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Via della Seta, pronti all’uscita. I piani di Meloni

Via della Seta, pronti all’uscita. I piani di Meloni e la rassegnazione di Pechino

Pechino ha risposto a Crosetto (che ha definito “scellerata” l’adesione italiana alla Belt and Road cinese) con un comunicato sottotono sui benefici della cooperazione. Secondo il Foglio è perché la Cina ha già mandato giù l’uscita dell’Italia, programmata per settembre, prima del viaggio cinese di Meloni. Ecco i dettagli

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha fatto scalpore nella stampa internazionale per aver definito l’ingresso italiano nella Via della Seta cinese “un atto improvvisato e scellerato”. Un chiaro segnale delle intenzioni del governo riguardo al rinnovo del Memorandum in questione, che conferma quanto anticipato negli scorsi mesi: l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni si starebbe preparando a uscirne, ed è solo una questione di come.

Sembra che persino Pechino, impegnata da mesi in un’offensiva diplomatica per convincere Roma a restare, abbia accettato l’esito. Rispondendo alle parole di Crosetto, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese si è limitato a un breve commento, dal retrogusto rassegnato, sul fatto che “sfruttare ulteriormente il potenziale della cooperazione Belt and Road è nell’interesse di entrambe le parti”. Una posizione molto più morigerata rispetto al tenore della propaganda cinese sulla questione.

Martedì il Global Times, organo in lingua inglese del Partito comunista cinese, ha pubblicato l’ennesimo editoriale in materia. Anche lì si parla dei “numerosi risultati tangibili nell’economia, nel commercio e nella cooperazione commerciale” menzionati dal portavoce del ministero cinese, per poi dipingere le parole di Crosetto come un esempio delle esagerazioni dei “falchi” della sfera militare (apparentemente radiocomandati dagli Stati Uniti, che sarebbero “ovviamente dietro” all’operazione) che rischiano di danneggiare il rapporto economico tra Roma e Pechino.  Teorie rilanciate anche dall’artefice della Via della Seta italiana, Giuseppe Conte.

Nello specifico, il pezzo del Global Times pone l’accento sulle esportazioni italiane in Cina (aumentate del 58% nei primi cinque mesi del 2023, rispetto al 2022) ma evita opportunamente di contestualizzare i dati, tenere conto della ripresa del commercio dopo le restrizioni “zero Covid” che l’anno scorso hanno abbattuto gli scambi e della performance migliore di altri Paesi non appartenenti alla BRI, come Francia e Germania, le quali – come ricordava anche la presidente del Consiglio – hanno costruito un interscambio commerciale con la Cina più ampio di quello italiano senza ricorrere ad alcun accordo strategico.

“Il tema oggi è: tornare sui nostri passi senza danneggiare i rapporti”, spiegava Crosetto al Corriere della Sera; “perché è vero che la Cina è un competitor, ma è anche un partner”. Non a caso la presidente del Consiglio ha annunciato proprio da Washington che ha in programma un viaggio in Cina, ha aggiunto il ministro della Difesa. Roma sta lavorando per rendere la transizione il più indolore possibile ed evitare di trasformare il risentimento cinese in un contraccolpo economico. Ma secondo le indiscrezioni governative raccolte dal Foglio, il processo è già in atto.

Stando al quotidiano, il governo Meloni “ha intenzione di chiudere la partita prima dell’annunciato viaggio” a Pechino, “che avverrà tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre”. In altre parole, il Memorandum sulla Via della Seta “verrà di fatto stracciato” già il mese prossimo. Soprattutto, lo staff diplomatico di Palazzo Chigi avrebbe “già concordato i tempi dell’uscita con il governo cinese”, che a sua volta avrebbe “comunicato in via informale la sua disponibilità a cancellare l’accordo senza ritorsioni”. Da qui il tono “non minaccioso” del portavoce di Pechino, rileva Il Foglio.

In altre parole, l’esecutivo è intenzionato ad annunciare che non rinnoverà l’adesione italiana alla Via della Seta ben prima del limite (il 23 dicembre) e far sì che la prima visita ufficiale di Meloni in Cina possa essere un’occasione per gestire il distacco. Secondo il quotidiano, Roma vuole bilanciare lo stralcio dell’accordo con una nuova serie di accordi commerciali, sulla falsariga di quelli stretti dal presidente francese Emmanuel Macron durante la sua visita dello scorso aprile.

Ci si possono dunque aspettare nuove cooperazioni in settori che vanno dai trasporti all’energia, dall’agricoltura alla scienza. Nella pratica, però, quello che avrà fatto il governo Meloni è abbandonare un accordo-quadro dalla forte valenza politica e reimpostare il rapporto italiano con la Cina su una partnership economica. Allineandosi al resto dei Paesi del G7 e alla maggior parte dell’Occidente e portando a compimento il processo di ricollocazione atlantista, galvanizzato da Mario Draghi, per tenere a debita distanza il rivale sistemico cinese.


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