L’eurodeputata Susanna Ceccardi racconta su Formiche.net la missione a Taipei con altri sei membri della commissione Affari Esteri del Parlamento europeo: “Non dobbiamo rinnovare il memorandum sulla Via della Seta. Se c’è da scegliere un Paese con cui dialogare e collaborare per una politica economica e di sicurezza comune nell’Indo-Pacifico, questo è Taiwan”
La missione Affari esteri (Afet) del Parlamento Europeo in Giappone e a Taiwan è stata di importanza storica, proprio perché è stata la prima missione ufficiale a Taipei. Sono orgogliosa di essere stata l’unica esponente italiana a parteciparvi.
L’invasione russa dell’Ucraina rischia di aprire un vaso di Pandora, anche nel Pacifico. Taiwan è alle prese con la Cina continentale che, nell’ultimo anno, sta battendo tutti i record di sorvoli militari ostili in prossimità della linea di divisione nello Stretto. E il Giappone non è molto più tranquillo, considerando tutti i test missilistici lanciati dalla Corea del Nord anche nelle sue stesse acque territoriali. In un periodo come questo, sia a Tokyo che a Taipei si chiedono, giustamente: “Dopo l’Ucraina, toccherà anche a noi?”.
Con Taiwan si sono intensificati i rapporti e continueranno ad essere più fitti gli incontri. È una buona notizia la prossima apertura di un ufficio di rappresentanza di Taiwan a Milano, il secondo in Italia. E la mia visita segue di pochi mesi quella di una delegazione italiana, sempre composta da parlamentari della Lega.
L’Italia deve essere presente in questo nuovo teatro di crisi. La premier Giorgia Meloni, proprio nei giorni della nostra missione in Asia orientale, era a Washington e incontrava il presidente Joe Biden. Hanno parlato, giustamente, anche della crisi nel Pacifico. Gli Usa hanno riconosciuto la nostra crescente presenza nell’area e hanno ribadito, assieme all’Italia “l’importanza vitale di preservare la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan, che è chiave per la sicurezza e la prosperità globale e regionale”.
L’Italia sarà ancor più protagonista l’anno prossimo, quando si avvicenderà al Giappone alla guida del G7. Le nostre priorità sono chiare. In geopolitica, il nostro interesse vitale è nel Mediterraneo, il fianco Sud della sicurezza europea, che non deve essere trascurato. Ma dobbiamo dedicare sempre maggior attenzione anche al nuovo “fianco orientale” o estremo orientale, che è la regione dell’Indo-Pacifico. Per ragioni economiche, sicuramente, ma anche di sicurezza e valoriale. Giappone e Taiwan, infatti, sono le due democrazie più stabili e libere di tutta la regione. Condividono con noi gran parte dei valori fondamentali in cui crediamo.
Taiwan è una democrazia vera, competitiva. L’anno prossimo, assieme alle elezioni europee e a quelle americane, si terranno anche quelle taiwanesi, per la scelta del nuovo presidente. Sull’isola sono già in piena campagna elettorale.
Nell’incontro con Tsai Ing-wen, presidente di Taiwan, abbiamo rimarcato l’importanza dell’isola nella difesa della libertà di religione, nel momento in cui i cristiani sono ancora perseguitati nel resto della Cina, sottoposti ad una violenta politica di sinizzazione. Taiwan preserva anche la memoria del massacro di Piazza Tiananmen, del 1989, mentre nel resto della Cina, ultimamente anche a Hong Kong, è un argomento proibito.
Insomma, se c’è da scegliere un Paese con cui dialogare e collaborare per una politica economica e di sicurezza comune nell’Indo-Pacifico, Taiwan è la scelta migliore. Con questo non voglio suggerire pericolosi salti in avanti, che comprometterebbero persino la stessa posizione di Taiwan.
L’Italia, come tutti i Paesi dell’Unione Europea, ribadisce il principio dell’Unica Cina, con capitale Pechino. Però difendiamo lo status quo: Taiwan deve essere libera di governarsi, con il suo sistema di democrazia avanzata e di libero mercato.
L’altro partner indispensabile è il Giappone, la prima democrazia del Pacifico, la più stabile, la più moderna e al tempo stesso capace di preservare la sua grande tradizione. È un punto di riferimento per tutti coloro che hanno come bussola la democrazia e l’identità.
Come abbiamo sottolineato nel nostro incontro con il ministro di Stato degli Esteri, Kenji Yamada, con la Cina si può e si deve ancora dialogare, soprattutto perché ha ancora bisogno di globalizzazione, ma ha interrotto le catene di approvvigionamento internazionali con i tardivi e prolungati lockdown di Shanghai e minaccerà le principali rotte dall’Asia all’Europa attraverso il controllo militare del Mar Cinese Meridionale. Per essere prosperi e indipendenti, l’Ue e il Giappone devono rafforzare i legami perché abbiamo bisogno di mari aperti nell’Oceano Pacifico e Indiano, una priorità per la nostra e per la loro politica estera.
L’Italia può fare molto. La visita di Giorgia Meloni a Washington ha reinserito il nostro Paese nel circuito dei grandi interlocutori. Stiamo tornando protagonisti, come dimostra la promessa di Biden di inserire anche l’Italia nei tavoli sul dossier Ucraina. In tutti gli incontri che ho avuto in Giappone con i ministri di Stato Kenji Jamada (Esteri) e Toshiro Ino (Difesa) e a Taiwan anche con la Presidente Tsai Ing-wen, ho rimarcato un concetto fondamentale: l’Italia è un partner su cui poter contare.
Questo vale per la Difesa, per lo sviluppo del nuovo caccia di sesta generazione Tempest con Giappone e Regno Unito. Ma vale anche per le nuove tecnologie: chip e semiconduttori, di cui Taiwan è leader mondiale. Sta per essere approvato, infatti, il Chips Act italiano. Chip e semiconduttori sono il motore della nostra vita, non solo dell’economia. Sono il petrolio del XXI Secolo. Tutto quel che usiamo quotidianamente, si basa su questa tecnologia. Quindi non possiamo permetterci che qualche potenza ostile possa privarcene o possa ricattarci. Dobbiamo essere autonomi, prima possibile. E lo possiamo fare cooperando con chi è già maestro e primo produttore mondiale.
L’era digitale apre nuove prospettive, sia inquietanti che incoraggianti. Parlando con Audrey Tang, ministro degli Affari digitali di Taipei, abbiamo discusso su questa doppia prospettiva. Taiwan è stata all’avanguardia della lotta al Covid, non certo creando un sistema di cyber-spionaggio di massa, ma proprio usando il Web per dischiudere le informazioni, per renderle più trasparenti e rendere ogni cittadino più consapevole. Il digitale ha questa doppia faccia. Se usato da un regime autoritario, dà allo Stato la possibilità di spiare tutti i suoi cittadini. Se usato da persone libere, consente una maggiore indipendenza dell’individuo dallo Stato. Condividendo esperienze e know-how con Taiwan, miriamo ad avere anche in Europa una digitalizzazione che sia al servizio del cittadino. Non solo e non tanto una semplificazione o una modernizzazione della burocrazia statale, ma per avere cittadini più informati, liberi, indipendenti.
La maggior cooperazione con Giappone e Taiwan impone una scelta. Infatti, il governo italiano ha intenzione di non rinnovare il Memorandum of Understanding (Mou) che ci lega alla Belt and Road Initiative cinese, quando scadrà alla fine dell’anno. Con la Cina continueremo sicuramente a dialogare e a commerciare. Ma non possiamo essere dipendenti da un solo Paese, da una sola potenza militare. La Belt and Road Initiative è una rete di Stati clienti della Cina e punta al controllo di tutti i principali punti di passaggio nel commercio fra l’Asia e l’Europa, sia terrestri che marittimi. Essa, in sintesi, punta al monopolio cinese nel commercio fra Asia ed Europa. Noi, al contrario, abbiamo bisogno di alternative, di tenere viva la competizione. Anche noi, al pari di Taiwan e del Giappone, abbiamo interesse ad avere mari liberi e aperti nell’Indo-Pacifico, per un futuro di pace e cooperazione, con maggiore stabilità internazionale e minori incertezze.