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Decreto lavoro, i contratti a termine sotto la lente dell’avv. Fava

La disciplina delle causali nel contratto a termine nel nuovo Decreto Lavoro. L’analisi dell’avvocato Gabriele Fava sugli aspetti formali e sostanziali

Il nuovo Decreto lavoro è legge. Il provvedimento del governo, introdotto lo scorso 5 maggio, e oggi convertito definitivamente in legge, contiene, all’art. 24, la riforma dei contratti a termine.

Dopo anni di legiferazione emergenziale si attendeva con grande trepidazione un intervento sul mondo del lavoro e –  soprattutto – si attendeva una riforma del contratto a tempo determinato, il quale, sebbene da molti demonizzato come interprete della precarietà, si ritiene possa rappresentare la spinta ad una ripartenza del mercato.

Nella nuova formulazione prevista dal Dl. 48,  confermata  dalla conversione in legge, si intende favorire l’apposizione di un termine al contratto di lavoro al fine di assecondare le esigenze di maggiore flessibilità avanzate dal mondo imprenditoriale. In tal senso, un ruolo di spicco è assegnato alla contrattazione collettiva la quale è chiamata a definire essa stessa le causali da apporre al contratto a termine, volte a giustificarne il prolungamento oltre i primi 12 mesi “a-causali”.

Quindi, dall’imposizione di rigide causali imposte dall’alto si è passati alla definizione di ragioni giustificatrici da parte della contrattazione collettiva, livello intermedio tra la fonte di legge e il contratto di lavoro individuale.

In via suppletiva – e solo fino al 30 aprile 2024 – ancora in assenza di regolamentazione da parte della predetta contrattazione collettiva, le parti possono individuare, nel contratto di assunzione, ragioni tecniche organizzative e produttive che giustifichino il contratto a tempo determinato.

Trattasi di un regime transitorio che il legislatore si è preoccupato di inserire al precipuo scopo di consentire alla contrattazione collettiva di adattarsi alla nuova disciplina di legge.

Con la conversione in Legge del Decreto 48/2023,  si assiste ad alcune novità che sono state introdotte a seguito della approvazione di emendamenti svolti dalle Camere.

La prima novità riguarda la a-causalità nei primi 12 mesi di contratto di lavoro a tempo determinato indipendentemente dal fatto che i 12 mesi si raggiungano con un unico rapporto di lavoro ovvero con più contratti di lavoro (rinnovi): dunque, nei primi 12 mesi, i contratti a tempo determinato saranno sempre a-causali.

In più, si precisa al comma 1 ter, ai fini del computo dei 12 mesi a-causali, si terrà conto dei soli contratti stipulati a far data dal 5 maggio 2023 (entrata in vigore del decreto legge).

Risulta utile, a questo punto, un breve cenno sull’excursus storico delle causali, anche per capire come siamo arrivati alla nuova disciplina.

Il decreto Poletti, nel 2014, era intervenuto sulle causali allargando le maglie del contratto a termine a-causale per trentasei mesi, dando quindi massima spinta all’utilizzo di tale forma contrattuale.

Il decreto dignità, all’opposto, ha modificato la disciplina del contratto a termine e del contratto a termine in somministrazione, reintroducendo le causali sia in caso di superamento dei dodici mesi di durata del contratto, che in caso di rinnovo dello stesso.

L’intervento del legislatore era finalizzato, dichiaratamente, ad una riduzione della precarietà.

Se l’irrigidimento della disciplina delle causali rappresenti effettivamente uno strumento adeguato a ridurre la precarietà risulta essere una domanda che oggi non può che condurre ad una risposta negativa. Infatti questi interventi legislativi hanno soltanto prodotto effetti diversi o, addirittura, opposti rispetto a quelli auspicati. Primo fra tutti, si segnala, che tale disciplina delle causali è stata fautrice di notevole contenzioso tra lavoratori e imprese vista la ampiezza letterale delle stesse, passibili di differenti interpretazioni.

Ciò che si segnala in merito all’emanato decreto Lavoro, è che, certamente, risulta essere un provvedimento di grande interesse, un segnale importante da parte di questo governo che cerca di trovare una soluzione – per così dire – di mediazione tra la riforma del 2014 sopracitata e il Decreto Dignità sul punto delle causali, rintracciando proprio nell’incontro tra tutti gli attori del mercato del lavoro lo strumento ideale per la negoziazione delle nuove causali. Dunque, tentando di dare una spinta alla flessibilità nel mercato del lavoro. Come ben sappiamo, l’implementazione di un sistema che permetta al datore di lavoro di far fronte alle esigenze della propria impresa in un’ottica di maggiore flessibilità si presenta come la soluzione idonea al fine, non solo di semplificare la gestione dei rapporti di lavoro e incentivare l’occupazione, ma altresì di favorire la produttività e l’efficienza della gestione aziendale.

 

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