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I pezzi mancanti della spy story Usa-Cina nata a Roma

Zeng sarebbe stato “indottrinato” in Italia con “valori occidentali” da Seth con cene, gite, viaggi e promesse di denaro, scrivono i media di Pechino. Ma la vicenda ha alcuni lati oscuri, a partire dall’arco temporale in cui è avvenuta

Con “cene, gite e viaggi all’opera”, Zeng sarebbe finito in uno stato di sudditanza psicologica che Seth ha sfruttando per “indottrinarlo” con “i valori occidentali” promettendogli anche “un’enorme quantità di denaro e di aiutare la sua famiglia a migrare negli Stati Uniti”. Zeng sarebbe una persona nata a luglio del 1971, mandata dalla sua società – un importante gruppo industriale militare mandarino – a studiare in Italia. Seth, invece, sarebbe funzionario della Central Intelligence Agency, diplomatico dell’ambasciata degli Stati Uniti a Roma. I due avrebbero firmato un accordo di spionaggio e Zeng ricevuto una formazione specifica prima di tornare in Cina. Successivamente, durante “molteplici incontri segreti”, Zeng avrebbe fornito alla Cia “una grande quantità di informazioni fondamentali” sulle forze armate cinesi.

Quella che avete letto è la versione del ministero per la Sicurezza dello Stato cinese, alimentata dai media del regime. Nella dichiarazione diffusa il ministero cinese ha anche messo in guardia altri cittadini cinesi che vivono o viaggiano all’estero dai “rischi e pericoli” del reclutamento da parte delle agenzie di intelligence occidentali. Dagli Stati Uniti nessun commento, nessuna dichiarazione sulla vicenda.

I cui contorni, però, rimangono ancora oscuri. Tanti gli interrogativi sulla vicenda, a partire dal quando. Non ci sono, infatti, dettagli sull’arco temporale in cui Zeng sarebbe stato reclutato, avrebbe spiato e sarebbe stato arrestato.

Dennis Wilder, ex funzionario della Cia esperto di Cina, ha ricordato al Financial Times che Pechino aveva catturato due agenti della Cia nel Paese negli anni Cinquanta, cosa che è stata rivelata in seguito. Non è chiaro se il caso attuale sia avvenuto di recente o sia stato reso pubblico solo ora, ha aggiunto, suggerendo che l’annuncio potrebbe essere collegato all’incriminazione dei due marinai statunitensi e del loro presunto handler cinese. Senza dimenticare le recenti scintille tra Washington e Pechino dopo che William Burns ha dichiarato pubblicamente che la Cia, che guida, ha “fatto progressi” nel ricostruire la sua rete di informatori in Cina. “Christopher Wray, direttore dell’Fbi, ha parlato apertamente della minaccia dei servizi segreti cinesi”, ha dichiarato Wilder. “Forse Pechino ha voluto dimostrare che lo spionaggio va da una parte e dall’altra e che gli Stati Uniti non hanno una posizione di vantaggio morale su questo tema”.

Rimangono, infine, altri punti interrogativi. Pechino potrebbe aver voluto mandare un messaggio sia ai suoi cittadini sia a Washington, e oltre, dimostrando che tutti spiano. Ma potrebbe aver anche esposto alcune sue vulnerabilità, che non riguardano tanto il reclutamento di Zeng quanto l’incapacità dell’intelligence cinese di sfruttare a proprio vantaggio il soggetto una volta individuato.

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