Fu su pressione dell’allora Presidente della Repubblica, morto 13 anni fa, che il governo Andreotti diede vita ai primi lavori in materia, diventata ormai un elemento centrale dell’architettura di sicurezza del nostro Paese
Fu su pressione di Francesco Cossiga, allora Presidente della Repubblica, morto 13 anni fa, che gli ultimi due governi presieduti da Giulio Andreotti (1989-1992) accesero un faro sull’intelligence economica. Anche negli anni successivi Cossiga, autoproclamatosi “dilettante” ma in realtà grande osservatore e conoscitore dei servizi segreti, sottolineò l’importanza di fare i conti con un mondo nuovo, quello che si è realizzato dopo la caduta del Muro di Berlino e il dissolvimento dell’Unione Sovietica.
La materia fu affrontata da una commissione di studio sul funzionamento dell’intelligence presieduta dall’ambasciatore Egidio Ortona. Paolo Savona, oggi presidente della Consob, fu associato come esperto di intelligence economica. “Ero completamente all’oscuro di questa branca dell’economia e Cossiga mi riempì di una pila di scritti per studiarmeli, cosa che ovviamente feci, scoprendo che i più avanti, almeno nell’analisi, erano i francesi e non i più considerati inglesi, che godevano di prestigio sul piano operativo”, ha raccontato nel libro “Come un incubo e come un sogno” pubblicato da Rubbettino nel 2018. Assieme a lui fu associato anche Stefano Orlando, allora colonnello dei carabinieri, poi vicedirettore del Sisde e vicecomandante generale dell’Arma.
Nel 1997 la commissione fu ricostituita e affidata al generale Roberto Jucci, già comandante generale dei carabinieri, che già all’inizio degli anni Settanta, da funzionario del Sid, aveva dato prova di grande attenzione agli interessi economici del Paese lavorando con il nuovo regime di Muammar Gheddafi (e sventando anche un tentativo di contro-golpe) per riaprire le porte della Libia alle aziende italiane. Savona fu richiamato a farne parte con lo stesso compito e i lavori sfociarono dieci anni dopo nella legge 124 del 2007 di riforma dei Servizi di informazione e sicurezza. In essa “si distingueva chiaramente la funzione di informazione, da quella di azione per la sicurezza, al fine di assicurare un’ampia collaborazione di università, imprese e privati per assolvere al primo compito”, ha ricordato Savona sempre in “Come un incubo e come un sogno”.
Nel 1999 ci fu una svolta per l’intelligence economica in Italia. Fu legata a una tragedia, come ricordato un anno fa da Marco Ludovico sul Sole 24 Ore: l’omicidio, il 20 maggio, del giuslavorista Massimo D’Antona da parte delle Brigate Rosse. Dopo quell’attentato il Sisde, diretto dal prefetto Vittorio Stelo, decise di riunire per la prima volta nella storia dell’intelligence italiana i security manager delle principali aziende del Paese. Anche Franco Frattini, allora presidente del Copaco (oggi Copasir), spinge per un’attività d’intelligence sulle minacce economiche alla sicurezza nazionale. Quasi un anno più tardi si tenne al Parco dei Principi a Roma il primo convegno sull’intelligence economica. Presente, tra gli altri, Savona la cui collaborazione con Orlando aveva portato alla stesura del volume “Presupposti, estensione, limiti e componenti dell’organizzazione dell’intelligence economica”, pietra miliare dell’intelligence economica italiana, diventata uno degli elementi di forza dell’Aisi, agenzia che con la riforma del 2007 ha preso il testimone dal Sisde e oggi è diretta dal prefetto Mario Parente, già comandante del Ros dei carabinieri.
Così, grazie anche all’intuito di Cossiga, l’economia è diventata materia di non esclusiva competenza del Tesoro, dunque della Guardia di Finanza, e della Banca d’Italia, che inizialmente non comprendevano, o forse non tolleravano, questa direzione. L’allargamento all’economia del perimetro della sicurezza nazionale, materia ormai multidimensionale e non più legata esclusivamente a minacce provenienti da attori statuali, è confermata anche dal recente ciclo di audizioni da parte del Copasir dei vertici delle aziende partecipate dallo Stato.