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Come la guerra in Ucraina ridisegnerà lo scenario geopolitico europeo

Di Giacomo Mattis

Sebbene la situazione a est non sia ancora chiara in termini di esiti finali, vale la pena cercare di superare la nebbia dell’incertezza di breve termine per valutare il panorama europeo della sicurezza e della difesa da un più ampio punto di vista geopolitico, in particolare partendo da come gli Usa vedono l’Europa. Il punto di Giacomo Mattis

La sicurezza e la stabilità del continente europeo sono sempre state una priorità fondamentale per gli Stati Uniti. Un elemento chiave di questa stabilità era, seppur sotto traccia, quello di impedire la nascita di un’entità unificante che potesse trasformare l’Europa in un potente concorrente strategico.

Durante la guerra fredda, quando l’Unione Sovietica era il principale avversario, la presenza fisica militare statunitense fu considerata la soluzione migliore per arrivare all’obiettivo e la Nato l’elemento operativo per raggiungerlo. In virtù di una minaccia comune, l’unificazione militare delle nazioni europee occidentali nella Nato permise di bloccare il dominio dell’Urss sul continente, mentre una abile politica di divide et impera impedì la trasformazione della nascente Ue in una entità politica abbastanza forte da competere con la leadership degli Stati Uniti.

Dopo la guerra fredda, per quasi trent’anni, l’allargamento a est dell’Ue e della Nato è stato funzionale a espandere l’area di sicurezza e stabilità in Europa, riducendo al contempo le possibilità di una rinascita della Russia e quindi di una rinnovata minaccia. La ridotta rilevanza della Nato, dovuta al meno probabile confronto militare, fu compensata da un maggiore sforzo nell’affrontare la stabilizzazione e la pacificazione di diverse aree del mondo divenute instabili anche a causa della fine del confronto bipolare, della frammentazione geopolitica e del conseguente vuoto di potere.

L’ascesa della Cina come nuovo concorrente strategico e il naturale spostamento verso il Pacifico degli interessi statunitensi, insieme a un costo valutato troppo alto per risultati troppo limitati dello sforzo di stabilizzazione a livello mondiale, hanno portato gli Usa a ricercare una nuova strategia per risolvere un importante dilemma geopolitico: come affrontare la nuova minaccia nel Pacifico pur continuando a garantire la stabilità del continente europeo nei termini voluti. In sintesi, le domande a cui dare risposta erano:

Come migliorare la capacità degli alleati europei di esprimere una loro più credibile deterrenza nei confronti della Russia insieme a una capacità di affrontare in modo più autonomo le questioni di sicurezza regionale, impedendo allo stesso tempo all’Unione europea di diventare un centro di potere indipendente?

Come allineare i Paesi dell’Ue in un nuovo confronto strategico, guidato dagli Stati Uniti, con la Cina in forte crescita?

Come prevenire ogni possibile influenza o potere della Russia sull’Europa o un’intesa euro-russa basata su interessi economici comuni?

Per la prima domanda, la risposta fu trovata nei nuovi impegni Nato (2% del Pil per la difesa e 20% di quello per gli investimenti), nella richiesta di una maggiore condivisione degli oneri (burden sharing) e nel consentire agli Stati membri dell’Ue di sviluppare una maggiore coordinazione e collaborazione in materia di difesa. Allo stesso tempo, tuttavia, gli Usa hanno ricercato e mantenuto una forte intesa bilaterale per la difesa con i Paesi dell’Est (e non solo), anche attraverso la fornitura privilegiata di equipaggiamenti americani, per garantire il predominio della Nato su qualsiasi iniziativa Ue ed evitare qualsiasi disaccoppiamento (decoupling) militare tra Usa e Ue.

Per dare risposta alla seconda domanda, la soluzione è stata trovata mantenendo una forte rilevanza della Nato quale organismo non solo per la difesa collettiva dell’Europa, ma anche come principale riferimento per la Difesa tout-court, aprendo allo stesso tempo sempre più la Nato ai partner asiatici. Inoltre, sviluppando un accresciuto dibattito tra gli alleati sulle possibili minacce provenienti dall’area del Pacifico, l’obiettivo rimane quello di portare la Nato a essere più coinvolta nel nuovo shift strategico degli Stati Uniti, assicurando in tal modo, come minimo, un allineamento delle nazioni europee con gli Stati Uniti nel nuovo confronto geopolitico.

Passando al terzo punto, il modo per ridurre le crescenti relazioni Ue-Russia, basate sullo scambio di prodotti e risorse finanziarie in cambio di risorse naturali, è stato a lungo problema irrisolto per gli Usa. Senza alcuna minaccia evidente, infatti, le considerazioni economiche sono sempre state predominanti su quelle geopolitiche e strategiche, specialmente nelle nazioni europee abituate a considerare la pace permanente come un obiettivo raggiunto e la deterrenza degli Stati Uniti attraverso la Nato come un dato di fatto per sempre.

L’aggressione russa all’Ucraina ha generato un cambiamento in questa situazione, aprendo a uno scenario con due possibili esiti.
Pragmaticamente, sia in caso di guadagni territoriali Ucraini con l’offensiva in corso o di uno stallo intorno a una linea da stabilire, il confronto militare attivo Ucraina-Russia diminuirà fino a quasi diventare residuale, a causa del fatto che entrambi i contendenti sono esausti e bisognosi di tempo per recuperare. Anche con una solida tregua, tuttavia, un conflitto congelato o una disputa irrisolta nell’est europeo creeranno comunque un nuovo scenario geopolitico.

Un esito sicuramente positivo del conflitto in corso per gli Stati Uniti, quindi, sarebbe una Europa divisa in tre aree geopolitiche: una Russia indebolita, bisognosa di molto tempo per riprendersi, con molti problemi interni e limitata dalle sanzioni in corso, e uno spazio europeo gestito da un debole coordinamento dell’Ue e composto da due parti distinte, una orientale (Baltico, Paesi nordici, sud-est europeo e Ucraina) e una occidentale composta dalle originarie nazioni dell’Ue. Queste due diverse entità geopolitiche faranno entrambe parte del blocco europeo formalmente a guida Ue, pacificato e stabile, ma il primo gruppo (orientale) resterà politicamente molto più orientato agli Stati Uniti e alla Nato, per evidenti e pressanti esigenze di difesa verso la Russia.

Operativamente, tale blocco impedirà ogni possibile evoluzione dell’Ue verso l’obiettivo di diventare un attore geopolitico significativo. Al secondo gruppo di nazioni, quindi, sarà impedito di raggiungere un più alto grado di unità mediante un più alto grado di autonomia strategica, così condannando tutte le nazioni europee a un ruolo subordinato agli Stati Uniti e all’irrilevanza geopolitica. Situazione, quest’ultima, certamente non favorevole al perseguimento dei legittimi interessi delle singole nazioni o comuni.

Gli Stati membri originari dell’Ue, tuttavia, potrebbero evitare questo scenario cogliendo l’opportunità della mutata situazione di sicurezza e agendo rapidamente per prevenire le condizioni che potrebbero portare a tale risultato. Invece di occuparsi di attività di breve termine e corto respiro, i Paesi più willing and able dell’Ue dovrebbero concordare un’agenda politica con chiare attività da fare per ridefinire l’architettura di sicurezza e difesa dell’Ue, gli obiettivi e i mezzi per raggiungerli, eventualmente accettando, come è stato con l’euro, un iniziale diverso grado di integrazione.

Questa strategia comporterebbe in qualche modo un ritorno alle origini nell’utilizzo della Pesco o la messa a punto di un nuovo analogo strumento per consentire agli Stati membri originari dell’Ue (con qualche altro partner) di accelerare la costruzione di un’Europa della difesa più integrata sul piano politico, militare e industriale in grado di esprimere un’adeguata sovranità strategica, lasciando aperta la strada per successivi allargamenti ma solo a condizione che non avvenga a discapito della condivisione di questo obiettivo.

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