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Via libera del Senato. Markell prossimo ambasciatore Usa a Roma

A chiusura della giornata di Meloni a Washington tra Congresso e Casa Bianca, la Camera alta ha votato per acclamazione a favore della conferma dell’ex governatore del Delaware e fedelissimo di Biden. Atteso nei prossimi mesi in Italia

Il Senato degli Stati Uniti ha votato per acclamazione a favore della conferma di Jack Markell, ex governatore del Delaware, all’incarico di ambasciatore in Italia. Il via libera è giunto, assieme a quelli relativi a un’altra decina di nomine del presidente Joe Biden, dopo un incontro tra i funzionari del dipartimento di Stato e il senatore Rand Paul. Quest’ultimo da settimane stava facendo ostruzionismo per ragioni non legate alle competenze delle figure indicate dalla Casa Bianca ma teneva in ostaggio il processo chiedendo all’amministrazione Biden di diffondere i documenti sull’origine del Covid-19. Il voto del Senato ha concluso una giornata importante per le relazioni tra Italia e Stati Uniti con la visita di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, al Congresso e alla Casa Bianca.

Markell (qui il ritratto di Formiche.net) lascerà l’incarico di ambasciatore presso l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico di Parigi. Ha alle spalle due mandati da governatore del Delaware, lo Stato che il presidente Biden ha rappresentato al Senato per 36 anni prima di diventare vicepresidente con Barack Obama alla Casa Bianca. Compirà a novembre, probabilmente a Roma, i suoi 63 anni. È un fedelissimo del presidente, tanto che il suo nome circolava nei mesi scorsi anche per l’incarico di nuovo capo di gabinetto della Casa Bianca.

Un mese fa Markell è stato ascoltato dalla commissione Esteri del Senato per l’audizione di conferma nell’incarico. Quattro gli obiettivi primari del suo mandato in Italia: promuovere la sicurezza e il benessere degli americani che vivono o sono in visita in Italia; approfondire “le già profonde relazioni economiche”; rafforzare i legami militari e di sicurezza; incoraggiare l’aumento delle spese militari italiane in linea con gli accordi Nato (attualmente 2% del Prodotto interno lordo).

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