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Non è destra-sinistra ma Italia-Usa. La visita di Meloni secondo Alexander Alden

Le appartenenze politiche non c’entrano, il legame ha radici profonde, dice Alexander Alden, nonresident senior fellow dell’Atlantic Council. Il sostegno all’Ucraina è stato “la chiave per aprire altre porte. Per esempio, è molto apprezzata da Washington l’iniziativa di Roma per l’Africa”. Il ruolo centrale degli italo-americani ai vertici della Difesa a stelle e strisce, la questione della Via della Seta

“La visita di Giorgia Meloni a Washington è una visita altamente istituzionale, e non legata a una parte politica”, spiega Alexander Alden, nonresident senior fellow dell’Atlantic Council e già deputy assistant secretary of state per gli affari europei, a Formiche.net. La presidente del Consiglio ha incontrato sia il presidente Joe Biden, democratico, sia lo speaker della Camera Kevin McCarthy, repubblicano, oltre alle delegazioni bipartisan di membri della Camera e del Senato. “La visita sancisce il lavoro fatto nelle precedenti visite ministeriali a Washington e dimostra la vicinanza, la fiducia e l’intesa tra Italia e Stati Uniti”, aggiunge.

È un rapporto che supera le divergenze ideologiche?

Il legame bilaterale ha radici profonde. Biden ha parlato di Meloni come amica. McCarthy ha sottolineato che l’Italia è stata la sua prima tappa europea come speaker e ha lodato la lungimiranza della presidente del Consiglio. Certe interpretazioni sbagliate e polemiche di parte sono state messe a tacere dalla Casa Bianca e dal Congresso. Ora tutto dovrebbe essere chiaro anche in Italia. Non è questione di destra o sinistra, ma di alleanza Italia-Stati Uniti.

Il sostegno convinto all’Ucraina da parte di Meloni e del suo governo ha spianato la strada?

Durante il passaggio dal governo Draghi a quello Meloni c’era un punto di domanda su quale sarebbe stata la politica estera italiana nonostante la chiarezza di Meloni da candidata. Gli interrogativi erano legati soprattutto ai suoi alleati, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Il governo ha messo in atto gli impegni elettorali di Meloni. Non la definirei una sorpresa ma ha rassicurato chi a Washington nutriva qualche timore.

Ciò sembra avere permesso all’Italia di essere presente anche su altri dossier.

È stata la chiave per aprire altre porte. Era il punto di partenza. Per esempio, è molto apprezzata dagli Stati Uniti l’iniziativa italiana per l’Africa, regione importante ma piuttosto trascurata a Washington così come a Bruxelles, nonostante lì la Russia crea problemi militarmente, la Cina è penetrata geo-economicamente, la Francia non sembra essere più in grado di giocare il ruolo storico dopo alcuni flop e la Turchia continua a rafforzare la sua presenza. Finalmente un alleato che vuole prendersi cura di un dossier importante per l’Occidente ma che non è una priorità per gli Stati Uniti. Certo, ora bisogna vedere come questa visione verrà messa a terra.

Durante questa visita i protagonisti hanno sottolineato spesso il contributo degli italo-americani e della cultura italiana nel fare l’America.

È vero, in particolare in questo preciso momento e nel settore della difesa. Sono italo-americane le figure in prima linea con Russia e Cina. Faccio tre esempi: alla guida del comando statunitense nell’Indo-Pacifico c’è l’ammiraglio Chris Aquilino e il successore sarà Samuel Paparo; alla guida di quello in Europa c’è Christopher Cavoli, preceduto dal 2016 al 2019 da Curtis Scaparrotti; nei giorni scorsi alla Marina è stata nominata Lisa Franchetti, prima donna a capo di questa forza armata statunitense.

Un tema centrale dell’incontro alla Casa Bianca è stato il rapporto con la Cina. L’Italia sembra decisa a non rinnovare il memorandum d’intesa sulla Via della Seta. Ma quali saranno i rapporti tra Occidente e Cina?

Meloni ha fatto bene a sottolineare che la decisione sulla Via della Seta spetta all’Italia e che non c’è alcun diktat americano. Oggi, fallita la visione molto giornalistica del decoupling, si lavora al derisking. Mentre la Cina ha un approccio competitivo a tutto campo, l’amministrazione Biden ha scelto un approccio sia cooperativo, come dimostrano le recenti visite, sia competitivo. È necessario però definire i limiti della cooperazione economica, i settori strategici che bisogna salvaguardare, settori commerciali che no pongono rischi, e tenere conto delle ampie zone grigie. Bisogna ricordare la lezione appresa dalla dipendenza energetica con la Russia. Il Consiglio Stati Uniti-Unione europea per il commercio e la tecnologia e la presidenza italiana del G7 avranno un ruolo importantissimo in questo senso.



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