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I sovranisti polacchi sfidano l’Europa con un referendum

Di Giulia Gigante

Le due giornate del vertice europeo dedicate alla questione migratoria si chiudono con il “nie” di Varsavia. Inutile persino il tentativo di Giorgia Meloni di rintracciare una mediazione. Ancora una volta la Polonia non ha alcuna intenzione di adeguarsi agli indirizzi della Commissione europea. Così Morawiecki risponde con un referendum

Ideologia e potere al popolo.

Al termine delle due giornate del vertice europeo dedicate all’immigrazione, Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość) è determinato a ricorrere allo strumento referendario per contrapporre la sovranità popolare agli indirizzi di Bruxelles. Solo due settimane prima, Varsavia e Budapest hanno espresso voto contrario al progetto di legge presentato dalla Commissione europea (senza riuscire a influenzare l’assenso del Consiglio), oltre alla proposta di modifica del bilancio comunitario 2021-2027, in cui si chiede un aumento della spesa nel campo delle politiche migratorie.

Tuttavia, parallelamente all’ostilità di Morawiecki e Orbán, bisogna ricordare che l’Unione Europea continua a trattenere i fondi dalla Polonia e dall’Ungheria dal prestito congiunto. Perciò, in vista dell’appuntamento elettorale previsto nel mese di ottobre, il PiS non può far altro che ricorrere alla consultazione popolare per uscire dall’angolo e ideologizzare il conflitto con le Istituzioni comunitarie. Cioè plasmare l’attrito in motivo di lotta identitaria, facendo leva sul pericolo dell’elemento esterno. Una diffidenza, quella coltivata dalla società polacca, che sarebbe erroneo ridurre a semplici manifestazioni xenofobe, ma che è giusto definire come consuetudini storiche consolidate nel corso del tempo per il mantenimento delle quattro categorie che Varsavia è riuscita a rimodellare dopo anni di annessioni e sostanziale isolamento: identità, ordine, sovranità e stabilità.

Inoltre, la Polonia che oggi sfida l’establishment di Bruxelles non è certo la nazione timida, fragile e arretrata che entra in punti di piedi nella famiglia europea, reduce dalla stagnazione e dall’oppressione sovietica, bensì uno stato sovrano, rilevante sul piano geostrategico, benedetto dagli Usa, punta di diamante della Nato sul fianco orientale e che vincola il 5% del Pil ai bilanci militari. E con tale realtà bisogna fare i conti.

Ma tornando alla vicenda inerente al meccanismo di ricollocazione dei migranti dell’Ue, il presidente del PiS, Jarosław Kaczyński, è stato chiaro: “I polacchi non lo accetteranno. È necessario un referendum”. Così, ieri mattina Mateusz Morawiecki ha annunciato la scelta di combinare le elezioni con un referendum consultivo. Già l’11 giugno, durante un incontro a Łochów, il premier polacco aveva assicurato: “Finché il PiS sarà al potere non permetteremo ai migranti clandestini di entrare in Polonia senza la nostra volontà, senza il nostro consenso, a nostra insaputa”.

Ecco perché i deputati del PiS hanno presentato al Sejm una bozza riguardante l’emendamento alla legge sul referendum nazionale, introducendo la possibilità di indire un referendum lo stesso giorno delle elezioni parlamentari, presidenziali o del Parlamento europeo, in modo tale da abolire gli ostacoli formali che bloccano la possibilità di abbinare il voto con un’interrogazione plebiscitaria. Gli orari delle votazioni saranno unificati e stando alle dichiarazioni del premier nel corso dell’ultima conferenza stampa, i cittadini polacchi saranno chiamati a rispondere a un unico quesito.

Su questo punto, però, il leader di Konfederacja, Krzysztof Bosak, ha aggiunto: “Il PiS ha sollevato il tema del referendum sull’immigrazione, ma non dovrebbe essere ristretto a un regolamento Ue parziale; proponiamo di estenderlo ad ulteriori quesiti”.

Le quattro domande integrative proposte da Bosak sono le seguenti: sostieni le prestazioni sociali per gli immigrati che non sono cittadini dell’Ue?; sostieni il pagamento della pensione di vecchiaia polacca minima agli immigrati in una situazione in cui l’immigrato non ha versato i contributi pensionistici allo ZUS o ad un’altra autorità previdenziale competente in Polonia per il periodo che autorizza i polacchi a ottenere tale prestazione? Sostieni l’introduzione di agevolazioni e semplificazioni nel rilascio dei permessi di soggiorno in Polonia per gli immigrati provenienti da paesi culturalmente diversi dalla Polonia, ad esempio paesi islamici? Sostieni il progetto del Ministero degli Affari Esteri, che presuppone l’ammissione in Polonia di almeno 400.000 immigrati all’anno?

È palese il tentativo del leader di estrema destra di radicalizzare l’intento di Morawiecki e di sfidare il PiS sui temi caldi dell’agenda nazionalista di Konfederacja, per testare una possibile convergenza nel prossimo Sejm. Ma il PiS non sembra abboccare. Infatti, il deputato Paweł Lisiecki conferma l’ipotesi della domanda unica, limitando il fine dell’iniziativa a ostacolare il progetto della Commissione europea senza sfociare in posizioni estremiste.

Intanto, l’opposizione cerca di boicottare il referendum chiedendo ai propri elettori di non ritirare la scheda e di impedire il raggiungimento del quorum.

In un clima segnato dalla rielezione di Giorgia Meloni alla guida dei conservatori europei, da una Parigi in fiamme e in preda ai disordini sociali e dalle difficoltà del suo governo ad adattare il proprio orientamento liberal alle rivendicazioni nette della Francia profonda, dalla crescita di Alternative für Deutschland nella “moderatissima Germania”, dalla ridefinizione dell’equilibrio tra Ovest ed Est del mondo, l’esito dell’autunno polacco sarà una chiave di lettura fondamentale per anticipare e sbirciare nel futuro della prossima Europa e dei rispettivi rapporti di forza.

E paradossalmente mentre i socialisti europei si scagliano contro gli esecutivi di Varsavia e Budapest, Diritto e Giustizia si congeda dalla polemica al grido di potere al popolo! A quanto pare, il responso popolare non spaventa i sovranisti polacchi. 

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