La sicurezza è un tema endemico della contemporaneità e il perimetro degli accadimenti che la ricomprendono si estende sempre di più. E il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica ha potenzialmente le competenze per poter fronteggiare questo fenomeno crescente. Il commento di Mario Caligiuri, professore dell’Università della Calabria e presidente della Società italiana di Intelligence
Gli strumenti previsti dalle leggi sui Servizi possono essere utilizzati in modo non consueto ma appropriato. È questa la considerazione che emerge dalla proposta di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, in relazione alla convocazione in seduta permanente del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (Cisr) per fronteggiare l’accentuazione dei flussi migratori.
È sicuramente una proposta mirata per una serie di ragioni, che provo a argomentare. In primo luogo, la sicurezza è un tema endemico della contemporaneità, per cui il perimetro degli accadimenti che la ricomprendono si estende sempre di più. Appunto per questo, un organismo come il Cisr, composto da sette ministri e dall’Autorità delegata per la sicurezza (il sottosegretario Alfredo Mantovano), ha potenzialmente le competenze per poter fronteggiare questo fenomeno crescente. In secondo luogo, il tema dell’immigrazione, quasi interrotto ai tempi del Covid, è in evidente aumento. E non ci vuole la Sibilla ellespontica per comprendere che lo sarà ancora di più nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
Come ha ben spiegato l’economista britannico Paul Collier dell’Università di Oxford, uno dei massimi esperti di economia africana, “il divario di reddito tra i Paesi povere e quelli ricchi è mostruoso e il processo di crescita mondiale lo manterrà tale per vari decenni […] assisteremo all’accelerazione della migrazione dai paesi poveri verso quelli ricchi […] siamo alle prime fasi di uno squilibrio dalle proporzioni epiche”. Inoltre, Collier è ancora più attento, ricordando che siamo portati a valutare questo fenomeno, così come tutto il resto, in base alle nostre convinzioni morali, perché “sono i nostri valori etici a determinare le ragioni e i fatti che siamo disposti ad accettare”.
Pertanto, accordi con Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e che rappresentano i luoghi di partenza degli immigrati servono per contenere un fenomeno irrefrenabile e dalle conseguenze molto incisive.
Di fronte a un fenomeno del genere, una visione europea sarebbe necessaria. Nel 2007 – ancora sull’eco dell’11 settembre ma anche degli attentati di Madrid (2004) e di Londra (2005) – il politologo e storico statunitense Daniel Pipes aveva pubblicato un saggio in cui, riguardo all’immigrazione islamica che si verificava in Europa, aveva ipotizzato tre diversi scenari: la prevalenza degli islamici, la loro espulsione da parte degli europei e l’integrazione più o meno pacifica. Con un certo allarmismo – che poi non si è riscontrato nella misura in cui lo prevedeva –, lo studioso americano metteva però comunque in guardia sulla “alienazione della maggioranza degli europei dalla loro cultura, il loro secolarismo estremo e lo scarso tasso di natalità”. Ma il destino italiano è inequivocabilmente legato all’Europa. Non a caso, Cesare Pavese, che era un poeta, ricordava che “nessuno si salva da solo”.
Per concludere utilizzare il Cisr per affrontare in modo organico e puntuale il fenomeno dell’’immigrazione è certamente appropriata e, secondo me, da mettere subito in pratica.
Questo significa pure focalizzare ancora meglio l’attività dei Servizi che già adesso stanno seguendo con particolare e crescente attenzione il fenomeno. Infatti, oltre all’impegno prioritario nel contrasto al terrorismo, nel 2022, solo sull’immigrazione clandestina, l’Aise ha prodotto l’11 per cento delle sue informative e l’Aisi il 17 per cento. L’anno precedente erano state rispettivamente il 10 e il 9 per cento e nel 2020 il 6 e l’8 per cento.