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Niente ufficio Nato a Tokyo (per ora). L’agenda di Kishida al summit

Di Gabriele Carrer ed Emanuele Rossi

Prima Vilnius, poi Bruxelles. Il primo ministro giapponese in missione per rafforzare la cooperazione nell’Indo-Pacifico e la difesa dell’ordine internazionale libero e aperto. La Francia si oppone all’istituzione di una sede di rappresentanza per non irritare la Cina

La Nato è pronta a rinviare la decisione di istituire un ufficio di collegamento a Tokyo all’autunno o più tardi. Lo ha rivelato Nikkei alla vigilia dell’inizio del summit di Vilnius, in Lituania. Il giornale giapponese ha ricordato l’opposizione alla proposta del segretario generale Jens Stoltenberg della Francia, preoccupata per le relazioni con la Cina, e ha evidenziato come i 31 membri cercheranno di superare le divergenze e finalizzare la decisione entro la fine dell’anno. È un punto “meno prioritario” nell’agenda del summit, hanno spiegato fonti diplomatiche che lavorano sul documento finale al giornale.

Durante un briefing con i giornalisti a cui Formiche.net ha partecipato, un funzionario del ministero degli Esteri giapponese non ha voluto commentare le “questioni interne” alla Nato aggiungendo che Tokyo “osserva ciò che accade” nell’Alleanza in merito all’ufficio di collegamento.

Due i temi di fondo della missione del primo ministro giapponese Fumio Kishida in Lituania e in Belgio: confermare l’impegno del Giappone assieme alla Nato e all’Unione europea per rafforzare la cooperazione nell’Indo-Pacifico; migliorare il coordinamento con i Paesi like-minded a difesa dell’ordine internazionale libero e aperto, come recita anche il comunicato finale del G7 di Hiroshima, in Giappone.

A Vilnius, Kishida parteciperà a una sessione con i 31 membri della Nato e i partner dell’Asia-Pacifico (il cosiddetto AP4: Giappone, Australia, Repubblica di Corea e Nuova Zelanda). La sua presenza segue quella storica dell’anno scorso, la prima per un primo ministro giapponese al vertice alleato. Come 12 mesi fa, in cima all’agenda del summit c’è il contesto di sicurezza internazionale sconvolto dall’invasione russa dell’Ucraina: un fattore che ha accelerato l’impegno giapponese in Europa e quelli europeo e statunitense nell’Indo-Pacifico. È l’interconnessione tra i quadranti euro-atlantico e indo-pacifico che Kishida richiama spesso e che riguarda anche, inevitabilmente, la competizione con la Cina. Il primo ministro poi avrà anche alcuni incontri bilaterali a Vilnius. Un funzionario del ministero degli Esteri giapponese non ha potuto offrire ulteriori dettagli sugli incontri rispondendo a una domanda di Formiche.net sulla possibilità di un incontro con Giorgia Meloni, presidente del Consiglio.

A Bruxelles, Kishida prenderà parte al vertice Ue-Giappone con Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, e Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea. Si parlerà di cooperazione in materia di sicurezza e di economia, comprese le misure per il digitale e il cambiamento climatico. In particolare, Kishida chiederà ai leader europei di abolire le restrizioni sull’importazione sui prodotti alimentari giapponesi.

Venerdì il primo ministro farà rientro a Tokyo per ripartire domenica alla volta del Medio Oriente verso Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar. È questo l’esatto ambito geostrategico in cui si snodano le interconnessioni che muovono le orientazioni di Kishida, seguendo per altro (pur con caratteristiche proprio) la visione del suo predecessore Shinzo Abe. Un’eredità che ha un valore nelle scelte dell’attuale Giappone (anche perché si muove di pari passo con quella di altre potenze asiatiche come la Cina o l’India, e Tokyo non intende restare indietro).

Dall’adozione, a dicembre dello scorso anno, di tre nuovi documenti sulla sicurezza, tra cui una nuova Strategia di sicurezza nazionale che delinea piani audaci per una “capacità di contrasto”, all’approvazione a marzo di un bilancio che mira a raddoppiare la spesa per la difesa entro il 2027, il Giappone nominalmente pacifista ha subito una trasformazione. Il carattere securitario di questo orientamento è dovuto sia alla riscoperta della necessità strategica di approfondire la sfera di influenza nell’Indo Pacifico, sia all’altrettanto necessaria  volontà di gestire l’attivismo cinese.

E il passaggio della guerra russa in Ucraina è stato determinante. Tokyo ha compreso – nell’ambito di un processo strategico già avviato – che quell’evoluzione richiedesse una spinta tattica. Allineare la risposta a Mosca con quella occidentale – chiaramente guidata dalla Nato – diventava una forma di condivisione del proprio destino con partner come Stati Uniti e Unione Europea, anche pensando a una potenziale trasposizione di quello scenario in Asia, con la Cina protagonista (magari a Taiwan?).

È vero che la mossa di bloccare l’apertura del liaison office giapponese è stata spinta anche dalla volontà francese. L’Eliseo ha infatti ufficialmente commentato con la stampa: “Non siamo favorevoli per una questione di principio. Nato significa Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico”. E ancora: “Per quanto riguarda l’ufficio, le stesse autorità giapponesi ci hanno detto di non essere estremamente interessate”. Ma è altrettanto vero che al di là della posizione di Parigi, secondo qualche critico tenuta per non indispettire eccessivamente Pechino che aveva attaccato l’apertura dell’ufficio nipponico della Nato, è piuttosto evidente che la sovrapposizione è in corso.

La Nato sta da tempo aumentando la propria attenzione alla Cina, anche perché la Cina sta aumentando le sue relazioni con la Russia e in più di un’occasione alzato critiche contro l’alleanza. Nell’ambito di questo shift strategico, è quasi impossibile pensare che Tokyo non acquisisca peso maggiore nelle dinamiche della Nato, così come la Nato potrebbe aumentare le proprie attività nell’Indo Pacifico.



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