Che Fassino sia espressione della più raffinata casta politica italiana non è una gran notizia. Politico professionista, da circa mezzo secolo presente nelle varie istituzioni locali e nazionali dopo aver ricoperto una serie di incarichi politici ed istituzionali autorevoli e significativi.
Ma se questa non è affatto una notizia, lo è invece il suo recente intervento alla Camera dei deputati. Ma non per le cose che ha detto che ormai sono state vivisezionate da quasi tutti gli organi di informazione – l’ormai famoso cedolino sventolato durante il dibattito sul Bilancio della Camera – quanto perché si tratta di affermazioni pronunciate da un esponente politico di un partito di sinistra, il Partito democratico, che ha fatto, e che sta cercando di rafforzare e consolidare, un’alleanza politica strategica, organica e di piena consonanza con il partito populista e anti politico per eccellenza, cioè i 5 Stelle.
Per ricapitolare, parla un esponente di un partito, il Pd, che ha approvato – pur di conservare l’alleanza con i populisti – la riduzione anti politica e demagogica dei parlamentari; che ha azzerato il finanziamento pubblico dei partiti; che ha distrutto il ruolo e la funzione politica gli ex parlamentari addirittura attraverso l’introduzione del calcolo retroattivo con il metodo contributivo dei vitalizi; che ha approvato qualunque scelta tesa ad indebolire la democrazia dei partiti, la classe dirigente politica e lo stesso retroterra ideale del passato. Ovvero, la cosiddetta esperienza della prima repubblica. Il tutto, come ovvio, per inseguire le sirene dell’anti politica predicata e praticata a piene mani dal populismo grillino in questi ultimi anni.
Ora, il vero tema politico, culturale, programmatico e forse anche etico da affrontare, dopo la polemica seguita all’intervento di Fassino alla Camera sui costi della politica e sul ruolo dei parlamentari, non è quello di aver dimenticato o di non aver citato le altre entrate finanziarie dello stipendio dei deputati ma, al contrario, l’aver sottaciuto che tutto ciò che lui considera nefasto per la qualità della nostra democrazia e la credibilità delle nostre istituzioni, erano sono e restano i grandi cavalli di battaglia del populismo anti politico, demagogico e qualunquista del mondo grillino. Che, non a caso, registrano una straordinaria convergenza politica e culturale con la strategia e il progetto del nuovo corso del Pd guidato da Elly Schlein.
Questa è, e resta, la vera e mastodontica contraddizione politica dell’intervento di Fassino che solo pochi osservatori ed opinionisti hanno rilevato. Perché denunciare le malefatte dell’anti politica virulenta ed anti istituzionale da un lato e coltivare, al contempo, un’alleanza politica e strategica con chi si fa paladino ed alfiere di quei temi segna un punto di non ritorno. Detto in altri termini, non si è politicamente credibili. E, non a caso, è stata proprio il numero 1 del Pd, Elly Schlein, a farsi carico pubblicamente e tempestivamente – addirittura in un dibattito ad una Festa dell’Unità – che sui costi della politica e su tutto ciò che l’anti politica ha cavalcato in questi ultimi anni riguardano temi su cui il Pd era e resta in prima linea.
E quindi, e come da copione, piena e totale consonanza e convergenza con la strategia e l’anti politica grillina. Ecco perché è inutile, se non addirittura grottesco, porre in Parlamento certi temi e poi individuare nel partito di Grillo e di Conte il vero ed unico interlocutore politico e culturale su cui costruire la cosiddetta alternativa al centro destra. Perché, di norma, come recita un vecchio proverbio, “chi si somiglia si piglia”. Al di là e al di fuori degli sterili ed inconcludenti interventi parlamentari.