Come scrive il quotidiano conservatore El Mundo, l’orizzonte politico che si profila ora è a dir poco incerto con Feijóo che rivendica la vittoria e chiede di poter formare il governo e Sanchez che vive la sua settima vita (così titola il quotidiano el Pais), potendo aspettare sornione gli eventi. Il commento di Carmine de Vito, Ph.D., analista di Politica internazionale, sicurezza e geopolitica presso l’Università Rey Juan Carlos-Madrid
Il paradosso spagnolo. Tutti i sondaggi davano il Partito popolare di Alberto Núñez Feijóo in grande vantaggio con un estenuante dibattito sulla possibile alleanza con l’estrema destra di Vox o che potesse raggiungere una maggioranza autosufficiente.
Invece è successo esattamente il contrario: da subito, dai primi dati che affluivano nei circuiti d’informazione, si è avuta l’impressione di un quasi certo “impatto tecnico”, ovvero una sostanziale impossibilità per le due coalizioni di raggiungere i 176 seggi alla Camera dei deputati, utili per la maggioranza di governo.
Il partito Popolare (136) e Vox (33) si fermano a quota 169, vista l’assoluta impraticabilità a formare accordi con i partiti indipendentisti che hanno mantenuto un forte radicamento e consenso. Dall’altra parte il partito socialista di Pedro Sanchez e la coalizione di sinistra “Sumar” di Yolanda Diaz hanno nel complesso retto l’urto e recuperato, mantenendo la capacità di dialogo con la periferia indipendentista.
La continuazione di quello che è stato definito il governo “Frankenstein”, ovvero un governo di minoranza tra Psoe-Sumar con l’astensione tecnica della galassia autonomica, sembra senz’altro l’ipotesi più concreta, in un quadro ancora più favorevole o “rivendicativo” per le istanze delle varie componenti territoriali.
Altra ipotesi percorribile sarebbero nuove elezioni (chieste dal leader di Vox Santiago Abascal); opzione anch’essa molto delicata con esiti imprevedibili, vista la stanchezza percepibile nell’elettorato spagnolo verso una condizione rancorosa di ingovernabilità permanente.
La mossa del cavallo di Pedro Sanchez di anticipare le elezioni, in piena estate e nel contempo mobilizzando tutto l’elettorato verso il pericolo imminente di “retrocessione” (ritorno al passato), di chiusura mentale su temi sensibili come i diritti civili e le tutele sociali, oltre a un nuovo corto circuito tra la potente centralità madrilena e la sempre diffidente periferia, è stata, senza dubbio un’intuizione astuta sia nei tempi che nei nei modi, che ha – letteralmente – cambiato l’inerzia di un Paese già in cammino e volto a destra.
Il paradosso di Feijóo sta nell’impossibilità di muoversi oltre i limiti della coalizione con Vox, nell’impossibilità ontologica a negoziare, avendo utilizzato parole e posizioni molto dure nel corso del complicato processo politico e giudiziario post- referendum del 2017 in Catalogna.
Il partito di Carles Puigdemont, Junts con i suoi 7 seggi (perde solo un seggio, ma è sostanzialmente stabile) continua a essere l’ago della bilancia e mai potrebbe aprire un dialogo con il Partito popolare, soprattutto dopo che la Corte suprema ne ha chiesto il mandato d’arresto, esteso all’ex assessore Toni. È interessante ricordare che Junt è il partito nazionalista catalano conservatore in opposizione a “Esquerra Republicana” di chiara estrazione di sinistra: è proprio in questo corto circuito che si misura la frustrazione del Partito popolare.
L’altro dato certo è il forte ridimensionamento di Vox (attualmente Abascal è in forte discussione) che perde ben 19 seggi e che sicuramente ha sofferto la polarizzazione tra i due partiti storici, chiuso in un ruolo da comprimario e parente scomodo.
Le note positive per il Ppe sono la riconquista della prima forza politica del Paese con il 33,05% dei consensi e una uniforme e solida struttura organizzativa e argomentativa nei territori: condizioni che potrebbero aprire spazi per una nuova riflessione di dialogo con quei contesti, fino a questo momento totalmente esclusi.
In questo senso, il voto spagnolo premia altresì il Ppe al Senato con il raggiungimento della maggioranza assoluta (140 seggi su 133 necessari). Il Senato spagnolo è una camera di seconda lettura che rappresenta i territori con il compito di introdurre emendamenti su leggi già approvate dal Congresso e la fattiva possibilità di costruire una collaborazione istituzionale positiva.
Come scrive il quotidiano conservatore El Mundo, l’orizzonte politico che si profila ora è a dir poco incerto con Feijóo che rivendica la vittoria e chiede di poter formare il governo e Sanchez che vive la sua settima vita (così titola il quotidiano el Pais), potendo aspettare sornione gli eventi.
Tutti i numeri parlano di impatto perfetto, difficile da risolvere – in un’estate torrida – nella suggestiva tradizione dell’arena de “toros de Espana”.