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Con Meloni il rapporto Italia-Usa si rafforza. Parla Muzergues (Iri)

I rapporti con Biden? “Non solo cordiali a livello istituzionale, ma anche a livello personale”, dice Thibault Muzergues, a capo del programma Europa e Euro-Med dell’International Republican Institute. “Il suo post-populismo è forse il miglior antidoto al populismo”. Il ruolo dell’Italia in Europa, mentre “la Francia è distratta dalla sua situazione interna e la Germania è assente dai dibattiti”

La visita di Giorgia Meloni a Washington? Un successo per i rapporti tra i due Paesi, dice Thibault Muzergues, a capo del programma Europa e Euro-Med dell’International Republican Institute, a Formiche.net.

Che impressione ha avuto degli incontri al Congresso?

La presidente del Consiglio ha incontrato tutte le personalità più importanti di Washington, democratiche e repubblicane, con lo stesso tono amichevole e una determinazione ad andare avanti insieme che mi ha molto colpito. È un clima cordiale che contrasta con la rabbia che abbiamo visto in una parte della stampa di sinistra americana, che rimane prigioniera dei suoi pregiudizi e non ha ancora capito che il post-populismo di Meloni è forse il miglior antidoto al populismo.

E l’incontro alla Casa Bianca con il presidente Joe Biden?

Anche qui il tono estremamente cordiale è notevole. Al di là del clima generale dell’incontro, ricordo anche le parole di Biden, “siamo diventati amici”, che dimostrano anche che i rapporti sono buoni non solo a livello istituzionale, ma anche a livello personale. Non è tutto, ma è importante in diplomazia.

È merito di una certa continuità con la linea di Mario Draghi?

La posizione transatlantica di Meloni è in linea con la scelta di Draghi di tornare ai fondamentali del rapporto bilaterale. Per certi aspetti il rapporto oggi è anche migliore: siamo lontani dall’avventurismo della fine del decennio passato, e questo è un bene per l’Italia, che può contare su un buon rapporto con gli Stati Uniti per pesare di più in Europa, soprattutto in un momento in cui la Francia è distratta dalla sua situazione interna e la Germania è assente dai dibattiti.

Che importanza ha avuto il sostegno di Meloni all’Ucraina?

Il dossier ucraino è probabilmente quello su cui la leadership di Meloni è stata più forte. E più sorprendente dal punto di vista americano. In un Paese in cui la propaganda del Cremlino è molto potente e a volte rilanciata nelle alte sfere, la scelta di Meloni di sostenere l’Ucraina, e di farlo sapere di maniera chiara in parlamento e in conferenza stampa, non è stata facile e testimonia una visione e una forza di carattere che alimentano rispetto oltre Atlantico, e non solo. Il presidente Biden lo ha capito bene, e credo che la frase “in tempi difficili sappiamo chi sono gli amici” rispecchi la reazione di Washington all’approccio coraggioso di Meloni su questo tema.

Gli Stati Uniti scommettono sull’Italia nel Mediterraneo?

È importante sottolineare che l’ottimo rapporto italo-americano consente anche all’Italia di riportare il Mediterraneo, e non solo il Mediterraneo orientale, sulla mappa strategica degli Stati Uniti. Credo che l’iniziativa italiana per trovare una soluzione alla crisi migratoria sia stata molto apprezzata a Washington, dove l’immigrazione è anche una questione di lungo periodo. Questo apre nuove opportunità per l’Italia nella regione.

E sulla Cina?

La Cina è il tema numero uno per la sicurezza degli Stati Uniti. Credo che l’amministrazione Biden sia chiaramente soddisfatta nel vedere che l’Italia, come del resto tutta l’Europa, si sia resa conto durante e dopo la pandemia Covid-19 del pericolo che la Cina poteva rappresentare a livello strategico mondiale e dello scarso vantaggio (anche commerciale) che poteva derivare da accordi impari con Pechino. Le misure adottate dai governi Draghi e Meloni per proteggere l’economia italiana dalla concorrenza sleale di alcune imprese cinesi – ma anche dalla dipendenza dal gas russo – sono ben viste a Washington, e aprono anche per l’Italia prospettive interessanti.

In che modo?

Nella relazione commerciale transatlantica, rafforza la fiducia tra i mondi economici e finanziari sulle due sponde dell’Atlantico, e come si dice a New York, “it’s good for business”. Ma è anche buono per l’Italia stessa: senza aver messo in discussione la dipendenza energetica da Mosca come ha fatto Meloni (e prima di lei Draghi), non ci sarebbe alcuna prospettiva di fare dell’Italia un hub energetico al centro del Mediterraneo.

Infine, la Via della Seta. L’Italia deve decidere se rinnovare il memorandum firmato nel 2019. Meloni appare decisa a non farlo.

La Via della Seta rimane un problema, certamente. Ma un problema italiano, non americano. Washington non vuole intromettersi in questa questione, che riguarda il rapporto diretto tra Italia e Cina. Non si tratta quindi di ingerenza negli affari sovrani del governo italiano, che deciderà su questo dossier come meglio crede. Personalmente sono convinto che questo accordo abbia mostrato i suoi limiti, non porti molto all’Italia e sarebbe meglio farne a meno. Ma è una decisione che Meloni e il governo italiano prenderanno al momento opportuno. Era irrealistico pensare a un annuncio durante la visita a Washington.



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