Usare questa tecnologia per individuare e arrestare un manifestante viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ha detto la Corte di Strasburgo. Nei giorni scorsi il Parlamento italiano ha approvato la moratoria su questi strumenti nei luoghi pubblici fino al 2025
L’utilizzo del riconoscimento facciale per individuare e arrestare un manifestante viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in particolare gli articoli 8 e 10 riguardanti rispettivamente il diritto al rispetto della vita privata e familiare e la libertà di espressione. Lo ha deciso la Corte europea dei diritti dell’uomo esprimendosi sul caso di Nikolay Glukhin, un cittadino russo che nell’agosto 2019 sulla metropolitana di Mosca portava con sé un cartonato a grandezza naturale del dissidente Konstantin Kotov, imprigionato per aver partecipato a manifestazioni non autorizzate, e la scritta “Rischio fino a cinque anni… per proteste pacifiche”.
Glukhin era stato arrestato alcuni giorni dopo la sua protesta mentre si trovava nella metropolitana. È stato accusato di non aver notificato alle autorità la sua manifestazione e multato per 20.000 rubli (circa 200 euro). “Il trattamento dei dati personali del signor Glukhin nel contesto della sua manifestazione pacifica, che non aveva causato alcun pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza, era stato particolarmente intrusivo”, si legge nella decisione della Corte.
La Cedu, che ha sede a Strasburgo, fa capo al Consiglio d’Europa, organizzazione per i diritti umani composta da 46 Stati. Le sua sentenze sono legalmente vincolanti per i Paesi membri. La Russia è stata esclusa nel marzo 2022 dopo l’invasione dell’Ucraina e ha smesso di essere parte dell’organizzazione lo scorso settembre. Tuttavia, la Corte rimane competente per i casi che hanno avuto luogo prima del 16 settembre scorso.
La decisione della Corte riguarda, però, anche noi. O, più in generale, i Paesi con tradizioni sui diritti umani ben diverse rispetto a quelle della Russia di Vladimir Putin. Da Strasburgo, infatti, arriva un messaggio chiaro pochi giorni dopo che il Senato ha approvato definitivamente la proroga della moratoria sui sistemi di riconoscimento facciale, contenuta all’interno del decreto-legge 51 del 2023, vietando in Italia, fino al 31 dicembre 2025, l’installazione di impianti di videosorveglianza dotati di riconoscimento facciale nei luoghi pubblici. Almeno fino ad allora è assolutamente vietato installare sistemi di riconoscimento facciale nei luoghi pubblici, nei negozi o sui cartelloni pubblicitari, “salvo che si tratti di trattamenti effettuati dall’autorità giudiziaria nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali nonché di quelle giudiziarie del pubblico ministero”.
Soltanto ad aprile Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, aveva auspicato l’installazione di sistemi di riconoscimento facciale nei luoghi come stazioni, ospedali e centri commerciali per garantire la sicurezza dei cittadini. Inoltre, nei mesi scorsi il Garante della privacy era intervenuto a più riprese per fermare i tentativi di molti sindaci hanno di installare sistemi di questo tipo nelle loro città.