini ambientali, archeologiche etc), comprensivi dei necessari costi e tempi, nonché la completezza dei contenuti dal punto di vista dello sviluppo del progetto.

Che ruolo può avere la digitalizzazione in questa importante trasformazione?

Il nuovo Codice ha il vantaggio di trasferire in norma primaria contenuti che sino ad oggi erano riportati solo in decreti ministeriali (D.M. 560/2017 detto anche Decreto Baratono – sulla cui prescrittività si è a lungo dibattuto – e D.M. 312/2021).

Occorre però chiedersi se la Digitalizzazione sia solo un’evoluzione degli strumenti tecnologici o se sia, già ora o nei prossimi anni, un cambio di paradigma nella metodologia di progettazione, costruzione e gestione delle opere.

Quando nel 1974 il professor Eastman definì il Building information model (Bim) come “una rappresentazione virtuale, e parametrica dell’opera, in grado di contenere informazioni”, gettò le basi per il Building information modeling, ovvero “l’uso della rappresentazione digitale condivisa, quale riferimento e base affidabile su cui prendere le decisioni e facilitare significativamente i processi”.

Negli anni 2000 l’enunciato di Eastman uscì definitivamente dai confini della ricerca e della sperimentazione ed ebbe un grande lancio nei paesi anglosassoni e del nord Europa.

In Italia, invece, il Bim è iniziato a permeare nelle organizzazioni più evolute (in primis le grandi società di ingegneria) attorno al 2014, contestualmente alla Direttiva del Parlamento europeo per la promozione e l’adeguamento al Bim dei Lavori Pubblici. Oggi si sta via via sviluppando e approfondendo.

Ma sono state correttamente comprese le vere potenzialità del Bim?

L’approccio Bim, innanzitutto, permette al Committente di prendere delle decisioni già in fase di impostazione del progetto, consentendo di aggregare, sin dalle prime fasi, informazioni (di qualsiasi tipo) agli elementi primari dell’opera e quindi consente di confrontare performance, costi e tempi ed operare le conseguenti scelte.

L’introduzione del Bim, fino ad oggi, è avvenuta su base strumentale e ha portato chiunque possedesse conoscenze e competenze di questa natura a offrirsi quale “Gestore dell’Informazione “, diventando al contempo “Gestore della Decisione” in luogo del Committente e deviando così dal cambio di paradigma potenzialmente associato alla Digitalizzazione.

La categoria dei progettisti è stata facilitata nel passaggio al digitale in quanto il progetto rappresenta l’elemento centrale su cui si costruisce ogni business. All’interno del ciclo di vita di un’opera, la fase progettuale è già una realtà Bim, pur mancando il contributo decisionale di competenza del Committente. Nella fase di costruzione, invece, la digitalizzazione è ancora in fase di avvio e sono molteplici gli investimenti che le imprese dovranno fare. Nella fase di gestione, poi, siamo ancora decisamente lontani da questa realtà e ancora tutto si deve fare, sia nel mondo degli investimenti pubblici che privati.

Tuttavia, questa situazione è in netta contraddizione con la ratio principale del Bim, che oltre a minimizzare i tempi di progettazione e costruzione, riducendone gli errori, trova la sua massima ragione di applicazione proprio nel contenimento dei costi di gestione e soprattutto nell’offrire una garanzia di mantenimento del livello di servizio che la Committenza si propone di offrire al mercato, alla base del proprio piano di business.

La Committenza italiana ha bisogno di capire “perché” investire nell’innovazione digitale, capire quali ne sono le opportunità correlate e come i risultati attesi dal business possano essere massimizzati.

La Committenza pubblica risulta avvantaggiata dalla cogenza normativa del nuovo Codice degli appalti perché è obbligata al cambiamento, ma la vera motivazione al cambiamento nasce da un cambio della cultura che permea nelle aziende, siano esse pubbliche che private.

Il Bim rappresenta un nuovo approccio culturale ai progetti e necessita di una spinta motivazionale per diventare realtà. A ciò si aggiunge una difficoltà comunicativa connessa al gap generazionale tra chi si trova a gestire le strategie aziendali e che si trova ad operare nella catena produttiva.

In estrema sintesi, la cogenza introdotta dal nuovo Codice affinché possa produrre reali benefici, deve corrispondere ad un “reale impiego” della metodologia e non limitarsi al solo “uso degli strumenti”.

Per far ciò bisogna agire sulla cultura delle organizzazioni e comprendere nel profondo in che cosa il Bim effettivamente consista e soprattutto a che cosa esattamente serva. È necessario un grande sforzo di revisione degli assetti organizzativi, nonché dei protocolli e delle procedure operative, che unitamente ai quadri giuridici di riferimento, devono diventare elementi condivisi da tutti gli stakeholder.

Solo a quel punto, le Stazioni Appaltanti avranno la possibilità di applicare realmente la trasformazione in atto presente nel nuovo Codice e dunque di predisporre, in ambiente Bim, dei Pfte certi nelle scelte progettuali, nelle stime di costo e di tempo dell’opera.



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