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L’InCE, veicolo di pace e prosperità nell’Europa centro-orientale. Scrive Caiata (FdI)

Di Salvatore Caiata

Salvatore Caiata (Fratelli d’Italia), presidente della delegazione italiana presso l’assemblea parlamentare dell’Iniziativa centro-europea, spiega il ruolo fondamentale che può giocare l’iniziativa. Uno strumento di pace, un incubatore capace di attrarre investitori e investimenti in vista della ricostruzione dell’Ucraina, un motore per favorire l’allargamento dell’Unione europea a est

L’InCE, Iniziativa Centro Europea, è un forum inter-governativo all’interno del Parlamento italiano, nato dall’intuizione dell’allora ministro Gianni De Michelis che nel 1989 comprese che l’unica strada per assicurare la stabilità dell’Europa, era quella di integrare i paesi che appartenevano al blocco sovietico. Da allora, infatti, l’InCE conta 17 Paesi membri, di cui nove sono membri Ue (Bulgaria, Croazia, Italia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria), sette sono inclusi nelle future prospettive di allargamento (Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, e da ultimo Moldova e Ucraina) e uno è beneficiario di politiche di vicinato, la Bielorussia, per la quale il 25 marzo 2022, su proposta della Presidenza di turno bulgara, è stata approvata all’unanimità la sospensione dai suoi diritti di rappresentanza nell’InCE (pur restando formalmente Paese membro) in ragione del coinvolgimento di Minsk nell’aggressione russa dell’Ucraina.

L’Italia è il primo finanziatore nella sua attività di cooperazione e sviluppo tra i paesi dell’area centro-europea e ha il Segretariato generale, espressione della sua dimensione governativa, a Trieste. I rappresentanti dei paesi aderenti cooperano tra di loro gestendo i progetti e i fondi atti a tale obiettivo. Entrando, dunque, nel merito della sua dimensione parlamentare, l’attuale delegazione, di cui sono Presidente, consta di sette membri tra Camera e Senato, espressione di tutti i gruppi partitici. Un’istituzione di ampio respiro che mai come oggi deve riscoprire la sua centralità e la sua forza. In un momento storico così delicato emerge con determinazione la necessità di riportare a unità la frammentazione politica a cui è stata sottoposta l’area centro-europea.

Come ribadito più volte dal nostro Presidente Meloni, i Balcani rappresentano il cuore dell’area e l’unica garanzia di pace per il continente europeo. Per tale ragione, dall’inizio della mia esperienza come Presidente dell’InCE, ho ritenuto essenziale farmi carico delle richieste di paesi come Ucraina e Moldavia per accelerare il loro ingresso nell’Ue. Necessità che ho più volte ribadito sia durante la COSAC di Stoccolma e sia durante il Parliamentary Committee organizzato dalla Presidenza di turno moldava dell’InCE a Chisinau. Inoltre, da quando ho iniziato a muovere i miei primi passi all’interno di questa istituzione, non ho potuto fare a meno di domandarmi che cosa sarebbe successo se avessimo portato prima i paesi dell’ex area Sovietica, in particolare l’Ucraina, all’interno della casa europea.

Forse, buona parte di questo conflitto ce lo saremmo potuto evitare. Perché dobbiamo essere consapevoli del fatto che i ritardi accumulati fin qui in termini di integrazione europea non hanno fatto altro che indebolire quel desiderio di appartenenza all’Ue dei paesi richiedenti, e che all’indomani del conflitto russo-ucraino tale ingresso è sembrato ancora più necessario. Allargare i confini dell’Europa significa garantire maggiore cooperazione tra i Paesi dell’area, ma soprattutto assicurare una pace davvero stabile e duratura, capace di assumere su di sé quella funzione deterrente alle aspirazioni imperialiste del governante di turno. È fondamentale assicurare tutto il sostegno necessario all’Ucraina nel momento della sua ricostruzione. Perché ci sarà da ricostruire, così come all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, ci sarà da attuare un piano Marshall anche per l’Ucraina. E l’Italia farà la sua parte, sarà dalla parte dell’Ucraina, fornendo strutture, i migliori talenti e tutto il sostegno di cui avrà bisogno.

Per questo sono sempre più convinto che l’InCE possa giocare un ruolo fondamentale da incubatore, capace di attrarre investitori e investimenti, oltre ad affermare con ancora più convinzione il suo ruolo di interlocutore privilegiato con l’Europa per perorare la causa dei paesi interessati all’adesione. Dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo: un’Europa più larga è un’Europa più stabile e in pace che, grazie allo scambio continuo di pratiche virtuose, può assicurare anche il perfezionamento del suo funzionamento, integrando al suo interno anime di popoli così diversi tra loro, ma dalla grande forza sia in termini di resistenza che di sacrificio.

Allora mi domando, chissà se da tale commistione non possano nascere anche nuovi strumenti capaci di dare una dimensione ancora più sociale alla casa europea, invece di relegarla sempre e solo alla dimensione del debito sovrano. Sono davvero convinto che, grazie a tale approccio, il Governo Meloni, per mezzo anche dell’attività dell’InCE, saprà riportare l’Italia al centro delle trattative europee, non solo in quanto paese fondatore e fondante dell’Unione Europea, ma anche nella sua doppia veste di fondatore dell’InCE. Un’occasione che, se l’Italia saprà giocare bene la partita, le permetterà di raggiungere un risultato significativo sia in termini di pace che di democrazia.



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